In piena era Mesozoica, ovvero in un arco di tempo che va dai 230 ai 65 milioni di anni fa, un giovane dinosauro di nome Arlo fa amicizia con un bambino preistorico che si chiama Spot, che ha perso entrambi i genitori e che si aggira, camminando a quattro zampe, negli immensi spazi della natura. I due cuccioli impareranno insieme a diventare grandi affrontando le loro paure, superando gli ostacoli, fidandosi l’uno dell’altro: «Questo sarà un film completamente diverso da tutti quelli che abbiamo fatto finora, volevamo raccontare una vicenda di amicizia e di fiducia, immergendola in un paesaggio vasto e maestoso, che è protagonista della storia, come lo sono Arlo e Spot».

A 20 anni dall’uscita nelle sale del loro primo lungometraggio d’animazione, i Pixar Animation Studios sono protagonisti, alla Festa del cinema, di un’ampia retrospettiva che celebra i successi del team creativo guidato da John Lasseter. Il primo assaggio del «Viaggio di Arlo», diretto da Peter Sohn e prodotto da Denise Ream (nei cinema il 25 novembre distribuito da Disney Company) è stato illustrato da Kelsey Mann, Story Supervisor del progetto, dipendente della Pixar dal 2009, da sempre appassionato di cinema, animazione e marionette: «Il processo di un film - ha spiegato durante un’affollata masterclass - parte sempre dalla sceneggiatura che, una volta completata, viene affidata allo story artist che la racconta come farebbe un cantastorie e la trasforma in story board che possono contenere dalle 500 alle 1500 rappresentazioni. Per preparare “Arlo” ci siamo riuniti ogni 6 settimane, ogni volta abbiamo fatto a pezzi il lavoro svolto e poi lo abbiamo iniziato di nuovo».

Il risultato, stando all’anteprima di circa mezz’ora, è all’altezza di altre meraviglie come «Monster University» e «Toy Story». L’avventura di Spot e Arlo, dice Mann, ruota intorno al classico soggetto «cane e ragazzino, solo che qui abbiamo ribaltato la prospettiva, il cane si comporta come un ragazzino e viceversa». Come sempre, nei film Pixar, i livelli di lettura sono molteplici e i target, adulti e più piccoli, convivono nel più armonico dei modi. Nessun tema è tabù, compreso quello della morte, affrontato, nel «Viaggio di Arlo», in una sequenza che fa venire le lacrime agli occhi allo stesso autore. Il dinosauro ha appena perso il padre e con esso il suo principale punto di riferimento, il bambino è orfano e quando i due se lo dicono usando rametti di legno come fossero pupazzi, è impossibile resistere alla commozione: «Non facciamo mai film solo per bambini, pensiamo che loro crescano affrontando quello che succede nelle loro vite e quindi anche la scomparsa delle persone care. Ci interroghiamo, però, sul modo in cui bisogna parlare di certe cose, stando attenti a non essere troppo duri».

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