Non è un libro di arrampicata, è molto di più: una storia di vita e di libertà che s’intreccia con la montagna e la natura. È la biografia di uno spirito libero. “Eravamo immortali” è il libro di Maurizio Zanolla, per tutti Manolo, presentato in anteprima al Trento Film Festival. Mauro Corona dice che è un capolavoro; lui, Manolo, dice semplicemente che ha voluto scrivere per umiltà e dovere di riconoscenza alla fortuna che ha avuto.

«Il messaggio – dice – è questo: vi racconto quante cavolate ho fatto nella vita dalle quali non tutti hanno la fortuna di uscirne». Tra le “cavolate” ci sono le sue vie più celebri e leggendarie come “Eternit” e “Il mattino dei maghi”, ma ci sono anche tutte le esperienze di vita in quel periodo mitico e variopinto che furono gli anni Settanta e Ottanta, quando appunto «eravamo immortali».

Come si legge nella prefazione, il libro non è «un elenco di scalate, o delle vie più difficili, ma l’affresco delle esperienze più significative, più intense e toccanti di una vita vissuta alla ricerca dell’equilibrio».

Ci sono le tappe della sua educazione alla severità della natura e all’umiltà del sacrificio e c’è, naturalmente la montagna. La montagna come mondo verticale, retto da regole proprie, lontano dalle convenzioni sociali: «Non andavo in montagna per morire, anzi – scrive Manolo –. Ci andavo per vivere la bellezza della natura, lontano dalle contaminazioni sociali, dalle certezze soffocanti». E aggiunge: «Non scalavo per entrare nella storia dell’alpinismo ma per esplorare mondi sconosciuti». In assoluta libertà, alleggerendosi di tutto.