SALVITELLE (SA)
Dal libro "Salvitelle" Itinerario storico dal 700 ad oggi
a cura di Pietro Zirpoli - Patrocinato dall'Associazione Terra delle Selve e
Provincia di Salerno CENNI STORICI.
Le origini storiche di Salvitelle vengono fatte risalire al V/VI secolo dopo
Cristo, quando nella regione le popolazioni lucane si sarebbero rifugiate
sulle alture abbandonando i villaggi delle valli invase da Goti, Bizantini e
Longobardi a partire dal '400 fino ad oltre la metà del secolo seguente. "E'
situata questa terricciola - scrive Giustiniani - su una collina; ma si
vuole che anticamente fosse stata situata un po' più in basso, ove tuttavia
veggonsi avanzi di fabbrica e sonovisi ritrovati delle iscrizioni e resti di
tombe". Nei terreni vallivi circostanti, infatti, numerosi sono stati i
ritrovamenti archeologici romani e preromani, ma una campagna di scavi e di
studi sistematici ed a vasto raggio non è mai stata compiuta. In località
Pareti (tenimento di Buccino) venne alla luce una vasta fortificazione che
controllava la valle del fiume Platano, fortificazione completamente priva
di tracce di edifici all'intemo. La cinta muraria dei Pareti potrebbe essere
la costruzione di un santuario (IV secolo a.c. ?). Come pure a S. Marco,
località in Salvitelle (proprietà Zirpoli) vennero scoperti resti di una
cinta di mura "ciclopica", enormi blocchi irregolari, incastrati secondo una
particolare tecnica, dalla misura di m. 1,50 x 0,90, di calcare locale. La
cinta di mura si affaccia sulla vallata percorsa dal fiume Melandro -
Bianco. Agli inizi degli anni settanta, invero, uno scavo, in zona
Tufariello, fu effettuato da una missione archeologica americana della Brown
University diretta da R. Ross Holloway e venne alla luce un villaggio del
secondo millennio avanti Cristo, età del bronzo, la cui economia, praticando
alcune forme rudimentali di agricoltura, era principalmente basata
sull'allevamento di ovini, caprini e bovini. Molti altri reperti, anche
prima però, erano venuti fortuitamente alla luce senza connessione e
continuità. Molti trafugati, altri distrutti. Cinque epigrafi tombali,
probabilmente risalenti al periodo delle guerre sociali ed inneggiami Marco
Manilio ed altri, incise su plinti rettangolari di pietra, si trovano murate
nella chiesa del SS. Rosario che, insieme a vasellame, a resti di mura ed
acquedotti, nonché diverse sepolture e numerose are funerarie,
testimonierebbero l'esistenza, lungo le valli del Melandro e del Tanagro, di
un "vicus" o di un "fundus" (centro agricolo autonomo) che sarebbe stato,
poi, abbandonato dagli abitanti in seguito alle continue scorrerie
barbariche. Con il dissolvimento dell'impero romano e con le invasioni
barbariche si ebbero questi nuovi insediamenti di sommità in zone, allora,
prettamente boschive. E tale caratteristica naturale sembrerebbe essere
testimoniata anche dal nome stesso di Salvitelle che, per alcuni, trae
origine dal latino "Silvae tellus" (terra di selve o delle selve), e che per
altro verso in un documento o meglio in vari documenti del Settecento viene
riportato come "Selvetelle" (piccole selve). Altra ipotesi sull'origine del
toponimo, secondo altri, potrebbe riferirsi alla tipologia
dell'insediamento, similmente a Sala Consilina ed alla stessa Salerno, quale
"Sala e Vitelli" della omonima gens romana. Il primitivo centro abitato
sorse, dunque, sulla cima di un'altura sulla quale, pare, esistesse già un
fortilizio romano, eretto, dopo la seconda guerra punica, in seguito alla
sconfitta subita dall'esercito romano nella famosa battaglia dei "Campi
Veteres", tenimento di Vietri di Potenza, nel 212 a.c. da parte dei
Cartaginesi. Questo piccolo presidio fu consacrato alla Dea Tellure come lo
spazio libero il più adatto, sia per la sua feracità che per la sua
bellezza, a venerare la Dea. Salve Tellus! ripetevano i legionari di Marco
Manilio (ritenuto da alcuni il fondatore del paese) quasi a propiziarsi la
Dea ... Salve Tellus! scandivano con ritmo devoto tutti i residenti
nell'euforia bacchica prodotta da quel vino meraviglioso del posto ... E
questo saluto, che era una invocazione, un ringraziamento ed una preghiera
rivolta alla dea dagli abitanti del luogo, divenne, secondo alcuni storici
dei secoli scorsi, il nome del paese. Salve Tellus ex templo Telluris
nuncupata nunc Salvetella (Mons. Arcangelo Lupoli) (Salve Tellus o Terra
(come divinità nutrice) dal tempio di Tellure (è) chiamata ora Salvitelle).
L'attaccamento a questa divinità fu tale che i salvitellesi resistettero
moltissimo alla infiltrazione cristiana e quando Roma era già convertita,
Salvitelle si stringeva ancora intorno all'antica divinità. Quando, però, la
religione di Cristo conquistò i cuori di questi montanari essi divennero
religiosi fino al fanatismo e nel 1500, in uno di questi impeti, secondo una
leggenda popolare, distrussero l'icona della dea che era un saggio di
pittura romana. Devoti a Maria Santissima, i salvitellesi dedicarono a Lei
la chiesa dell'antica dea con il nome di "S. Maria Capua Vetere" e dopo la
vittoria di Lepanto (1571) fu dato alla Chiesa il nome del SS. Rosario.
L'origine del paese, dunque, come quella del nome Salvitelle è molto
discussa. Al tempo dei Longobardi, scrive G. Lamattina, il paese aveva già
una sua autonomia con amministratori e magistrati eletti dal "conventus
civium", sorto con la fine dell'Impero, e tale forma di governo rimase anche
quando, tra 1'844 e 1'853 dell'era volgare, dal Ducato di Benevento si
staccò il Principato di Salerno. Scesero poi i Normanni, avventurieri senza
scrupoli, che, approfittando dei dissidi e delle debolezze dei duchi
longobardi, in pochi decenni si impossessarono di tutto il Mezzogiorno. E
Salvitelle cadde sotto il dominio di qualche guerriero normanno il quale,
esautorata l'autorità del "conventus civium", assunse i pieni poteri civili
e militari del piccolo feudo. Ma verso la seconda metà del secolo XII
Salvitelle passa sotto il dominio dei feudatari normanni di Caggiano. "Rogerius
de Cajano tenet Silvitellam, quam dixit feudum 1 militis ..., scrive
Alberigo da Montecassino nel "Catalogus Baronum". Nei secoli successivi ai
Normanni di Caggiano subentrarono i Gesualdo e la posizione giuridica di
Salvitelle non cambiò. Don Luigi Gesualdo, avendo bisogno di danaro, intorno
al 1580, vendette il nostro paese all'Università di Caggiano e questa, a sua
volta, verso la fine del secolo successivo e precisamente nel 1674, lo
vendette a Don Nicola Potenza. Fino al '700, come gran parte dei piccoli
centri del Mezzogiorno, Salvitelle fu teatro di continue incursioni di
eserciti stranieri, i quali miravano soprattutto ad impadronirsi del luogo
per la sua posizione strategica. Fu, altresì, tormentato dai soprusi dei
feudatari a cui bisognava versare cospicui tributi. Fu colpito da pestilenze
e carestie. "Dalla peste che nella metà del secolo XIV devastò l'Italia,
Salvitelle ebbe a soffrire grandissimi guasti, scrive Don Alessio Lupo, e si
ha memoria che solo diciassette case vi restarono aperte con pochissimi
individui che poterono salvarsi da quel tremendo flagello. Dopo quell'epoca
funesta parecchi naturali di Caggiano passarono ad abitarvi e di anno in
anno ne accrebbero nuovamente la popolazione". E tali calamità, compreso il
terremoto, si ripeterono ancora nei secoli successivi. Subì le conseguenze
del malgoverno spagnolo quando, con la caduta degli Aragonesi nel XVI
secolo, Francesi e Spagnoli si contesero il Reame di Napoli. I nuovi
padroni, gli Spagnoli, considerarono il Mezzogiorno una terra di conquista.
Nuove tasse si aggiunsero alle antiche, i soprusi e gli oneri fiscali si
centuplicarono. Le nostre contrade divennero lande deserte, squallido regno
di briganti e malandrini. La povera gente preferì il vagabondaggio o la
migrazione verso contrade più tranquille e meglio governate. Ad aggravare,
infine, la situazione vi fu il dilagare dell'usura nata per i gravi
squilibri sociali provocati dal regime feudale. A queste condizioni di
miseria, in cui versava anche il popolo salvitellese, non rispondeva e non
rispose, purtroppo, l'interessamento dei Governi centrali. Rispose, invece,
solo l'intervento generoso dei singoli cittadini che, tramite lasciti,
consentirono il sorgere di "ospizi" e la istituzione dei "Legati pii dei"
Monti frumentari" e dei "Monti pecuniari", i cosiddetti Monti di Pietà.
"Queste abbondanti istituzioni di beneficenza che offre Salvitelle scrive
Don Alessio Lupo - depongono dello spirito caritatevole e generoso di quelle
famiglie che le fondarono a sollievo della classe indegente la quale trova
non piccolo sollievo nel poter facilitare il collocamento di ben diciassette
zitelle ogni anno".
tratto da:
http://www.comune.salvitelle.sa.it