Dopo 2000 anni a Pompei ritrovati integri i neuroni in una vittima dell'eruzione del Vesuvio
Non solo arte e archeologia. È forse questo il segreto della vestigia vesuviane. Sin dalla loro scoperta nel Settecento, infatti, le città sepolte dal Vesuvio ammaliano anche per l’attualità e la suggestione delle storie che ci raccontano e per le incredibili scoperte che fanno la gioia degli scienziati di svariate discipline. È di ieri la notizia che nei resti umani di una vittima della più famosa eruzione della storia è stato rivenuto del tessuto cerebrale al cui interno hanno identificato strutture neuronali di un sistema nervoso centrale. La scoperta è stata realizzata grazie alla sinergia fra diverse università italiane e alcuni istituti di ricerca nazionali. Un pool di alto profilo costituito da geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e matematici, alla cui guida c’è l’antropologo forense Pier Paolo Petrone, in forza all’ateneo “Federico II” di Napoli.L’ultima scoperta – che è stata pubblicata dall’autorevole rivista scientifica americana “Plos one” – è relativa invece agli Scavi di Ercolano e ha visto all’opera un pool di ricercatori delle università “Federico II” di Napoli, Roma Tre e Statale di Milano, del Cnr e del “Ceinge” (biotecnologie avanzate”). Sulle analisi dei resti della vittima del Vesuvio il professor Petrone ha sintetizzato: «È estremamente raro il rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi, specie con una preservazione integrale delle strutture neuronali di un sistema nervoso (in questo caso di 2000 anni fa), inoltre, noi abbiamo potuto lavorare ad una risoluzione senza precedenti. I risultati del nostro studio – ha aggiunto Petrone – mostrano che il processo di vetrificazione indotto dall’eruzione, unico nel suo genere, ha “congelato” le strutture cellulari del sistema nervoso centrale di questa vittima, preservandole intatte fino ad oggi».Ansa
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