Imparare da tutti in Cristo, questa è sempre più mi pare una via che approfondisce la Chiesa. Vedere ognuno come una presenza, che ci aiuta a trovare, in Cristo, la strada.

Certo in questo scambio un aspetto importante può risultare quello della ricerca di una spiritualità-cultura tendenzialmente sempre più divina e umana in Cristo. Una formazione sempre più adeguata può aiutare in particolare nella vita di tutti i giorni, nella quale le persone possono con una certa naturalezza conoscersi, confrontarsi, condividere, collaborare, etc.. L’umanità stessa della persona si può sentire supportata sulla via di un amore autentico, sereno, che comprende, che aiuta a trovare adeguate, personalissime, vie di crescita.

Anche dall’area protestante la Chiesa ha appreso e apprende molto.

In precedenti interventi su Vatican Insider ho accennato a molte possibili vie di nuovo incontro col protestantesimo. Qui osservo circa l’accordo sulla giustificazione (1999) che forse si può considerare sul tema una strada di possibile comprensione reciproca più limpida. Che aiuta forse a fare sintesi cercando di cogliere il buono di un certo orientamento protestante e di un certo orientamento cattolico.

Lutero, nella sofferenza per la debolezza umana, cercava, forse, una salvezza che non fosse condizionata da tale fragilità. Ma in campo cattolico si osservava che se non si considera la libertà della persona umana si rischia di finire nel campo della predestinazione. Dio, in Lutero, salverebbe alcune persone donando loro la fede e ne condannerebbe altre a priori. Non sarebbe un amore ingiusto?

Il dono dello Spirito di Cristo nel cammino della Chiesa nella storia ci sta aiutando a scoprire sempre più profondamente la totale, senza condizioni, misericordia di Dio. Ricordandoci, aiutandoci a comprendere sempre più attentamente, profondamente, quello che Cristo ha vissuto, ha detto. In questo dunque la ricerca di Lutero ci è di stimolo. D’altro canto proprio perché questa misericordia totale sia amore autentico Dio non può imporla all’uomo. Nella Spe Salvi, al numero 46, Benedetto XVI afferma, se non erro, che, quando una persona va in cielo, il problema di Dio non è che oltre certi limiti, chissà come definiti, Dio non può perdonare l’uomo, deve infliggergli sanzioni a misura o lasciarlo nella sua contraddizione. Il problema di Dio è solo il suo amore sconfinato, il suo rispetto totale, la sua delicatezza verso ciascun uomo. Per cui non impone nemmeno la sua misericordia.

Se la persona, pure piena di contraddizioni consapevoli e volontarie, anche solo è disponibile, pure implicitamente se per esempio atea, ad accogliere la misericordia di Dio non andrà all’inferno. Ma verrà aiutata in cielo ad aprirsi gradualmente all’amore. Se, dopo che Dio nel corso della vita le avrà dato tutte le possibilità per compiere una scelta a suo modo consapevole, la persona categoricamente non vuole accettare la misericordia allora sarà amore rispettare tale volontà così adeguatamente, consapevolmente, liberamente, maturata.

Ecco incontrarsi, sembra, la salvezza senza condizioni cercata da Lutero e la libertà dell’uomo difesa dai cattolici.

Nei precedenti interventi su Vatican Insider ho non di rado presentato possibili letture di brani che mostrano come dai Vangeli emerga non una dottrina schematica e astratta ma l’amore vivo di Cristo e il suo condurre in modo personalissimo, ben al di là degli schemi, con amore, persone vive sulla via della vita autentica. Da questa sempre rinnovata, vissuta, lettura può emergere dunque sempre più un Cristo vivo, con le mille sfumature del suo vivo agire. Si aprono sempre più orizzonti infiniti di meditazione, di scavo. Cercando di accogliere, di farsi portare, da Cristo stesso, nella Chiesa, nel mondo, etc..

Nei Vangeli troviamo tanti episodi nei quali vediamo la varia, graduale, personalissima, apertura del cuore alla grazia. Talora si tratta di piccole impercettibili disposizioni nuove. Talora questa apertura graduale conduce a una certa tappa della crescita che si concretizza in un passaggio più evidente. In Luca 8, 26-39 vediamo un esempio di quest’ultimo tipo. Gesù sta liberando una persona infestata da demoni e questi gli chiedono di entrare nella mandria di porci che pascola in quel luogo. Gesù lo consente. Non mi fermo a commentare tutto il brano ma solo il possibile senso di questo atteggiamento di Gesù. Una tappa dell’apertura del cuore può essere il riconoscere che una strada che sto percorrendo non mi fa bene, non è voluta da Dio. Nell’episodio in questione i demoni vanno nei porci quasi oggettivando che il male è in quella situazione l’attaccamento al patrimonio mandria. Talora questa nuova consapevolezza può venire ostacolata dal pensiero che allora bisogna anche cambiare percorso. E magari non ci si sente pronti a una tale decisione.

Ecco, il brano di cui sopra ci dice forse che Dio ci ama sempre e comunque e che è già una crescita vedere, riconoscere, che un certo atteggiamento non fa bene né a noi né agli altri. Anche se desidero in fondo aprirmi alla vita vera non devo meccanicamente subito cambiare. Posso, per esempio, chiedere aiuto a Dio di portarmi gradualmente verso una ulteriore crescita. Con serenità. Il bianco o nero è paragonabile a un albero che cresca a scatti: seme, poi con uno scatto secco arbusto, poi di un subito foglie, etc.. Dio ci ama bene, ci aiuta, se lo vogliamo, a crescere gradualmente e con serenità.

Quando da parte di alcune guide si parla con disprezzo della società liquida si può rischiare di tranciare giudizi senza comprensione verso un’umanità che talora cerca, magari confusamente, una vita più autentica. Talora sentiamo anche di una società che ormai ha altri riferimenti culturali mentre, dicono alcune guide, «prima era cristiana». Senza comprendere che prima la spiritualità poteva talora in varia misura essere appunto quella del dovere schematico, dei sensi di colpa, anche della tradizione sociale e non solo della libera e graduale fede, etc.. Anche queste difficoltà possono aver creato problemi.

Anche chi, tra le guide, cerca nuovi approcci talora tradisce dunque una formazione razionalista e non del cuore, di una coscienza che è aiutata a maturare in una spiritualità tendenzialmente sempre più divina e umana. Una formazione razionalista può tendere appunto, per esempio, a riflettere per concetti più o meno astratti (cristiano non cristiano) anche quando talora cerca di rinnovarsi. Si può dunque talora avvertire una certa minore consapevolezza di una spiritualità sempre più divina e umana o di un’altra più schematica, che può non comprendere la fede in ricerca di autenticità... Minore dimestichezza inconsapevole, non voluta, difficile da riconoscere in se stessi. È dunque forse una maturazione graduale nella storia quella che può condurre sempre più verso l’autentico cuore divino e umano di Cristo. Tra l’altro è proprio la gente, meno strutturata per esempio nel razionalismo rispetto ad alcune guide, che si può ritrovare più facilmente in una rinnovata spiritualità semplice, a misura, del cuore.

Quando portano da Cristo un’adultera colta in flagrante adulterio chiedendoGli se deve essere lapidata Gesù, chinatosi, traccia dei segni per terra (Gv 8, 2-11). Di fronte al giudizio di condanna, di esclusione, si fa piccolo. Lui, Parola che ha tratto l’uomo dalla terra e comprende la sua umana fragilità. E perdona e dona nuova vita. Parola che si fa carne con delicatezza, gradualità, misericordia, nella vita di ogni persona. Insistendo quelli con la domanda Gesù si drizza in piedi e risponde loro che scagli la prima pietra colui che è senza peccato. E si china e scrive come prima. Tutti vanno via e Gesù resta solo con la donna, non più condannata. Allora Cristo si alza in piedi dicendole che neanche lui la condanna. È dopo che l’adultera ha ricevuto questo amore graduale, delicato, a misura del suo personalissimo cammino, da parte di Gesù, che questi la manda invitandola a non peccare più. Nel brano immediatamente successivo Gesù parlò di nuovo dicendo: «Io sono la luce del mondo. Chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8, 12).

La meccanicizzazione, standardizzazione, astrattizzazione, delle scelte può calpestare, appesantire, incupire, soffocare, la serena crescita nell’orizzonte di un «Amore» che comprende.

Gesù nei Vangeli lo vediamo aiutare in modo personalissimo ciascuno. Ecco per esempio il passaggio graduale, anche faticoso, di Nicodemo dalla logica della legge, della materialità delle cose, anche dei gesti, alla gradualità della vita spirituale (Gv 3, 1-21). Dalla pesantezza, dal grigiore, delle astrattezze, degli schematismi, alla poesia dell’amore libero, liberante, autentico. Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3, 5-8).

Erode non è un cattivone tutto d’un pezzo, come talora viene presentato. È una persona complessa, con atteggiamenti che lasciano intuire il possibile incipiente più profondo fare capolino dello Spirito nel suo cuore. Come quando si pone domande su Gesù (Mc 6, 14-16). O quando ascolta volentieri il Battista (Mc 6, 20). Erode viene ricacciato nella chiusura allo Spirito anche dalle persone di cui ha finito per circondarsi, venendone profondamente condizionato (Mc 6, 21-24). Ho parlato in precedenti interventi su Vatican Insider del grande aiuto che si può ricevere da un padre spirituale. Ma qui vorrei evidenziare come, tra l’altro, potrebbe essere decisivo scegliere anche un solo amico che sia una persona serenamente e seriamente in cammino con Dio, nella Chiesa. Le persone intorno a noi possono influenzare profondamente la nostra vita senza che nemmeno ce ne avvediamo.

Un ragazzo ateo si converte e gli rimangono tutti i suoi amici, atei com’era lui. Passano gli anni e in questa bella amicizia gli amici restano comunque atei. Questo ragazzo rispetta i suoi amici, il loro cammino, parla pochissimo della fede, forse ogni tanto dà qualche chiave di lettura delle cose umana ma nuova, efficace, serena. Li ascolta molto, è uno che c’è, con discrezione. Quindici anni dopo la sua conversione, per grazia e volere di Dio, tutti i suoi amici sono cristiani.

Come osservato, il mondo intorno a noi ci condiziona profondamente, senza che nemmeno ce ne avvediamo così chiaramente. Per questo Gesù chiede ai discepoli chi dice la gente che lui sia (Mc 8, 27-29). E per questo poi domanda loro chi essi dicono egli sia. Voi, personalmente e comunitariamente, chi dite che io sia. Cercare insieme Dio, sostenersi in Dio, etc., è un dono immenso. La comunità di crescita è, al tempo e nei modi opportuni, un dono potente.

Zaccheo era il capo dei pubblicani, gli esattori delle tasse per conto degli invasori romani (Lc 19, 1-10). Avendo ormai perso la faccia era diffusa tra loro la tendenza a fare anche la cresta sugli incassi da riscuotere. Desideroso di vedere Gesù che passa per la sua città, Gerico, Zaccheo mette in atto anche qui quello che ha fatto da sempre. Piccolo di statura, viveva col timore di essere poco visibile, poco considerato, sopraffatto, messo in un cantuccio, dagli altri. E lui era diventato potente con la forza e con l’imbroglio pur di imporsi. Così sale su un sicomoro per vedere Gesù quando arriva e farsi vedere da lui. Zaccheo è già mosso da un incipiente dono nuovo dello Spirito. Ma ha bisogno di scoprire gradualmente la luce autentica, serena, che comprende ben al di là degli schemi, attenta, di Dio.

«Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»: ecco la luce che ancora viene. Non è Zaccheo che vuole vedere Gesù. È Gesù che già da qualche tempo gli si fa vicino nel cuore in modo nuovo, graduale e ora, senza averlo mai incontrato fisicamente prima, lo chiama per nome. Rivelandogli di conoscerlo da sempre; e che lo avrebbe chiamato anche se nascosto dalla folla. Le paure, i complessi, le frustrazioni, le risposte nevrotiche, fasulle, a tutto ciò, sono potenzialmente lette in modo nuovo, sereno, liberato. Zaccheo si scopre amato, con delicatezza, attenzione, dall’amore meraviglioso di Dio. E scende, virtualmente, da tutta l’impalcatura fasulla che si era costruito. L’Amore esiste e col suo aiuto anche gli uomini possono amare, guardando ogni cosa in modo nuovo. Superando anche tante paure fasulle, non realistiche.

Dio ci «lavora» dall’alto e dal basso. Dal basso con le esperienze umane che ci conducono gradualmente a vedere cosa davvero dà vita e cosa la toglie. Dall’alto donando sempre più, al momento opportuno, lo Spirito.

Prima Zaccheo voleva vedere Gesù, ora lo chiama Signore.

Non si può catalogare, incasellare, schematizzare, giudicare, la storia di un uomo, di nessun uomo. Solo l’amore è vita. «Oggi la salvezza è entrata in questa casa», cioè in Zaccheo e nelle relazioni che egli vive....

La rivelazione virtualmente piena che ci dona Gesù è la rivelazione dell’amore vivo di Dio e del suo accompagnare l’uomo nella storia tendenzialmente verso una pienezza di vita, della quale ci dà i riferimenti fondamentali. Ma è tutto, da parte di Dio, amore, con amore, nell’amore; amando e aiutando con discrezione l’uomo su questa via. La dottrina della Chiesa ci dà dei punti di riferimento alcuni dei quali nella sostanza immutabili per scoprire sempre più profondamente questo amore. Ma la dottrina stessa è un dono, che può farsi sempre più maturo, d’amore. Nei Vangeli anche quando Gesù dona i riferimenti immutabili della vita di fede li dona come semi di amore, con amore, nell’amore. Vivo. Grazia. Seme, a misura. La stessa dottrina non è una teoria astratta che schiaccia l’uomo ma un aiuto sempre più amorevole, comprensivo, etc., alla sua vita. Certe possibili impostazioni, per esempio razionaliste, astratte, schematiche, non appaiono nella vita, nel parlare, dialogare, di Gesù nei Vangeli.

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