L'11 gennaio 1999, 25 anni fa, moriva Fabrizio De André, il cantautore che raccontava la vita degli ultimi nei carrugi del porto, delle prostitute di via del Campo, dei postriboli del quartiere della Maddalena, sempre convinto che “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

“Genova è per me come una madre. É dove ho imparato a vivere” scrisse Fabrizio, affascinato dai luoghi più marginali, dalle bettole, dagli aspetti più popolari e criminali della città portuale. Il suo legame con Genova fu viscerale, profondo, indissolubile. E vi ambientò le storie più significative delle sue dissacranti canzoni.

Fabrizio nacque il 12 febbraio 1940 in via Nicolaj 12, nel quartiere Pegli, a ponente del porto: qui, dove lo ricorda una targa commemorativa, abitò pochi mesi perché con la guerra la famiglia De André, di origine piemontese, sfollò a Revignano d’Asti nella villa con giardino panoramico di 6000 mq della madre (fu messa in vendita nel 2014 per 290.000 euro).

Nel 45 la famiglia tornò a Genova e andò a vivere in via Trieste 8 ad Albaro, un quartiere orientale a ridosso di Boccadasse, il borgo dei pescatori che tanto influenzò vita e opera del cantautore. GE 8317 - la taverna della Cooperativa Pescatori Boccadasse - era il suo ristorante preferito.

All'Albaro trascorse infanzia e gioventù. Frequentò la scuola elementare Diaz di via Cesare Battisti 9, diventata tristemente famosa per il pestaggio dei manifestanti durante il G8 del luglio 2001. E via Piave fu il teatro della sua adolescenza tra amici e scazzottate. Nel 1960 la famiglia si trasferì nella magnifica Villa Saluzzo Bombrini di via Trento, detta Villa Paradiso, affittata il padre Giuseppe, all'epoca vicesindaco di Genova.

Fabrizio è appassionato per la musica già da bambino. A 15 anni si esibisce in un concerto di beneficenza al Teatro Carlo Felice. Seguono serate in club privati e teatri, al Duse e al Genovese, con The Crazy Cowboys & The Sheriff One, la sua band di musica country. Nel 1960 debutta come cantautore solista alla Borsa di Arlecchino, il teatro del Palazzo della Borsa, con la Ballata del Miché, la sua prima canzone, la triste storia di un suicidio in carcere per amore: non è un successo.

Di nuovo all'Albaro, a casa di Paolo Villaggio in via Bovio, nel novembre 1962, svaccati sul divano compongono Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitiers: De André la musica e Villaggio le parole. La inciderà nel 1963, insieme a Il fannullone, nel suo terzo 45 giri: per linguaggio triviale e sfottio dell'autorità diventerà uno dei suoi pezzi più famosi, la rivelazione dell'anarchico che cova in lui.

I Sessanta sono gli anni del fermento musicale genovese. La città sforna artisti come Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Gino Paoli, i New Trolls: si ritrovano con De André e Villaggio al Bar Roby, il locale che sorgeva all’angolo tra via Cecchi e via Cesaregis nel quartiere Foce.

Targa commemorativa dedicata al cantautore e poeta italiano, posta in via del Campo a Genova. In alto, un ritratto in bassorilievo ispirato alla copertina dell'album 'Mi innamoravo di tutto'; sotto, la frase tratta da una delle sue più celebri canzoni, per l'appunto 'Via del Campo': '...dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior'.

 

Il polo d'attrazione furono però i carrugi del porto, le malfamate via Pré (sotto Stazione Principe) e via del Campo “dove c'è una graziosa e se di amarla ti vien la voglia basta prenderla per la mano e ti sembrerà di andar lontano...”. Via del Campo (1967) sarà una delle sue più famose canzoni. Li vicino, in via Buozzi, c'era il Ragno Verde, un bar del porto aperto tutta la notte, frequentato da marinai, ladri e puttane: il ritrovo preferito di De André e Villaggio. In Via del Campo 29 Rosso c'era invece il piccolo negozio di dischi di Giovanni Tassio, il preferito da Fabrizio. É stato trasformato nel Museo Fabrizio De André dedicato ai cantautori della Scuola Genovese con foto, vinili, spartiti, poster, la mitica chitarra Esteve di Fabrizio acquistata qui.

In via del Campo lo ricorda anche una targa con la sua immagine scolpita con l'immancabile sigaretta in mano e la scritta “Dai diamanti non nasce niente. Dal letame nascono i fior...”.

Targa commemorativa dedicata al cantautore e poeta italiano, posta in via del Campo a Genova. In alto, un ritratto in bassorilievo ispirato alla copertina dell'album 'Mi innamoravo di tutto'; sotto, la frase tratta da una delle sue più celebri canzoni, per l'appunto 'Via del Campo': '...dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior'.

 

Via del Campo è il cuore della vecchia Genova portuale, a due passi degli affollati portici di Sottoripa, dai vicoli della Maddalena e dall'ex mercato del pesce di piazza Cavour. La Genova popolare e trasgressiva di marinai, pescatori e camalli, fulcro di criminalità ed emarginazione: la più amata da De André. Narrata in La città vecchia “Nei quartieri dove il sole del buon Dio / Non dà i suoi raggi / Ha già troppi impegni per scaldar la gente / D'altri paraggi”.

Ultima tappa il quartiere residenziale di Sant’Ilario, situato nel Levante tra Nervi e Bogliasco, con la stazione ferroviaria dove De André fece scendere Bocca di Rosa “Appena scese alla stazione / Nel paesino di Sant'Ilario / Tutti si accorsero con uno sguardo / Che non si trattava di un missionario”.

Aveva scritto “La morte verrà all'improvviso / Avrà le tue labbra e i tuoi occhi / Ti coprirà d'un velo bianco / Addormentandosi al tuo fianco”. Ma la sua arrivò dopo una dolorosa malattia. Dopo la morte i funerali di Fabrizio De André si svolsero a Genova il 13 gennaio nella Basilica di Santa Maria Assunta in Carignano, non grande a sufficienza per accogliere una folla di oltre diecimila persone, con personaggi di spettacolo, politica e cultura. Il suo corpo fu cremato e le sue ceneri conservate nella tomba di famiglia al Cimitero Monumentale di Staglieno.

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