Quando fotografare la natura non è etico

Quando fotografare la natura non è etico
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Non è raro trovare su internet foto di animali selvatici davvero particolari: comportamenti, contesti, interazioni tra specie diverse, pose e colori quasi incredibili. E se in-credibili lo fossero davvero? Se di reale e naturalistico dietro quelle foto ci fosse ben poco?
La fotografia naturalistica è una passione sempre più in voga ed è un modo davvero eccezionale per potersi avvicinare ed immergere in natura per osservare ed immortalare la fauna selvatica. Ma quando possiamo essere sicuri che sia etica? Quando, quindi, dietro quella foto non ci sono costrizioni, artifici e manipolazioni dell’animale e del suo comportamento?
Per chiarire questi punti ho voluto intervistare una giovane e famosa fotografa naturalista italiana: Sharon Vanadia, romana e laureata in biologia con una specializzazione in Biodiversità e gestione degli ecosistemi che è riuscita ad unire la sua passione per la natura e la protezione dell’ambiente a quella della fotografia, diventando una seguitissima fotografa naturalista, in particolar modo di animali selvatici.
«Quando ci si approccia alla fotografia naturalistica bisogna tener conto di un concetto fondamentale e imprescindibile: la salute degli animali viene prima di qualsiasi scatto. Ed è qui che si crea un divario tra fotografia naturalistica etica e non etica» spiega Vanadia. «Quando ci si rende conto che il benessere psico-fisico dell’animale è compromesso dalla nostra presenza o da una nostra azione, è bene fare un passo indietro, rinunciare alla nostra foto e allontanarci. Spesso una nostra azione, anche se a noi non sembra, può creare seri danni alla salute degli animali che cerchiamo di immortalare con i nostri scatti».
Sempre di più, infatti, alcuni fotografi naturalisti poco etici lasciano esche e cibo per fotografare gli animali più da vicino, andando ad alterare l’ecosistema, la salute e il benessere del singolo individuo. «Purtroppo, succede molto spesso di veder dare cibo ad animali (soprattutto volpi, animali molto opportunisti e facilmente confidenti) per farli avvicinare e fotografarli, o peggio ancora accarezzarli” continua l’esperta “Gli animali selvatici hanno tutto il cibo necessario in natura, non hanno bisogno del nostro aiuto (tranne in particolari situazioni dove saranno però organi competenti ad occuparsene); inoltre, il nostro cibo è deleterio per l’apparato digerente degli animali selvatici».
Sembra infatti davvero un controsenso che un fotografo che dovrebbe immortalare la Natura così com’è, la alteri alimentando la fauna selvatica per uno scatto, spesso anche oltrepassando il limite prossemico tra noi e loro, avvicinandosi troppo, stressando notevolmente l’animale.
«Un altro comportamento che può compromettere la salute degli animali riguarda la nostra posizione nello spazio rispetto all’animale stesso: è importante non avvicinarsi troppo (soprattutto se l’animale appare visivamente stressato dalla nostra presenza), non occupare corridoi ecologici utilizzati dagli animali per spostarsi e non avvicinarsi a tane o nidi, perché la nostra presenza potrebbe portare all’abbandono irreversibile del nido da parte dei genitori»».

Per essere buoni fotografi naturalisti, prima dell’utilizzo della macchina fotografica e dei programmi di editing, è importante conoscere il l’etologia per interpretarne i segnali e anticipare eventuali comportamenti. «Studiare l’etologia delle specie è fondamentale per questo genere fotografico. Conoscere il loro habitat, il loro tipo di alimentazione e le loro abitudini sono aspetti importantissimi per sapere dove cercare una certa specie. Inoltre, conoscere alcuni comportamenti (come i comportamenti indotti da stress, i richiami, sapere se si trova in periodo riproduttivo o meno) è indispensabile per recare il minor livello possibile di disturbo. La regola più importante è sempre la stessa: la salute degli animali viene prima di qualsiasi scatto. E per garantire il loro benessere dobbiamo conoscere molto bene la loro etologia, per capire se e quando è meglio indietreggiare e rinunciare alla foto» afferma la fotografa. 

Purtroppo, non tutti i fotografi naturalisti sono come Sharon, ma la sua etica e la sua formazione sono di ispirazione a tanti giovani aspiranti fotografi o hobbisti che stanno iniziando ad appassionarsi agli scatti in natura. La fotografia naturalistica, infatti, è una risorsa fenomenale per sensibilizzare sulla fragilità dell’ambiente e per divulgare la conservazione della natura e della fauna. Proprio come dice Vanadia: «Il primo passo per proteggere qualcosa è conoscerla. Per quanto riguarda la mia personale esperienza, ad oggi i miei studi universitari e la fotografia naturalistica mi hanno permesso di trasmettere alle persone che mi seguono molti aspetti ecologici ed etologici, sia tramite canali social che durante i miei tour. Questo è esattamente quello che vorrei trasmettessero sempre le mie fotografie: mostrando le bellezze che il nostro pianeta offre spero di riuscire a sensibilizzare le persone riguardo il rispetto che ognuno di noi deve avere per la natura e per gli animali».

Che quindi sia la fotografia di una maestosa tigre o di un grazioso passerotto sul balcone di casa, poco cambia: la fotografia deve venire dopo rispetto al benessere dell’animale, che come sempre non deve accorgersi della nostra presenza e il cui comportamento non deve essere alterato da cibo o stratagemmi per attirarne l’attenzione. Ricordiamoci sempre, inoltre, di evitare di geolocalizzare le foto, soprattutto se si tratta di specie a rischio o nidi di rapaci. Questo per evitare che turisti curiosi prendano d’assalto l’area o che ci siano atti di bracconaggio. E allora zaino in spalla, macchina fotografica al collo e pronti per un’escursione alla ricerca delle meraviglie della natura da catturare…con l’obiettivo, così come sono!

* Chiara Grasso è etologa e presidente di Eticoscienza

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