Che cos’è il tempo? Ha senso dividerlo in passato, presente e futuro? Carlo Rovelli risponde trascinando il lettore dentro i buchi neri fino a scoprire la loro antitesi, i “Buchi bianchi” (Adelphi, 144 pagine, 14 euro). E’ un libro colto, ambizioso, costruito con malizia letteraria. Rovelli ci accompagna alla frontiera della fisica, dove relatività e meccanica quantistica si scontrano; ci trascina dove la ricerca è ancora nel suo farsi, allo stato magmatico. Squarci autobiografici intarsiano il discorso divulgativo. La discesa nel buco nero – l’inferno - ha come contrappunto endecasillabi e personaggi della “Divina commedia”. Rovelli è Dante, la relatività è Virgilio, la meccanica quantistica Beatrice. L’abolizione delle lettere maiuscole contrassegna riflessioni filosofiche e divagazioni esistenziali.

Sassi e perle nello scrigno
Dobbiamo partire da lontano. Nel novembre 1915 Einstein presenta la Relatività generale. L’elegante formula che la racchiude è uno scrigno ancora sigillato. Nasconde perle, diamanti e qualche sassolino da gettare. Il primo ad aprire lo scrigno è Karl Schwarzschild, un tenente dell’esercito tedesco in guerra. Scopre che una soluzione delle equazioni di Einstein corrisponde a oggetti esotici: lo spazio-tempo, curvato dalla gravità di una massa molto concentrata, può chiudersi su sé stesso inghiottendo per sempre ciò che contiene. E’ il concetto di buco nero. Intorno, l’”orizzonte degli eventi” rallenta infinitamente il tempo separando il passato dal futuro e inghiotte tutto ciò che lo sfiora. Per questo Tullio Regge, autore nel 1957 di un lavoro pionieristico sui buchi neri rotanti che ispirò Wheleer e poi Kip Thorne, voleva chiamarli “gli insaziabili”, ma dieci anni dopo vinse Wheeler con “buchi neri”.

Carlo Rovelli

 

L’incredulità di Einstein
Einstein legge incredulo la lettera che Schwarzschild gli spedisce dal fronte pochi mesi prima di morire. I buchi neri gli sembravano finzione matematica, non realtà fisica. Peggio ancora quando nel 1935 con il suo assistente Nathan Rosen scopre la possibilità dei buchi bianchi, oggetti dai quali si può solo uscire, non entrare, l’esatto opposto dei buchi neri. Per di più da un buco nero sembra che si possa transitare in un buco bianco attraverso un cunicolo spaziotemporale detto “ponte di Einstein-Rosen” che Wheeler chiamerà folcloristicamente “wormhole”, buco scavato da un verme. Con disgusto di Einstein, in teoria un wormhole potrebbe collegare universi diversi e, naturalmente, tempi diversi.

Asimmetria tra passato e futuro
La conoscenza cresce tra gli errori, e siano benedetti. Lo scrigno è enigmatico, trae in inganno molti fisici che credono di trovare perle e invece sono sassolini. Un sassolino era l’idea che esistesse un tempo fuori, un tempo dentro e un tempo sull’orlo del buco nero. Nel 1958 David Finkelstein mette le cose a posto con un saggio intitolato “L’asimmetria tra passato e futuro”. Un conto è il tempo di chi guarda il buco nero da fuori, un altro quello di chi ci entra. Per il primo si ferma, per l’altro no.

Nessuna “singolarità”
Un altro sassolino era l’idea che in fondo al buco nero si annidasse la “singolarità”, un luogo dove la densità diventa infinita, il che in fisica è assurdo. Stando alle teorie più recenti, la “singolarità” non esiste, significa soltanto che la Relatività lì non funziona più. Ma non che si è toccato l’inconoscibile, perché ben prima di arrivare alla singolarità entra in azione la meccanica quantistica. Cioè a Virgilio subentra Beatrice.
Il cellulare cade sul pavimento rispettando la gravità ma ci fa comunicare con gli amici rispettando la meccanica quantistica. Peccato che gravità e meccanica quantistica, pur funzionando perfettamente - la prima nel macrocosmo e la seconda nel microcosmo - non siano al momento conciliabili in una teoria che le unifichi. O stai con Virgilio o stai con Beatrice. Si esce dal dilemma, forse, introducendo una diversa concezione dello spazio-tempo. Questa.

Tempo e spazio granulari
La meccanica quantistica è “granulare”, i quanti sono i suoi granelli. Se si scende alla “scala di Planck” (10 alla meno 35 metri) anche lo spazio è granulare, non continuo; e il “tempo di Planck” pure: non scorre come un fiume, gocciola come un rubinetto che perde. La granularità dello spazio e del tempo permette di evitare l’infinita piccolezza e densità della singolarità. La concezione granulare dominante è rappresentata dalla teoria delle “stringhe”, cordicelle vibranti che generano forze e particelle. La concezione minoritaria è la teoria della gravità “a loop”, ed è quella di Carlo Rovelli, che ad essa ha dato molti contributi. Le due “scuole”, ovviamente, sono in asperrima competizione.

L’euforia della scoperta
Non entreremo nei particolari e tanto meno nella polemica. Basti dire che nel 2015 a Marsiglia Rovelli, parlando con un giovane fisico americano di nome Hal, ebbe da lui un suggerimento illuminante: “le equazioni di Einstein non cambiano se ribaltiamo il tempo”. Un po' come quando proiettando a ritroso il film dei pianeti che girano intorno al Sole, la legge di Newton non risulta violata. A questo livello della fisica teorica, passato e futuro sono soltanto fenomeni prospettici, dipendono dal punto di vista. La gravità a loop e l’effetto tunnel, il più magico dei meccanismi quantistici, fanno il resto: ed ecco che un buco nero può trasformarsi - rimbalzare - in un buco bianco (disegno). La simmetria non è perfetta, c’è di mezzo l’entropia, il maledetto secondo principio della termodinamica, quel “calore” che determina la freccia del tempo. Però, però… la soluzione si intravvede. E Rovelli prova l’euforia della scoperta, il piacere di aver capito. I neuroscienziati sanno che in questi casi si liberano dopamina e ossitocina, i neurotrasmettitori della gratificazione.

Unicorni e minotauri
Rimane una questione in parte elusa: le equazioni corrispondono necessariamente alla realtà fisica? La matematica è la mitologia dei fisici: prevede meravigliosi minotauri e straordinari unicorni, ma esistono davvero quando si esce dalle formule scritte sulla lavagna? Rovelli improvvisa una psico-epistemologia di Maurice Dirac, e propende per il sì. Nello stesso modo istintivo ha fiducia nel potere creativo delle analogie: il buco nero, toccando il fondo del pozzo gravitazionale rimbalza come una palla sotto forma di buco bianco.

Ricetta per la pace in Ucraina
Ieri sera sulla 7 Rovelli ha parlato dei suoi buchi bianchi a “Piazza pulita” rispondendo a un perplesso Luciano Formigli. Poi gli ha dato la sua ricetta per la pace in Ucraina: solo un accordo tra Stati Uniti e Cina può mettere fine alla guerra. Purtroppo Biden e Xi Jinping sembrano più inconciliabili della gravità con la meccanica quantistica. Il buco nero politico è lontano dal capovolgersi in un buco bianco.