Siamo marinai su barche in cerca d’approdo nel mezzo di un mare tempestoso (ma quale e come sarà l’attracco?) Se li raffigura così questi anni pandemici che rischiano di lasciarci cicatrici interiori, lo psichiatra Paolo Crepet, autore di «Oltre la tempesta. Come torneremo a stare insieme» (Mondadori), tra i protagonisti sabato di Torino Spiritualità: alle 11 sarà al Carignano e alle 18 a Giaglione per inaugurare la prima Big Bench in Val di Susa, panchina gigante, metafora di nuove prospettive da cui - e con cui - guardare il mondo (organizza il Circolo dei Lettori). Crepet, oggi siamo oltre la tempesta?
«Purtroppo sì». Perché “purtroppo”?
«Per ciò che sta accadendo. Prenda ad esempio Jesolo, ormai è impraticabile per l’invasione continua di bande notturne, tra alcol, assembramenti, folle». E lei l’aveva previsto...
«Non sono un profeta, ma solo un imbecille non l’avrebbe capito: è il risultato per aver tenuto i ragazzi barricati negli armadi troppo a lungo, avrei reagito allo stesso modo se a 17 anni mi avessero rinchiuso un anno in casa con mia madre». Se era così prevedibile perché non ci siamo attrezzati?
«Al netto del dolore per le vittime del Covid, c’era il tempo per riflettere e prepararci. La domanda la pongo io, al sindaco di Torino, ad esempio, ma potrei chiederlo a chiunque altro: “Ha pensato allo studio di un provvedimento anti-rumore in questi mesi?” La giungla urbana, che ora è ingestibile, si sarebbe potuta evitare». Oggi sono in piazza scatenati, ma durante il lockdown i ragazzi hanno patito più di tutti...
«I reparti di neuropsichiatria erano pieni, di ragazzine autolesioniste o giovani depressi. Ho sempre detto poi che la Dad era un dannosissimo strumento di tortura, che lascerà un vuoto formativo serio. L’ultimo effetto è emerso in questi giorni, confermato dal The Lancet: negli adolescenti la miopia è aumentata del 60%, per l’abuso dei computer combinata all’assenza di luce solare. C’è qualcuno che si assume la responsabilità di tutto questo? Mi pare di no. E sa chi pagherà? Le famiglie». Ce l’ha con i virologi?
«Beh, credo che abbiano dato prova della loro pochezza e limitatezza: con tutto il rispetto, non gli affiderai mai una comunità. Non siamo un ammasso di cellule, siamo persone». È cominciata la maturità per 540 mila studenti: il ministro Bianchi assicura “non sarà un esamino di serie B”: ci crede?
«Il ministro può dire quello che vuole, poi però ci sono le statistiche. Prima della pandemia si promuoveva il 99,9% degli iscritti all’esame, figuriamoci ora. Quel 9 diventa periodico. Sempre con il dovuto rispetto, ma per favore, almeno non prendeteci in giro». Cosa fare allora?
«Io mi indigno e propongo soluzioni. Prima cosa: il ministro giuri che la Dad non esisterà più». Eppure lei qualche responsabilità la attribuisce anche ai genitori: in un video quest’inverno li ha definiti imbecilli...
«Confermo: ha avuto 28 milioni di visualizzazioni quel video, più dicevo ovvietà, cioè che non bisogna dire solo sì ai figli, che bisogna far mancare qualcosa per innescare il desiderio, più diventava virale. Paradosso di questo tempo. Però oggi quell’ovvio è ancora più ridondante. I ragazzi hanno avuto tutto attraverso lo strumento digitale. Ma in realtà non hanno avuto nulla, perché quello è un grande bluff, non ha nulla a che vedere con i sensi e la creatività, cioè con ciò che nutre il nostro futuro». Siamo ancora in tempo?
«Sì, io non credo nell’irrimediabile. Servono però nuovi spazi urbani: quando collaborai al piano regolatore di Lucca proposi di trasformare vecchie fabbriche abbandonate in luoghi di aggregazione e creatività piuttosto che in supermercati. Amo i dopolavoro ferroviari e le bocciofile, che considero un luogo futuribile. Purtroppo non ci abbiamo pensato prima, ma facciamolo ora: non saremmo così costretti a tollerare le folle nei bar dove invece la creatività è azzerata». Nel libro parla anche dei vaccini: cosa pensa del caos comunicativo? «Mi sarei aspettato che il premier Draghi, così attento alla meritocrazia, nominasse il professor Silvio Garattini unico portavoce del Governo: è autonomo rispetto ai big farmaceutici e in grado di interfacciarsi con i colleghi ponderando gli interventi. Ci saremmo risparmiati tanta confusione, incluso questo “lascia o raddoppia” sui vaccini, che ha un riverbero psicologico di enorme portata, ed è alimentato dal narcisismo scientifico di cui soffrono troppi scienziati: i loro proclami a un congresso di virologia non sortirebbero effetti, ma detti a un paese bloccato in pandemia, con 130 mila morti, diventano un problema, con conseguenze su di noi». Bisognava coinvolgere gli psicologi?
«Era dovere del ministero della Salute, prendersi cura della salute, appunto, anche dal punto di vista psicologico. Io ho chiesto, ad esempio, che interpellasse pure un prete di campagna, pastore di anime». Pessimista?
«No, dico solo: riflettiamo. Ora arrivano i miliardi del Pnrr: che ne facciamo? Che idea di sviluppo abbiamo? Quale visione?».