La piattaforma Angelina ha un nome da signora e otto gambe come un polpo, affondate nella sabbia a un chilometro e 800 metri dalle spiagge del Lido di Dante. E’ la più vecchia di tutte e sembra che abbia il soffio al cuore, un sibilo al modulo di processo dove il gas si separa dall’acqua: il cuore, appunto. Ma non è nulla di patologico, dice il medico curante che qui è un ingegnere dell’Eni, solo la pressione del metano. La trivella che è andata a stanarlo 3000 metri sotto il mare è stata smantellata. Restano i 24 tubi che lo portano a galla, una piastra dove atterrano gli elicotteri, la gru per imbarcare i pezzi di ricambio, la cabina con l’infermeria, il serbatoio raccolta drenaggi, gli alloggi per i tecnici che ogni tanto salgono per la manutenzione.

Un’isola del tesoro, a modo suo. Di metallo anodizzato dipinto di arancione. Al Lido di Dante la ritengono responsabile dell’erosione della spiaggia, ma è il livello massimo di polemica fra i no-triv. Persino Lino Miccoli, il gestore dei Bagni Susy che prosperano dirimpetto e domani inaugurano la stagione, sostiene che «ormai è un’attrazione turistica. Dovreste vederla di notte, tutta illuminata».

Tanta benevolenza per le piattaforme, nell’alto e medio Adriatico, ha varie spiegazioni. Qui il petrolio non c’è e il metano non inquina. L’attività di estrazione ha attirato aziende di ingegneria subacquea, elettronica e robotica di livello mondiale. Il lavoro garantito dal centinaio di pozzi in attività assicura uno stipendio a più di 6000 persone e l’indotto coinvolge categorie insospettabili. Mercoledì hanno manifestato contro il referendum i pescatori di mitili, che anche qui si chiamano cozze ma con la zeta sfuggente, alla romagnola.

I pescatori hanno protestato offrendo alla popolazione maccheroncini e impepata, polemicamente, perché rischiano di perdere gli appalti regolarmente concessi dall’Eni per la manutenzione delle gambe delle piattaforme. Va da sé che il principale sottoprodotto dell’attività sia la raccolta dei mitili, 6000 quintali all’anno, che a differenza dei denti di cane hanno un ottimo mercato; e la denuncia di insalubrità da parte di Greenpeace, che ha sciorinato dati del ministero dell’Ambiente, rischia di mandare a casa un centinaio di pescatori e rivenditori. Alessandro Gianstefani, armatore e presidente di una delle due cooperative di pesca che prosperano grazie all’off-shore, denuncia come i dati del ministero facciano a pugni «con i 900 rilevamenti negativi effettuati dall’Ausl emiliana». Spiegazione dell’Ausl, «sono stati utilizzati parametri non adatti a queste acque». L’Eni medita di denunciare Greenpeace.

Anche le istituzioni, a Ravenna, sono dalla parte delle piattaforme. E adesso l’Alma Mater, l’università di Bologna, ha aperto con il finanziamento delle aziende del comparto oil & gas un corso triennale di tecnica dell’offshore.

Lo psicodramma referendario deflagra invece nel sindacato, con l’associazione di categoria Filctem Cgil a favore dello sfruttamento del gas e la Fiom Cgil nettamente contraria. Massimo Marano, della Camera del lavoro di Ravenna: «Sulle piattaforme lavorano direttamente 1500 addetti, poi ci sono ricerca e indotto. Ieri sera ho acceso la tv e ho visto Landini assieme a Emiliano: siamo schizofrenici».

Angelina ha la concessione fino al 2027, se il referendum passerà e vinceranno i no-triv vivrà ancora dieci anni. A meno che l’Eni non faccia propria la strategia del Comune di Ravenna, che per depotenziare l’unico fronte di protesta ha chiesto la sua dismissione in anticipo. Matteucci: «In effetti, è troppo vicina. Tutte le altre vanno benissimo».

Sotto bordo e dalla riva la piattaforma più antica, è stata costruita negli Anni Settanta, ha una sua bellezza meccanica. Ogni tanto sfiata gas, è una misura di sicurezza, si avverte odore ma non ci sono né bruciatori né fuochi. Ai Bagni Susy raccontano che «solo ogni tanto si vede una fiammata verso il cielo: d’estate, quando facciamo le feste in spiaggia, è uno spettacolo».

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