Dare agli altri la colpa della propria infelicità è un esercizio di malafede collaudato, una tentazione alla portata di tutti. Ed è ciò che prova a fare anche il protagonista di questo romanzo. Almeno fino a un certo punto.
Figlio unico di una strana famiglia disfunzionale, con genitori litigiosissimi e assediati dai debiti, è stato un bambino introverso, abituato a bastare a se stesso e a cercare conforto nella musica e nei propri pensieri. Cresciuto in una dimensione rigidamente mononucleare – senza mai sentir parlare di nonni e parenti in genere -, sulla soglia dell’adolescenza scopre che naturalmente un passato c’è, ed è anche parecchio ingombrante.
Accade così che un terribile fatto di sangue travolga il protagonista facendo emergere i traumi fino a quel momento rimossi. Da un giorno all’altro entrerà a far parte di una famiglia nuova di zecca, in cui inaugurerà una vita di clamorosa impostura. Ipocrisie, miserie, rancori e infelicità: pensava di esserseli definitivamente lasciati alle spalle, ma dovrà prendere atto che si tratta di veleni che infestano tutte le famiglie. Impossibile salvarsi.
Alessandro Piperno (Roma 1972) insegna letteratura francese a Tor Vergata. È curatore della collana “I Meridiani” e collabora con il «Corriere della Sera». Nel 2005 ha pubblicato per Mondadori Con le peggiori intenzioni, il suo primo romanzo, vincitore del premio Campiello Opera prima. Nel 2010 è uscito da Mondadori Persecuzione, che in Francia è stato finalista ai premi Médicis e Femina e ha vinto il Prix du meilleur livre étranger, e che insieme a Inseparabili (premio Strega 2012) dà vita al dittico dal titolo Il fuoco amico dei ricordi. Nel 2016 è uscito Dove la storia finisce, nel 2021 Di chi è la colpa e nel 2022 Proust senza tempo. È autore inoltre di vari saggi.
Un romanzo che interroga alcuni massimi sistemi usando la prima persona dell’esordio di Piperno, Con le peggiori intenzioni.
“Una voce che poi avevo soppresso ed era riemersa in certi articoli sul “Corriere” che mescolavano ironia, riflessione, ma anche una certa tenerezza ha spiegato . Quello è stato il primo nodo. L’altro è l’amore sconfinato per il romanzo vittoriano, particolarmente per Dickens e George Elliot. Entrambi hanno uno strano modo di lavorare sull’io, immergendolo in una storia con peripezie e drammi, dove c’è sempre anche un secondo piano, quello dell’introspezione, della presa di coscienza”.
Ma c’è pure una questione legata al titolo:
“Non mi piace fare discorsi politici, ideologici, però penso che uno dei problemi dell’Italia sia la scomparsa dell’idea della responsabilità individuale. Ciascuno di noi, io stesso, per dare un senso al suo sconforto, alla crisi economica, a tutto quello che rende le nostre vite così difficili tende a cercare un colpevole: i politici, i giornalisti, i neri, gli immigrati, gli ebrei, insomma gli altri. È colpa di tutti ma non mia. Oppure c’è un pensiero ancora più vertiginoso che ho cercato di indagare: la colpa non è di nessuno”.
L’indagine Piperno la conduce attraverso la figura di un ragazzino senza nome che cresce in un contesto disfunzionale:
“Una famiglia piccolo borghese con un padre un po’ cialtrone e una madre severa e calvinista ha spiegato lo scrittore. Il suo dramma è non saper nulla delle sue origini, di che cosa c’è dietro i genitori, come se fossero nati dal nulla. Questo crea in lui la paura, che credo tutti abbiamo avuto, di perdere l’unico bene che ha”.
Poi però succede qualcosa…
(Alessandro Piperno intervistato da Cristina Taglietti sul Corriere della sera)