20 agosto 2015

Un "nuovo" ominide con la più antica mano simile alla nostra?

Il fossile della falange di un mignolo trovato in Tanzania, nella gola di Olduvai, suggerisce che due milioni di anni fa nella regione vivesse, accanto ad Australopithecus boisei e a Homo habilis, anche un altro antenato dell'essere umano. Indicato con la sigla OH 86, è il più antico degli ominidi scoperti finora ad avere una mano davvero simile a quella degli esseri umani moderni, già adatta a produrre i più sofisticati strumenti di pietra(red)

La prima mano di aspetto perfettamente moderno risale a un periodo compreso fra i 2 e gli 1,8 milioni di anni fa e apparteneva a un ominide, identificato con la sigla OH 86 (Olduvai Hominin 86), che sarebbe vissuto contemporaneamente ad altre specie – come  Australopithecus boisei e Homo habilis – dotate di mani più “primitive”.

Non solo: la mano di OH 86 è più moderna anche di quella di altri ominidi più recenti. Il reperto che lo dimostra è una falange prossimale (quella più vicina al palmo) di un dito mignolo rinvenuta  in Tanzania, nella gola di Olduvai, uno dei sito paleoantropologici più importanti di tutta l'Africa in cui sono venuti alla luce molte delle più significative testimonianze di ominidi fossili.

La scoperta - fatta da un gruppo internazionale di ricercatori e pubblicata su “Nature Communications” - apre quindi la possibilità che in quella regione vivesse un'altra specie ancora, alla quale sarebbe addirittura da attribuire la produzione di strumenti litici più moderni.

Un "nuovo" ominide con la più antica mano simile alla nostra?
La falange di OH 86 confrontata con una mano moderna. (Cortesia Jason Heaton)
Le sofisticate capacità manuali di Homo sapiens sono legate ad alcune caratteristiche morfologiche, come un pollice lungo rispetto alle altre dita, articolazioni robuste e ipertrofia dei muscoli del pollice. Queste caratteristiche permettono infatti una presa polpastrello-polpastrello che coniuga forza e precisione in modo perfetto e senza confronti negli altri ominidi.

Finora si pensava che l'evoluzione di una mano di questo tipo – interpretata come un adattamento utile per fabbricare e usare in modo efficiente strumenti di pietra – fosse avvenuta non prima di 1,6-1,4 milioni di anni fa, anche se i reperti litici più antichi risalgono a 2,6 e 3,3 milioni di anni fa. Si trattava però
di strumenti piuttosto rozzi presumibilmente usati per frantumare le ossa e ricavarne il midollo, che potevano essere prodotti anche da una mano non perfettamente moderna.

La differenza più saliente fra la mano moderna di OH 86 e quella tipica di A boisei, H. habilis (ma anche di altre specie più recenti) riguarda la curvatura della falange: sostanzialmente assente in OH 86, ma presente in misura più o meno accentuata in A boisei, H. habilis, indica infatti un adattamento alla vita arboricola, che in OH 86 era invece andato perso. In altri termini: OH 86 si era adattato a vivere costantemente al suolo.

Un "nuovo" ominide con la più antica mano simile alla nostra?
La falange prossimale di OH 86 ripresa da diverse angolazioni. (Cortesia Manuel Domínguez-Rodrigo)
Sulla base dei rapporti antropometrici sembra inoltre che OH 86 avesse una corporatura più grande di quella degli altri ominidi suoi contemporanei, un'ipotesi questa che - osservano gli stessi autori - andrà confermata da ulteriori ritrovamenti, così come l'ipotesi che si tratti di una nuova specie.

Ma intanto la scoperta ha già aperto un nuovo fronte di dibattito fra i paleoantropologi. Pur con tutte le cautele del caso, Jean-Jacques Hublin, direttore del Max Planck Institut per l'antropologia evoluzionistica, ritiene plausibile l'esistenza di una nuova specie di corporatura più robusta di H. abilis, mentre altri ricercatori, come Tracy L. Kivell dell'Università del Kent, si sono dichiarati piuttosto scettici in proposito.