Masone: la vita in Appennino

Quando non c’era la A26, definita anche Autostrada dei Trafori, tutto il traffico veicolare transitava sulla strada statale 456 del Turchino, lambendo o attraversando i più piccoli agglomerati di case o le borgate e i paesi veri e propri. 

Partendo da Voltri, delegazione dell’estremo ponente genovese, una via tortuosa risale il versante costiero inoltrandosi in una valle verde e profonda, per poi sbucare, dopo il tunnel del Turchino, in una sorta di paradiso rigoglioso che già più di un secolo addietro, le famiglie benestanti genovesi avevano scelto per costruirvi le proprie dimore di villeggiatura; peraltro, residenze di pregi-o progettate da illustri architetti del calibro di Gino Coppedé (1866-1927) e Riccardo Haupt (1864-1950). Masone è il simbolo di questa via appenninica che, come tante altre, nacque per avvicinare la costa alla Pianura Padana attraversando l’entroterra. Affacciato proprio sulla statale, Masone ha vissuto una lunga storia legata ai transiti e al controllo dei traffici commerciali, condivisa con l’industria siderurgica ante litteram e lo sfruttamento del bosco. La storia di questo paese d’entroterra sarebbe lunga e complessa da riassumere, basti perciò ricordare che già in epoca remota, per il presidio della via di transito mare-monti, e viceversa, Masone fu considerato luogo strategico da presidiare costantemente, tanto che vi fu eretto un importante castello, distrutto a metà Settecento dalle truppe austriache dopo un assedio e la successiva resa a discrezione degli assediati, con accordi poi traditi.

I maligni dicono che a metterci lo zampino furono gli abitanti di Campoligure, da sempre in contrasto con i masonesi, ma non tutti sono d’accordo con questa tesi, e dunque, per il momento, la pace fra i due comuni della valle Stura è destinata a durare, salvo frequenti moti di sano campanilismo… Oggi di quell’importante castello non rimane più traccia: i pochi ruderi furono definitivamente atterrati nel 1790 su ordine della famiglia Pallavicini, allora proprietaria del feudo, per ricavare una grande piazza al centro del cosiddetto Paese Vecchio, distinto dal nuovo agglomerato, edificato nella piana sottostante, definito Paese Nuovo.

Per raccontare uno dei punti di svolta dell’economia masonese, occorre tornare indietro al 1573, quando il futuro doge di Genova, Lazzaro Grimaldi Cebà, acquisì il feudo per trasformarlo in una sorta di caposaldo artigianale specializzato nella lavorazione del ferro, industria tradizionale del luogo da rilanciare con nuove maestranze e cospicui investimenti. L’operazione richiese la costruzione di una serie di case a cornice del castello per alloggiare i lavoratori del ferro, e l’erezione di un monastero che ospitò un gruppo di monaci agostiniani.

E se, come detto, la lavorazione del ferro era già un’attività storica di Masone, altrettanto tale era la produzione di carbone vegetale ricavato dalle distese boschive del comprensorio: due industrie strettamente collegate fra loro, poiché le ferriere necessitavano di carbone di produzione locale, quindi a minor costo, e i boschi masonesi potevano garantirne enormi quantità anche grazie all’abilità e al sacrificio dei carbonai locali. Se a tutto ciò aggiungiamo la ricchezza di corsi d’acqua e dunque la disponibilità di forza motrice per azionare i magli e qualunque altro marchingegno necessario alle varie lavorazioni, il cerchio si chiude.

I momenti di crisi del mercato e l’evoluzione tecnologica, non sempre semplice da inseguire, determinarono, nel tempo, il declino di una certa siderurgia, ma i masonesi seppero specializzarsi nella produzione di chiodi, e quella specifica branca della lavorazione del ferro, rimase attiva almeno fino al XIX secolo. Contemporaneamente, si assistette anche alla rivalutazione del comparto prettamente agricolo, con l’aumento delle superfici coltivate e un certo incremento della zootecnia. Ciò che oggi rimane di quella vocazione secolare legata alla lavorazione del ferro, si può sintetizzare in due filoni distinti: il primo, di carattere storico-culturale, raccolto negli spazi dello splendido museo civico Andrea Tubino, il secondo, altrettanto importante, tramandato di mano in mano nelle botteghe artigiane del posto, specializzate, per esempio, nella costruzione di ancore per natanti o nella produzione di raffinati coltelli artigianali.

Le ancore di Bessini sono conosciute e apprezzate da decenni, tanto che si continua a forgiarle a mano anche su precise richieste destinate a imbarcazioni esclusive. Altrettanto prestigiosi i coltelli di Roberto Ottonello, il quale, fra l’altro, continua a produrre il cosiddetto “Masunin”, il modello più classico della tradizione locale al quale i masonesi sono particolarmente legati.

Se si può dire che il ferro scorra nelle vene dei masonesi, oggi la vocazione primaria, che diventa anche il “prodotto turistico” da vendere all’esterno, è certamente la qualità ambientale e, di conseguenza, tutto il comparto degli sport all’aria aperta. Tanto per cominciare, Masone rientra nel territorio del Parco naturale regionale del Beigua, quindi in un’area di pregio che merita una speciale tutela e certamente, di per sé, attrae visitatori. Naturalmente tutto ciò diventa il contesto ideale per praticare ogni tipo di sport che rientri nel cosiddetto outdoor, con un elenco lunghissimo di specialità che vanno dal più semplice e accessibile passeggio sui numerosi sentieri curati, fino al volo in parapendio.

Nel mezzo si colloca tutta una serie di attività sportive e ludiche fra le quali sta prendendo sempre più campo il comparto legato alla bicicletta, quindi percorsi in mountain bike di tutte le difficoltà. Superfluo ricordare che il territorio masonese, ricco di boschi e corsi d’acqua, rientra fra i più vocati per la raccolta dei funghi, peraltro, in gran parte, praticabile liberamente.

E proprio i funghi costituiscono uno dei prodotti locali di maggior pregio, per le eccellenti caratteristiche organolettiche che i boschi locali conferiscono loro. In generale, la cucina masonese è di forte influenza genovese o ligure con uno sguardo attento anche al vicino Piemonte.

Così, oltre ai tanti piatti a base di funghi, è normale ritrovare nei menù dei locali la pasta col pesto, i ravioli col tuccu (il sugo di carne genovese), gli gnocchi di patate – perché Masone è da oltre due secoli terra di produzione di ottime patate – la cima ripiena, il polpettone di verdure e molte altre specialità liguri.

Tuttavia, la ricetta locale per eccellenza, quella della tradizione più profonda, tramandata dai vecchi e perciò tenuta in grande considerazione seppur piuttosto impegnativa, rimane la Pute, una sorta di minestrone di verdure, variabile secondo le disponibilità, nel quale si fa cuocere la polenta per poi servire l’insieme ancora caldo, oppure scottato a fette una volta raffreddato. Una specialità, questa, condivisa con altre località della valle Stura, ma sempre differente da una zona all’altra e, soprattutto, una sorta di ricetta del cuore che pare emergere dal passato come pietanza unica fin troppo frequente per tanti lavoratori del ferro, carbonai e contadini di queste parti. Naturalmente non poteva mancare una dolce specialità caratteristica del posto. Infatti i krumiri di Masone sono assai rinomati, sia per il loro sapore delizioso, sia per la versatilità che sanno dimostrare diventando complemento ideale per creme dolci come zabaioni, pasticcere e ogni altro dessert al cucchiaio.

L’elenco dei prodotti locali sarebbe ancora lungo, ma la scoperta di un luogo, il “sapore” dell’aria buona, le sensazioni di una passeggiata nella natura o di una visita ai monumenti di pregio, si possono gustare solo vivendo quella località in prima persona.  Masone, con la sua cornice montana, i suoi ruscelli, le foreste e il verde che lo circonda, merita il viaggio.

IL MUSEO CIVICO “ANDREA TUBINO”

Andrea Tubino era un masonese appassionato di recuperi di ogni genere. Nella sua vita raccolse gli oggetti più disparati e negli anni Settanta decise di riunirli in una collezione da esporre al pubblico. Col tempo quel patrimonio di storia, cultura e tradizione locale, ma non solo, si arricchì continuamente, tanto che il museo, oggi ospitato nell’ex convento degli Agostiniani di piazza Castello, nel Paese Vecchio, è uno scrigno prezioso che raccoglie migliaia di oggetti ben esposti e suddivisi per tipologie o per ambiti precisi. Naturalmente non poteva mancare una sezione ricchissima dedicata alla lavorazione del ferro, con la ricostruzione puntuale di una fucina animata dai rumori e dalle voci che accompagnavano quotidianamente il lavoro dei fabbri del passato. Una piccola e storica chicca è costituita dai due forni seicenteschi per il pane, utilizzati per secoli dai frati e oggi perfettamente conservati.  Il museo è aperto tutti i sabati e le domenica dalle 15.00 alle 18.30 oppure su prenotazione telefonando al numero 010 926210.

Sergio Rossi

MASONE GOURMET

(A cura della redazione)

Come accennato nell’articolo di Sergio Rossi uno dei prodotti più rappresentativi di Masone è il Krumiro, il biscotto di pasticceria secca che si fregia del logo Gustosi per Natura del Geoparco del Beigua. Noi li abbiamo assaggiati presso la Pasticceria Vigo, una vera e propria boutique del dolce posizionata nel centro del borgo. La famiglia Vigo gestisce l’attività dal lontano 1950 ed è, come specificato nell’insegna un’antica fonte del dolce. La pasticceria tradizionale ha infatti preso il sopravvento sul servizio al banco affiancandosi alla gelateria artigianale. Il piccolo bar serve un caffè studiato e torrefatto appositamente come accompagnamento ai propri dolci o acquistato per uso casalingo. Il Krumiro, biscotto nato dall’antica ricetta Masonese, ottenuto miscelando farina gialla, zucchero, uova e burro, fino a formare un dorato composto che malgrado la rustica consistenza soddisfa pienamente anche i palati piu’ esigenti. Il Krumiro si sposa perfettamente allo Zabaione del Nonno, prodotto secondo l’antica ricetta tramandata da nonno Vigo. Come da tradizione ligure la produzione comprende baci di dama,  amaretti, crostate, biscotti della salute e il classico e rinomato panettone genovese. La lavorazione artigianale del cioccolato è un’altro fiore all’occhiello della famiglia Vigo che partecipa alle più prestigiose competizioni di cioccolateria.  Basta osservare la vetrina con l’ampio assortimento di cioccolatini, dalle praline ripiene agli squisiti tartufi, boeri al maraschino, soggetti natalizi in cioccolato, uova pasquali di svariate misure e soggetti adatti ad ogni ricorrenza eseguiti con cioccolato di altissima qualità. Per maggiori info: www.pasticceriavigo.com.

Proprio di fronte alla pasticceria si trova il Ristorante La Botte che vi consigliamo per una sosta gourmet. Aperto nel 1978 grazie allo chef Giacomo e ai suoi collaboratori, l’ormai quarantennale ristorante rappresenta un punto fermo nel panorama gastronomico dell’entroterra, coniugando una cucina sofisticata con un ambiente accogliente e informale. Ottimo sia come pranzo veloce, anche nell’ampio dehor all’aperto, che per una cena romantica o con amici. Il menù è un’incontro tra la cucina ligure e quella piemontese con un’offerta di mare e una di terra create con le migliori materie prime che offre la stagione. La carta dei vini, curata dal Sommelier A.I.S. Gabriele, è completissima e privilegia i piccoli produttori, che va letteralmente a “scovare” in loco. Particolare attenzione è dedicata alle etichette della Liguria, del vicino Piemonte e della Toscana, senza però tralasciare i vini del Sud Italia, del Friuli e del Trentino-Alto Adige, garantendo un’ampia scelta di vini biologici, bollicine e vini da dessert. Da qualche anno  la  “Cantina”, offre la possibilità di acquistare al dettaglio i vini e di portar con sé la bottiglia non terminata a fine pasto. Una menzione particolare a tutto il personale al quale vi consigliamo di affidarvi per gustare un ottimo percorso enogastronomico tra Liguria e Piemonte. Per maggiori info visitate il sito: www.labotte78.it Tel. 010.926591.

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