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“Il padrino e lo scrittore”: Libera Como e FuoriFuoco insieme al Cinema Astra

Emma Besseghini * il . Cultura, Diritti, Giovani, Giustizia, Lombardia, Mafie, Memoria

Dietro le tende dell’entrata del cinema si scopre una stanza di sedie in velluto rosso. Su ciascuna, un foglio colorato, ognuno riportante il nome di una vittima innocente di mafia.

Così si presenta il cinema Astra giovedì 2 marzo alle ore 21.00, per la proiezione del documentario “Il padrino e lo scrittore”, girato dal giornalista e regista Marco Tagliabue e prodotto da RSI (Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana). Il film racconta l’incontro tra il pentito boss e killer della ‘ndrangheta Antonino Belnome e lo scrittore Michele Costa, che ne sta scrivendo la biografia. Dopo la proiezione, organizzata dal Coordinamento di Libera Como, si è tenuto un momento di intervista e dibattito con il regista, gestito dalla redazione del collettivo Fuorifuoco.

La partecipazione all’evento è stata ampia e variegata, vedendo coinvolte persone di tutte le età. In sala erano presenti molti giovani, che hanno dimostrato una grande sensibilità e interesse nei confronti del tema trattato e di cui il regista si è detto piacevolmente sorpreso. Durante il momento di dibattito, il pubblico non ha perso l’occasione per approfondire la tematica e conoscere i retroscena del documentario.

«Come Radio Televisione Svizzera negli anni ci siamo occupati spesso di questi temi – racconta Tagliabue –. Abbiamo raccontato molte storie di persone vittime di mafia e del grande dolore che hanno vissuto, insieme a quello delle loro famiglie. Tuttavia, ci siamo resi conto che questo non bastava: mancava portare sullo schermo questo male anche da un altro punto di vista, dimostrando che la mafia riguarda quotidianamente tutte e tutti noi». Per fare questo il regista ha raccontato il passato e il percorso di redenzione di Antonino Belnome, arrestato il 13 luglio 2010 durante la maxioperazione “Infinito” e diventato successivamente un prezioso collaboratore di giustizia, contribuendo all’arresto di molti esponenti della ‘ndrangheta. Durante le riprese l’ex boss racconta la sua storia per la prima volta al di fuori delle aule di tribunale.

«Parlare di ‘ndrangheta, soprattutto oggi e nel nostro territorio, è fondamentale, perché in Lombardia il fenomeno ha raggiunto queste dimensioni soltanto negli ultimi vent’anni – continua il regista -. La sensibilità nei confronti di queste tematiche è cresciuta molto. Tuttavia, ancora oggi, la sfida che si affronta nel parlarne, sia a livello giornalistico, sia quotidiano, è quella di non descriverle come se fossero dei fenomeni immobili, impermeabili e non sradicabili dalla cultura in cui siamo immersi. Si possono fare delle scelte e le cose possono cambiare».

A livello giornalistico ci si pone spesso l’interrogativo di come parlare di questi temi. La necessità di trovare un compromesso tra l’immediatezza e la velocità richieste dai giornali nella copertura delle notizie e il tempo necessario per fornire un racconto approfondito e di valore, è un quesito molto attuale, soprattutto nell’era nei social. «É una negoziazione continua, che richiede una particolare attenzione soprattutto per temi così complessi e delicati. Bisogna sempre agire nel rispetto delle persone coinvolte», spiega Tagliabue.

Anche Stefano Tosetti, referente di Coordinamento Libera Como, si dice soddisfatto della serata. «Nel nostro piccolo, come coordinamento provinciale, ci poniamo anche l’obiettivo di accendere una luce sulla realtà del nostro territorio, promuovere una informazione che vada a fondo delle cose – racconta Tosetti -. Il lavoro di Marco Tagliabue, da sempre attento alla presenza della criminalità organizzata tra i due lati del confine, va proprio in questa direzione e non si accontenta di fermarsi al fatto di cronaca o al gossip a cui spesso, purtroppo, parte dell’informazione ci sta abituando».

La proiezione del documentario “Il padrino e lo scrittore” si inserisce nella più ampia serie di iniziative “Cento Passi verso il 21 marzo”, eventi promossi dal Coordinamento di Libera Como, in preparazione alla XXVIII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Durante questo percorso verranno proposti momenti di testimonianza, approfondimento e riflessione collettiva sul tema delle mafie. «Il 21 marzo è una giornata nella quale Libera non solo fa memoria delle vittime innocenti delle mafie ma nella quale fa una promessa di impegno per cercare verità, giustizia e dignità a tutte queste persone e ai loro familiari», conclude Tosetti.

I prossimi due appuntamenti  in programma saranno altri incontri con testimoni particolari e preziosi: sabato 11 marzo, a Cantù, con Isabella Novembre, figlia di Silvio Novembre, maresciallo della Guardia di Finanza che collaborò con Giorgio Ambrosoli nelle indagini sul crack del Banco Ambrosiano e giovedì 16 marzo, al cinema Astra, con Paolo Setti Carraro, fratello di Emanuela Setti Carraro, moglie del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Infiltrazioni ‘ndranghetiste in Canton Ticino

Perché la televisione svizzera si interessa di ‘ndrangheta? Recenti inchieste hanno dimostrato che la vicinanza territoriale e culturale tra Italia e Svizzera ha facilitato la nascita di cosche ‘ndranghetiste sul territorio elvetico. Nonostante la Confederazione, rispetto ad altri paesi europei, abbia inserito il reato di organizzazione criminale nel Codice penale «a volte le indagini si bloccano alla frontiera – afferma Alessandra Cerretti, pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Milano in un’intervista durante la trasmissione “60 Minuti” -. I poliziotti e la magistratura continuano ad avere i limiti invalicabili delle proprie legislazioni, mentre la criminalità organizzata si sposta oltre i confini».

Alessandra Dolci, procuratrice e coordinatrice della Direzione distrettuale Antimafia di Milano, durante una tavola rotonda sul tema delle infiltrazioni mafiose tra la Lombardia e il Ticino, svoltasi nell’ottobre 2022, parlava di una “possibile colonizzazione” e di mire espansionistiche da parte della ‘ndrangheta sul territorio elvetico. «Oltre alla vicenda di Frauenfeld, che ha rivelato l’esistenza di incontri mafiosi della criminalità organizzata calabrese nel canton Turgovia, ricordo di avere ascoltato quattro o cinque anni fa un collaboratore di giustizia che riferiva per esempio della presenza di una locale di ‘ndrangheta in territorio svizzero, espressione della locale di Giffone in Calabria e collegata con una cellula di Fino Mornasco, vicino a Como», afferma Dolci.

* Collettivo “Fuorifuoco”

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