Alcuni sono bambini. Altri animaletti. Altre volte sono ‘esseri’ fantasiosi, e possono anche diventare invisibili. Oppure hanno i capelli blu. La fantasia dei bimbi non ha limite, e quindi anche l’amico immaginario si può presentare sotto mille diverse spoglie. L’amico immaginario è una proiezione della fantasia, che a volte mette a disagio i genitori e gli adulti in generale. Si tende a pensare che il bambino abbia qualche problema, che sia un comportamento strano, una spia di qualcosa che non va. Preoccupazioni spesso immotivate, affermano gli psicologi: l’amico immaginario è, al contrario, un compagno importante per il bambino che cresce. Può svolgere diversi ruoli nella vita del piccolo, riconducibili al prendere coscienza di sé, della sua persona, degli altri.

“L’amico immaginario aiuta il bambino a strutturare la sua realtà interna, i suoi pensieri, le sue fantasie con la successiva appropriazione della realtà esterna” scrive Giuseppe Sparnacci, psicologo e psicoterapeuta, su UPPA. Si tratta un ascoltatore eccellente, a cui il bimbo può riferirsi con le modalità e le capacità che la sua età gli consentono. E’ un alleato nel problem-solving. A volte è un esempio di cosa si può e cosa non si può fare. E’ un consolatore. Ma è anche un personaggio curioso, interessante, la cui vita è ricca di aneddoti fantasiosi. Ecco che l’amico immaginario ha spesso una funzione rassicurante, ma anche stimolante.

Come comportarsi quindi?In nessun modo, lasciando che il bimbo e il suo amico coltivino il loro rapporto immaginario, che finirà per scemare man mano che il piccolo cresce. “È importante che si lasci al bambino tutto lo spazio emotivo e mentale per vivere questa sua esperienza di creazione di un amico immaginario, senza cercare di convincerlo che quell’amico non esiste, senza fargli troppe domande ‘da adulti’”, afferma Sparnacci. E concorda lo psicologo Davide Algeri “è importante evitare di ridicolizzare questa fantasia con frasi come: ‘È una cosa stupida’, oppure: ‘Non si può parlare con qualcuno che non esiste’. Il bambino si sentirebbe ferito e umiliato, con il risultato che farà sempre più fatica a confidarvi qualcosa del suo mondo interiore”. Il bambino in fondo sa benissimo che si tratta di una proiezione della sua immaginazione, per lui è un gioco, che aiuta a tirar fuori emozioni e ‘sperimentare’ la realtà. Un gioco a cui gli adulti possono partecipare, se il bimbo li invita a farlo. E che può aiutare i genitori a capire proprio figlio, conclude Algeri.