21 febbraio 2018

Il senso d'ingiustizia nel nostro cervello

Punire un malfattore è più gratificante che compensare una vittima dei torti ricevuti. Il risultato arriva da uno studio che ha utilizzato tecniche di neuroimaging su un gruppo di volontari coinvolti in una serie di simulazioni, scoprendo che nel nostro cervello esistono reti specifiche coinvolte sia nella percezione sia nella risposta alle ingiustizie sociali(red)

Le persone sono particolarmente sensibili all'ingiustizia perché nel nostro cervello esistono specifiche reti cerebrali coinvolte sia nella percezione sia nella risposta alle ingiustizie sociali.

Lo rivela una nuova ricerca sperimentale, condotta da Mirre Stalle della Erasmus University di Rotterdam, nei Paesi Bassi e colleghi di altri istituti olandesi e statunitensi, pubblicata sulla rivista “Journal of Neuroscience”, da cui sono emersi anche alcuni dati interessanti e in parte inaspettati.

Per il nostro cervello, infatti, punire un malfattore può essere più gratificante che soccorrere una vittima. Inoltre, la nostra tendenza a infliggere punizioni è maggiore quando subiamo il torto in prima persona ed è influenzato dai livelli di uno specifico ormone, l'ossitocina.

Il senso d'ingiustizia nel nostro cervello
Illustrazione dei nuclei profondi del cervello: in giallo, lo striato, che si attiva nei meccanismi di punizione (BSIP / AGF)
Lo studio ha coinvolto alcuni volontari in una simulazione, un gioco a coppie in cui un giocatore poteva danneggiare l’altro sottraendogli dei gettoni. Un terzo soggetto poteva osservare il gioco e intervenire punendo il primo giocatore o compensando il secondo per il danno subito. Nel frattempo, i ricercatori conducevano sui volontari una serie di scansioni di imaging cerebrale in grado di evidenziare le aree che si attivavano via via mentre svolgevano il loro compito.

Il primo risultato è stato che ciascun partecipante era più propenso a punire il malfattore quando subiva l’ingiustizia personalmente rispetto a quando aveva il ruolo di semplice osservatore. La decisione di punire era associata all’attività nella porzione ventrale del corpo striato, una regione cerebrale coinvolta nell’elaborazione dei segnali di ricompensa. Le scansioni di neuroimaging hanno inoltre rilevato l'attivazione di altre aree: la porzione anteriore l'insula, associata alle decisioni
di punire il danno subito, e l'amigdala, correlata al grado di severità della punizione.

Nell’infliggere la punizione, un ruolo importante è rivestito dall’ossitocina. Il dato era già noto in termini generali, ma i test hanno circostanziato meglio l'azione di questo ormone. Quando gli sperimentatori l’hanno somministrato ad alcuni soggetti prima dell’inizio dei test, questi tendevano a punire i malfattori più di frequente, anche se con pene più lievi.

Complessivamente, scrivono gli autori, questi risultati forniscono una visione più approfondita dei meccanismi cerebrali fondamentali alla base della punizione e della compensazione dei torti, e illustrano anche l'importanza di adottare un approccio multidisciplinare quando si studiano le componenti complesse dei processi decisionali che riguardano la vita di tutti i giorni.