Quando mancano pochi minuti a mezzogiorno i tre tecnici del Comune s’avvicinano alla porta del centro sociale. Hanno lucchetti d’acciaio e attrezzi: devono blindate l’uscio di quei locali dove una settimana fa ci sarebbe stata una violenza di gruppo. Ivrea non è un posto dove certe cose passano sotto silenzio. Non è una città che digerisce tutto nell’indifferenza. Anzi. E quella storia raccontata sulle pagine di cronaca de La Stampa, prima ha indignato e poi ha riacceso antiche ostilità.

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«Un centro sociale a due passi dal municipio, ma dove s’è mai vista una roba così» dicono giù in via Palestro, la strada centrale di Ivrea, dove ci sono i negozi più belli, dove ti capita di incrociare tutta la città. Ora, non è che il luogo di ritrovo degli antagonisti sia proprio a due passi dal Municipio. Via Castellazzo è una traversa di poche decine di metri, giù nella Ivrea più antica. Un posto defilato, dentro un edificio che un tempo è stato un convento e che, con gli anni, è diventato un po’ di tutto, anche sede del centro anziani, anche alloggi popolari ai piani alti: «le case Gescal», come le chiamano ancora da queste parti. Al pianterreno c’è un salone che - un tempo - era stato dato dal Comune ad un’associazione: «Sioux» ed era una specie di centro di ritrovo. Uno di quei posti della Ivrea che «guarda avanti», che s’interroga. Dove si faceva cultura alternativa, ma non soltanto questo. Morto il Sioux, il salone - sei anni fa - è diventato Centro sociale: il «Csa Castellazzo». «Ci vengono gli anarchici» raccontano in zona, ripetendo quel che hanno sentito dire, e hanno letto sui giornali. Ma nessuno ha mai avuto grossi guai con loro. Vero, c’è stata tutta la liturgia dei posti così: scritte sui muri. Riferimenti al mondo dell’anarchia. La polizia che viene a controllare. Ma tutto in salsa molto eporediese. Con delicatezza.

La musica e le feste di notte, no. Quelle non le hanno mai tollerate da queste parti. La signora Enza, che abita su al secondo piano delle ex Gescal, è una di quelle che s’è lamentata, e non poco, per il chiasso di notte. «Suonavano e battevano e noi volevamo dormire: anch’io ho urlato dalla finestra. Ah, sapesse quante proteste ci sono state nel corso degli anni». Ma questa è la città della Olivetti, un posto dove i conflitti si appianano, si cercano soluzioni. E anche gli anarchici hanno capito che non era il caso di litigare troppo con la gente del posto. Tant’è che hanno cercato di diventare amici di tutti. «Pensi che un anno fa hanno organizzato una serata a cui hanno invitato tutti nei che abitiamo qui. Ci siamo anche scambiati alcune ricette, abbiamo parlato, ci siamo conosciuti. E da allora le cose vanno meglio». Il che vuol dire meno decibel che frantumano i timpani e amplificatori per la musica spenti ad una certa ora. E di conseguenza anche meno momenti di frizione con chi abita da queste parti. E il lucchetto piazzato sulla porta - aperta una o due sere la settimana per riunioni o iniziative - è sempre stato visto come la garanzia che le cose erano migliorate.

Certo non tutti la pensano come la signora Enza, o come la Maria che viene qui tutti i giorni a trovare suo padre, gente che ha imparato ad apprezzare anche i minimi cambiamenti. C’è anche chi - nel corso degli anni - ha presentato esposti in procura. Ha sollecitato interventi della forza pubblica. Ha cercato di far valere le sue (legittime) ragioni con la carta bollata.

Lo racconta bene Igor Noro, un altro che da queste parti ci abita e che ha firmato l’ultima denuncia: «Lo sa che lì dentro vendono anche alcolici a chi va alle feste. E lo fanno senza avere la benché minima autorizzazione, figurasi la licenza. Noi abbiamo cercato di tutelarci, ma nessuno ci ha mai ascoltati». Ma le cose sono migliorate? «Sarà, ma c’è anche gente che è stata minacciata con il coltello da qualcuno di quelli che vengono qui».

Infondo è così da tutte le parti: c’è chi riesce a convivere con un centro sociale come vicino di pianerottolo e chi invece ci litiga. Diversa è la posizione del Comune. L’attuale amministrazione ha eredito il «Csa Castellazzo» e ha scoperto che non esiste alcun comodato d’uso di quei locali e che le bollette sono pagate dal Comune. E adesso vuol mettere un po’ di ordine. Per una questione di equità. E per evitarsi guai in futuro. Ma la strada è piena di inciampi. Intanto ieri il «Csa Castellazzo» ha preso le distanze da questa brutta storia della violenza: «Noi con quella gentaglia lì non c’entriamo nulla». L’ultima frase è questa: «A chi ha commesso questo atto diciamo che gli conviene costituirsi o emigrare lontano». L’avvertimento è chiaro. —

 

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