L'ANALISI
12 Dicembre 2019 - 08:05
Pietro Burgazzi
CREMONA (12 dicembre 2019) - «Quando non battono, nuotano». La frase che ha pubblicato su Facebook gli è costata le dimissioni. Le ha rassegnate ieri pomeriggio, Pietro Burgazzi, ex vigile, dal 2016 segretario della Lega e consigliere comunale finito nella bufera per il suo commento social alla fotografia del corteo di donne di colore che hanno sfilato, a Napoli, per chiedere il permesso di soggiorno. Donne definite «sardine nere per difendere i diritti dei clandestini e migranti», nell’articolo Rassegne Italia condiviso da Burgazzi su Facebook. E contro di lui c'è stata una levata di scudi.
Si è detto indignato Lapo Pasquetti, consigliere comunale di Sinistra per Cremona Energia Civile. «Lo scorso 11 novembre — spiega Pasquetti — il gruppo consiliare di Sinistra Per Cremona Energia Civile ha depositato una mozione per chiedere all’amministrazione comunale di invitare i dipendenti dell’ente, di tutte le società partecipate dal Comune e i componenti di ogni organismo dell’amministrazione, ad un formale impegno a contrastare ogni forma di violenze contro le donne, fisica, morale, economica e verbale». La mozione si sarebbe discussa nel consiglio comunale di lunedì prossimo. «Credevamo — prosegue Pasquetti —, quanto meno a Cremona, si trattasse di un atto dovuto ma, tutto sommato, anche scontato. Ci siamo sbagliati! Leggiamo con indignazione, oggi, l’ignobile commento del consigliere comunale di Cremona alla notizia di una manifestazione promossa da donne africane, definite spregiativamente dall’articolo di Rassegne Italia 'sardine nere', che testualmente sul proprio profilo pubblico di Facebook commenta «quando non battono, nuotano». Una dichiarazione che non solo offende le donne, ma anche il prestigio e il decoro dell'istituzione comunale. Chiediamo al consigliere Pietro Burgazzi se si tratta di una dichiarazione sessista o razzista? O entrambe le cose? Cosa ne pensano le donne leghiste? A nome di tutte le donne e delle istituzioni comunali attendiamo una risposta da Burgazzi, oltre alle sue formali pubbliche scuse».
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