Animali selvatici feriti: cosa fare? I consigli dell’etologa

Animali selvatici feriti: cosa fare? I consigli dell’etologa
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«Era ferito, non sapevo cosa fare e l’ho portato a casa». Spesso, nel mio lavoro di divulgazione etologica, mi trovo a gestire casi di animali feriti che vengono trovati e nell’oblio di non sapere come comportarsi, vengono compiuti atti sbagliati per la salute dell’animale e per la legge che regolamenta la salvaguardia faunistica.
Partiamo dal principio: gli animali selvatici sono patrimonio indisponibile dello Stato per la legge 157 del 1992, pertanto è illegale appropriarsi di un animale selvatico, anche se si tratta di portarlo a casa momentaneamente, in buona fede, per curarlo. Non è raro trovare sui social foto e video di selvatici ormai umanizzati che vivono in casa delle persone come fossero pet, con la scusa che “sono stati recuperati”. Pochi sanno che questo è un reato!
Se troviamo un animale ferito, orfano e in difficoltà, è obbligatorio contattare il centro recupero animali selvatici (CRAS) più vicino a noi. Basta inserire sulla stringa di un motore di ricerca “CRAS + regione in cui ci troviamo” e spiegando telefonicamente ai volontari del centro recupero la situazione, saranno loro a indicarci come comportarci e se potranno venire a prendere loro l’individuo ferito o se dovremo recarci noi in sede. Evitiamo di chiamare il nostro veterinario di fiducia, lui non può prendersi carico di un selvatico, l’unico ente che può e deve farlo è un CRAS. Esistono centri di recupero privati, altri LIPU, altri WWF, altri gestiti da università o enti regionali, in ogni caso il nostro riferimento per il recupero di un selvatico sono i CRAS, in cui gli animali verranno curati e rilasciati in Natura non appena si saranno ripresi e ogni contatto con l’essere umano sarà limitato al minimo necessario, per evitare che l’animale si abitui alla nostra presenza, umanizzandosi e non essendo più in grado di sopravvivere una volta liberato. Per questo è fondamentale che al recupero di fauna selvatica ci pensino gli enti preposti e abilitati e non un chiunque cittadino spinto da buone intenzioni ma con poca competenza. Curare un animale selvatico a casa potrebbe essere pericoloso per la sua stessa vita, per quanto possa essere emozionante per noi. C’è il grande rischio, inoltre, di renderlo troppo dipendente dall’essere umano e non poter essere rilasciato in natura, o una volta rilasciato non sopravvivere per l’eccessiva umanizzazione subita. Evitiamo dunque le cure “Fai da te” che troviamo su internet: abbiamo tra le mani la vita di un essere vivente e sperimentarsi veterinari ed eroi non è un gioco, soprattutto quando dalle nostre scelte dipende la sopravvivenza di un animale in difficoltà.
Evitiamo di stressare l’animale ferito toccandolo, accarezzandolo e avvicinandoci a lui. Se è stato investito, se è caduto dal nido, se si trova in difficoltà, qualsiasi nostro tentativo di calmarlo, in realtà lo agita ulteriormente ed essendo probabilmente già molto stressato, dobbiamo evitare di peggiorare la situazione. Anche fornire acqua e cibo, potrebbe essere sconsigliato in quanto non sapendo cosa è successo, né essendo veterinari in grado di diagnosticare il problema, potremmo andare ad aggravare ancora di più uno stato di salute precario. Prima di fare qualsiasi cosa, di caricarcelo in macchina, muoverlo, spostarlo, farlo scappare o alimentarlo, quello che dobbiamo fare è alzare la cornetta e contattare chi può indicarci cosa fare. A questo ci ha pensato anche Legambiente con un importante strumento online per chi vuole aiutare un animale in difficoltà. È stato infatti, da poco istituito Ecosportello Animali, che è un servizio online e gratuito per poter trovare indirizzi, numeri di telefono e consigli pratici per contattare chi può aiutarci ad aiutare animali feriti.

Last but not the least, è importantissimo ricordarci di non prelevare piccoli di ungulati (cervo, daino, capriolo) se li troviamo in mezzo al bosco o al prato. Capita spesso che la mamma li nasconda tra i cespugli per andare a cercare cibo…ma non li ha abbandonati! Toccarli, avvicinarli o peggio, portarli via li obbligherà ad essere allevati a mano dall’essere umano ma non sempre si riesce. La sopravvivenza all'allattamento artificiale è bassa, non si adattano al biberon, non digeriscono il latte, l'Uomo è per loro un nemico e si stressano fino a morire. In altri casi si umanizzano troppo e saranno destinati ad una vita in cattività. Lasciamoli felici con la loro madre e non cerchiamo di aiutare chi non ne ha bisogno. Chiamiamo sempre gli enti di recupero selvatici, prima di prelevare qualsiasi animale dalla natura. 

* Chiara Grasso è etologa e presidente di Eticoscienza

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