A Portacomaro si celebra la festa di San Rocco, tradizionale appuntamento di agosto. Sabato 19 agosto dalle 19,30 nel Parco della Pace si svolgerà la cena organizzata dal Gruppo Alpini, riprendendo una consuetudine avviata nel 1985 e poi interrotta. La cena costa 15 euro e occorre prenotazione ai numeri 339/230.60.07, 338/ 341.39.98, 371/ 433.07.68. Venerdì 18 agosto alle 18 inoltre si terrà lo spettacolo «Quercus. Serenata per il mio albero» del Teatro degli Acerbi ispirato al libro «Essere una quercia» di Laurent Tillon, nell’area picnic Durando (via San Pietro 70), nell’ambito degli eventi organizzati da Comune, associazioni del territorio e Biblioteca Civica sotto il titolo «Da San Lorenzo a San Bartolomeo, passando da San Rocco». L’ingresso è libero.

Sul significato della manifestazione a San Rocco ecco la testimonianza di Carlo Cerrato, già giornalista Rai ed ex sindaco di Portacomaro.

Nel dialetto dei vecchi di Portacomaro, ricco di parafrasi immaginifiche e iperboli fiorite, «’ndé a San Roc» voleva dire passare a miglior vita. Perché poco più in là della bella chiesetta settecentesca dedicata al Santo, scelto come protettore dalla peste e tuttora tra i più venerati nelle campagne, c’è il cimitero, costruito tra fine ’800 e inizio ’900.

La ricorrenza di San Rocco (Montpellier, 1345/’50, morto a Voghera nella notte tra il 15 e il 16 agosto 1376 o 1379) resta tuttora tra le più radicate nella memoria della comunità. Da tempo immemorabile è occasione di incontro tra chi è rimasto in paese e chi vive lontano, ma torna nella casa dei nonni in vista della festa patronale di San Bartolomeo. Dopo la prima guerra mondiale si piantava addirittura il ballo a palchetto. Negli anni ’70 vi fu un certo declino, dal 1985 l’abbinamento a una cena organizzata prima dalla Pro loco e poi dagli Alpini, fino a pochi anni fa. La tradizione viene rispettata anche quest’anno: ieri è stata celebrata la messa, mentre sabato tornerà la cena sotto il maestoso pino argentato.

Dove sta la novità, si direbbe. In effetti la notizia è che non c’è nulla di nuovo e il passa parola ha fatto sì che, dopo interruzioni, cedimenti e qualche frecciatina qua e là, la tradizione religiosa prosegue e torna anche la festicciola laica che, oltre a fare comunità, serve a raccogliere offerte per mantenere in salute la chiesetta, ombra discreta per generazioni di coppiette e oggi per camminatori e ciclisti in e-bike, che sostano nel piccolo Parco della Pace: un giardino creato nel 1994, accanto al cippo che ricorda il sacrificio del Capitano Gino Pozzi, martire di Cefalonia, esattamente ottanta anni fa.

Crocevia di memoria
San Rocco è solo un crocevia fatto di strade, ma soprattutto di memoria. Nomi che sono un programma: Miravalle, Castellazzo, Valle Canepai, Montà/ Marello/ Bricco Marmorito (Cascine Bergoglio)/Cappelletta, Viale Pozzi, corso Corrado Corradino, un altro caduto in una guerra piu lontana.

E della memoria, più che mai, hanno bisogno i piccoli centri per tornare a essere comunità, ritrovare il senso dell’incontro e dello scambio tra generazioni, del fare volontariato insieme. Memoria che, anche attraverso espressioni bonarie di religiosità popolare, può trovare occasione per rinnovarsi ed estendersi, tornando a essere patrimonio comune e condiviso.

Uno studioso come il professor Luigi Berzano, sociologo emerito dell’Università di Torino e parroco di Valleandona, ha pubblicato da poco un prezioso volume che mi ha appassionato («Senza piu la Domenica. Viaggio nella spiritualità secolarizzata», Effatà Editrice) sull’evoluzione del rapporto con la religione e la ricerca di nuove forme di spiritualità nella società liquida.

«Ciò che sta succedendo oggi - scrive don Luigi, e monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, lo riprende in postfazione - è il moltiplicarsi di “cerimonie miste” tra il sacro e il profano. Sono liturgie miste (...) Sono eventi/esperienze vissuti da una collettività non formalmente delimitabile entro confini istituzionali, ma capaci di far vivere ai partecipanti emozioni individuali e sociali».

Tradotto nel linguaggio del cronista, possiamo dire che San Rocco val bene una messa (e una cena). Per ritrovare chi è stato tenuto lontano dal Covid e torna sempre meno, ma non vuole perdere il contatto con le radici. Per chi, non assiduo praticante, non rinuncia tuttavia a una personale ricerca spirituale che può esprimersi anche in forme non strettamente rituali come la festa di borgata vicino al camposanto. Per ricordare tutti quelli che hanno fatto un pezzo di strada con noi e adesso sono già «’ndà a San Roc».

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