Assolti in Utah gli attivisti che avevano portato via due maiali malati da un allevamento intensivo

Assolti in Utah gli attivisti che avevano portato via due maiali malati da un allevamento intensivo
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Una sentenza in Utah può contribuire a cambiare la storia della tutela degli animali da fattoria allevati a fini alimentari negli Stati Uniti. Alcune persone si erano introdotte in un allevamento intensivo di maiali di proprietà di una multinazionale per documentare le terribili condizioni del posto e hanno portato via due esemplari malati per curarli.

Due di queste, accusate di furto, sono state assolte pur avendo ammesso e filmato la sottrazione dei due animali dallo stabilimento stesso. Rischiavano oltre cinque anni di carcere.

 

Wayne Hsiung e Paul Picklesimer infatti sono attivisti dell'organizzazione animalista Direct Action Everywhere. Hanno compiuto questa operazione per denunciare le terrificanti condizioni in cui versano i maiali dello stabilimento della Smithfield a Milford, il più grande dello Utah.

La loro linea difensiva è stata tanto semplice quanto efficace: non volevamo rubare i due maialini da latte, ma soccorrerli e sottrarli a morte certa.

Dando un'occhiata al video che hanno registrato, è impossibile dargli torto. Le immagini sono talmente raccapriccianti che la corte non ha permesso che fossero mostrate alla giuria. Si vedono animali malati, denutriti, pieni di lesioni e insanguinati, coperti di escrementi, vicino a pile di maialini morti.

Wayne ha raccontato in un articolo pubblicato sul New York Times che due considerazioni hanno convinto la giuria ad assolverli. La prima era che non c'era l'intenzione di compiere un furto ma di salvare due animali; i maiali, ribattezzati Lily e Lizzie, sono stati curati da un veterinario e ora stanno bene.

 

La seconda è che il danno materiale all'impresa era irrilevante; si stima che ogni esemplare valesse al massimo quarantadue dollari e venti centesimi - il fatturato annuale dell'impresa che li ha accusati di furto si aggira sui quindici miliardi di dollari. Nello stabilimento di Milford, che processa oltre un milione di maiali all'anno, nessuno si era accorto della scomparsa dei due esemplari.

La sentenza può dettare un precedente importante non perché antepone la tutela degli animali al rispetto della proprietà privata, ma perché mette implicitamente in discussione tutto il sistema di produzione del cibo negli Stati Uniti.

Nel paese non ci sono leggi federali che tutelino il benessere degli animali allevati a fini alimentari; tutti i 50 Stati hanno delle norme contro la crudeltà sugli animali, ma di solito queste norme escludono esplicitamente le pratiche più diffuse nell'allevamento, per quanto possano essere violente. È anche il caso dello Utah.

La vittoria è a suo modo epocale anche per il calibro della controparte. Lo stabilimento in cui si sono introdotti gli attivisti di Direct Action Everywhere è infatti di proprietà della Smithfield, la principale azienda produttrice di carne di maiale al mondo. Smithfield è a sua volta una sussidiaria del gruppo WH, primo produttore di carne in Cina.

La linea accusatoria dell'azienda esemplifica l'indifferenza dei giganti dell'allevamento industriale verso le sofferenze degli animali: racconta Wayne che il pubblico ministero ha tracciato questa analogia: "se al supermercato si trova una lattina ammaccata, il fatto che sia ammaccata non autorizza a 'soccorrerla' e portarla via dal negozio".

Ogni anno miliardi di animali vengono trattati come una lattina ammaccata, fa notare Wayne. La speranza è che verdetti come quello del caso Smithfield inducano a ripensare il modello di produzione della carne animale. Non solo negli Stati Uniti.

 

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