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Tossicodipendente in crisi di astinenza: non c’è stato di necessità

3 Novembre 2014 | Autore:
Tossicodipendente in crisi di astinenza: non c’è stato di necessità

Non si applica la scriminante quando il crimine commesso è conseguenza di un atto di libera scelta e quindi evitabile da parte dell’agente.

Nessuno sconto della pena per il tossicodipendente che, in crisi di astinenza, abbia commesso un crimine. Infatti, la cosiddetta “causa di giustificazione” dello stato di necessità [1], prevista dal nostro codice penale, non si può applicare nei casi in cui il reo avrebbe potuto impedire il proprio crimine evitando di porsi “volontariamente” nella situazione di incapacità. Il che suona un po’ come dire “Chi è causa del suo male, pianga sé stesso”. In buona sostanza, secondo l’orientamento dei giudici, non ci si può prima mettere in una condizione di incapacità (per esempio, ubriacarsi, drogarsi) e poi invocare lo stato di incapacità per aver commesso successivamente un reato. L’elemento della volontà, sebbene non riguardi la commissione dell’illecito, sussiste in una condotta commessa anteriormente, ossia l’essersi messo, in modo consapevole, in condizioni tali da perdere il controllo del proprio corpo e della mente.

A dirlo è una recente sentenza della Cassazione [2].

La Corte interviene in tema di scriminanti relativamente a situazioni di crisi di astinenza, ribadendo i principi già affermati in passato.

Infatti, secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte, non ricorre lo stato di necessità in presenza del tossicodipendente in crisi di astinenza, trattandosi della conseguenza di un atto di libera scelta e quindi evitabile da parte dell’agente.

La vicenda

Nel caso di specie, l’imputato, agli arresti domiciliari, veniva condannato per essere uscito di casa in piena crisi di astinenza al fine di di procurarsi lo stupefacente, situazione da lui non volontariamente causata.

Invece, secondo i giudici, il tossico, in caso di emergenza, ben poteva avvalersi dell’intervento del 118 o, in alternativa, dell’attivazione della prescrizione del metadone attraverso il medico curante per poi chiedere al giudice competente l’autorizzazione di recarsi in visita presso il Servizio per le tossicodipendenze per le cure e le terapie del caso.

La Corte ha ritenuto insussistente una situazione di inevitabilità del pericolo imminente di vita, potendo l’imputato comunque ricorrere – pure in una situazione allarmante e fonte di intensa sofferenza come la fase acuta di una crisi di astinenza -, alle cure dei sanitari del servizio del pronto soccorso.

note

[1] Art. 54 cod. pen.: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

[2] Cass. sent. n. 45068/14 del 30.10.2014.

Autore immagine: 123rf com

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6 Commenti

  1. La nozione di tossicodipendente non coincide con quella di consumatore abituale, trattandosi di categorie distinte, aventi autonomo riconoscimento normativo, in quanto l’accertamento dell’uso abituale costituisce condizione essenziale, ma non sufficiente per la diagnosi della tossicodipendenza.

  2. La sola assunzione di stupefacenti da parte del militare pregiudica la relazione fiduciaria dell’Amministrazione di appartenenza con lui, costituisce grave violazione degli obblighi assunti con il giuramento prestato e rende del tutto irrilevante qualunque considerazione circa gli esiti negativi di altri accertamenti, sub specie di assenza di sintomi di tossicodipendenza e/o attestazioni di idoneità psico-fisica al servizio.

  3. Per i pazienti con problemi psichiatrici o di tossicodipendenza, la configurabilità di un particolare dovere di sorveglianza a carico del personale sanitario addetto al reparto, e della conseguente responsabilità risarcitoria per i danni provocati al ricoverato o dal ricoverato, presuppone la prova della concreta, e non presunta, incapacità di intendere o di volere del soggetto. Pertanto, il suddetto obbligo sussiste in ogni ipotesi, e la diversità di giudizio può incidere unicamente sulle modalità del suo adempimento a seconda dei casi che si presentano.

  4. Secondo la legge, nessuno può essere punito per un fatto previsto come reato se, al momento in cui l’ha commesso, non era capace di intendere e di volere. Ora, ci sono delle ipotesi in cui il codice penale ritiene che l’autore del crimine non sia imputabile, cioè sia privo della capacità di intendere e di volere: è il caso del minore di quattordici anni, dell’infermo di mente e di colui che, a causa della cronica assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti, sia dimostrato fosse affetto da un vizio di mente tale, appunto, da renderlo incapace. In buona sostanza, quindi, il tossicodipendente che provi che, al momento in cui ha commesso il crimine, fosse del tutto fuori di sé a causa proprio dell’assunzione cronica di droghe, potrebbe addirittura risultare inimputabile e, quindi, evitare la pena.Ora, non si pensi che la tossicodipendenza possa essere accampata come scusa così facilmente: la casistica giurisprudenziale a riguardo è piuttosto scarsa e comunque sarebbe onere dell’imputato dimostrare che la sua tossicodipendenza sia equiparabile ad una malattia mentale vera e propria.

  5. La tossicodipendenza non costituisce reato è anche vero che essa non è del tutto irrilevante sotto il profilo giuridico. In particolare, colui che sia tossicodipendente potrebbe addirittura non essere imputabile penalmente oppure, nel caso di condanna, chiedere di proseguire il percorso di disintossicazione o di applicargli un regime sanzionatorio più benevolo (reato continuato). Il rovescio della medaglia, però, è che la tossicodipendenza potrebbe addirittura essere valutata come un aggravante del crimine commesso.

  6. Chi fa uso di droghe non commette, di per sé, alcun reato, salvo il ricorrere di alcune circostanze (ad esempio, guida di un’autovettura) e salvo la possibilità di incorrere in sanzioni amministrative, come ad esempio la sospensione o la revoca della patente, la revoca del porto d’armi, ecc. Al contrario, rischia pene molto dure colui che spaccia droga.

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