CARENTINO. Riemergono i fanghi di Carentino: l’Agribio di Voghera ha riproposto il progetto per realizzare sul territorio del paese quell’impianto per il trattamento di residui da depuratore che tanto fece discutere nell’estate 2018. Dopo settimane di polemiche si arrivò alla conferenza dei servizi per la concessione dell’Aia, l’autorizzazione ambientale integrata, e ci fu il colpo di scena: la stessa ditta, al termine di un’animata discussione con tecnici, sindaci e comitati che facevano rilevare una serie di carenze (se non proprio errori), decise di ritirare tutto.

«Se era un esame ci consideriamo rimandati, non bocciati. Integreremo e ci ripresenteremo» aveva detto Angelo Scibetta, dell’omonima famiglia finanziatrice dell’impresa. Così hanno fatto, la scorsa settimana: «Siamo andati oltre i parametri più elevati» assicura baldanzoso. Il progetto è nelle mani della Provincia che dovrà fissare entro 30 giorni la data della nuova conferenza dei servizi, da tenersi nel giro di un paio di mesi. «Insomma - dice lui - si va a gennaio 2019».

Inutile dire che la notizia ha già messo in allarme il comitato che l’anno scorso aveva condotto la battaglia anti-fanghi: «Siamo pronti a mobilitarci di nuovo - dice Patrizia Farello -, aggiornamento o meno quell’impianto qui non si può fare». Cita la vicinanza alle case, la presenza di un pozzo che arriva in falda, ma soprattutto il rischio miasmi, nonostante le assicurazioni dei progettisti sui «capannoni dove si lavora in depressione», cioè intrappolando l’aria. «Ma quale esperienza - rincara lei - quindi quale serietà può offrire una società creata apposta, con un minimo capitale depositato, per costruire la piattaforma?».

L’impianto è progettato per 30 mila tonnellate di fanghi annue. Poche, tante, troppe? Anche su questo c’è stato scontro. Per dare un riferimento, il depuratore di Alessandria ne produce 6/7 mila all’anno di tonnellate e serve 100 mila abitanti, quindi a Carentino potrebbero arrivare i residui delle acque nere di mezzo milione di persone. Chi li conferisce paga cifre consistenti (Amag Ambiente spende sui 150 euro a tonnellata) e ci si guadagna pure trasformandoli in compost da spargere sui campi.

Qui lo scenario è cambiato rispetto all’estate scorsa, quando una sentenza del Tar riportò a 50 milligrammi per chilo il limite massimo di idrocarburi nel compost agricolo, dopo che la Regione Lombardia l’aveva innalzato a 10 mila milligrammi. A quel punto gli impianti lombardi di trattamento non accettavano più i fanghi piemontesi. Poi però a gennaio è arrivato il Decreto Genova in cui, oltre a definire la ricostruzione del ponte Morandi, c’è inopinatamente un articolo che eleva di nuovo quel limite a mille milligrammi. Potenza dell’emergenza, all’italiana.

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