E' morto a Roma nella notte Enzo Carra, ex portavoce della Dc quando era segretario Arnaldo Forlani. Aveva 79 anni. «Un uomo buono, colto, intelligente. Un pezzo di storia della Democrazia Cristiana e un testimone di cosa deve essere la politica. Per me e per molti di noi un amico vero che ci mancherà». Lo scrive in una nota di cordoglio il senatore del Pd Dario Franceschini. 

Subì da innocente la violenza della foto con gli schiavettoni durante Mani Pulite, che anni dopo raccontò così: «Vado a Milano, Di Pietro mi interroga. Gli spiego che non so quasi nulla, tranne quel che leggo dai giornali. Il mio era un ruolo tecnico, da comunicatore. Mi dice: “Ma sa, andando al bagno in quei palazzi del potere uno le cose le viene a sapere”». Carra continuava così il suo racconto: «Di Pietro mi dà appuntamento al venerdì, tre giorni dopo. “Perché dobbiamo fare dei riscontri”. Al mio ritorno, venerdì, mi trovo davanti a una sceneggiatura, per quanto fantasiosa, già scritta. Un tipo mai visto, un faccendiere che doveva uscire di prigione, gli avrebbe detto di essersi riunito con me a Roma. E io gli avrei parlato della maxi tangente. Io lo guardo negli occhi, gli chiedo in quali circostanze. Quello farfuglia: nel suo ufficio a Roma, c’erano diverse segretarie… e alla fine della frase si mette a piangere. Doveva recitare la parte per uscire di galera, lo compatisco. Di Pietro sorride e mi stampa addosso l’accusa di aver mentito al Pm. Mi difendo ma non mi dà retta. Aveva bisogno di imputati freschi, e io che ero il portavoce del segretario Forlani ero succulento, per lui».

La storia della foto la raccontò così: «Dovevo comparire davanti ai giudici, ero al pianterreno del Palazzo di Giustizia. Due Carabinieri si apprestavano ad accompagnarmi tenendomi per il braccio, poi arrivò una telefonata. Non seppi mai di chi. Li vedi consultarsi: era arrivato l’ordine di mettermi in ceppi. Dovevo comparire davanti al muro delle telecamere e dei fotografi ammanettato, come simbolo della vittoria dei magistrati sulla politica. Ero molto colpito ma rimasi, per fortuna, lucido».

Enzo Carra ha raccontato la politica come giornalista per quasi vent'anni, prima di diventarne un protagonista come portavoce della Dc e quindi come parlamentare di area centrista. Nato a Roma l'8 agosto del 1943, già a 22 anni inizia a scrivere occupandosi di critica cinematografica, fondando anche un giornale dal titolo 'Il Dramma'. Poi nel '70 l'approdo a 'Il Tempo', dove rimane fino al 1987, firma di punta delle pagine politiche. Negli anni del Caf, con l'avvento alla guida della Dc di Arnaldo Forlani nel 1989, diventa il portavoce del partito, poi coinvolto, suo malgrado, nell'inchiesta relativa alla maxi tangente Enimont, accusato di falsa testimonianza. Una vicenda che, anche e soprattutto per le modalità che portano al suo arresto nell'inverno del 1993, segna la sua vita e quella della sua famiglia.

«Mio figlio -racconterà in un'intervista in occasione dei trent'anni di Tangentopoli - veniva villaneggiato a scuola e fece molta fatica a riprendersi. Io mi rimisi in carreggiata grazie a un amico psichiatra. Volevo andare via, mia moglie insisteva perché rimanessimo in Italia, ricominciai a lavorare solo due anni dopo grazie a Minoli». Condannato definitivamente nel 1995 e poi riabilitato nel 2004, torna dunque all'attività giornalistica, autore per la Rai di numerose inchieste televisive, tra cui un reportage a Cuba immediatamente dopo la visita di Papa Giovanni Paolo II, un'intervista a Gheddafi durante l'embargo alla Libia e quella che sarà l'ultima intervista a Madre Teresa di Calcutta. Tuttavia non riesce a resistere al richiamo della politica e nel 2001 viene eletto alla Camera con la Margherita (sarà relatore di minoranza della legge Gasparri in materia di telecomunicazioni), confermato nel 2006 e poi nel 2008. Entrato nel frattempo nel Pd dopo la fusione tra Ds e Margherita, lo lascerà nel 2010 per approdare nell'Unione di centro. Prima di lasciare la Camera riuscirà a vedere approvata come relatore la legge sull'equo compenso per i giornalisti precari.

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