La mezza stagione

Film 2015 | Drammatico 90 min.

Titolo internazionaleLate Season
Anno2015
GenereDrammatico
ProduzioneItalia
Durata90 minuti
Regia diDanilo Caputo
AttoriEspedito Chionna, Michela Di Napoli, Francesco Giannico .
TagDa vedere 2015
MYmonetro 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Danilo Caputo. Un film Da vedere 2015 con Espedito Chionna, Michela Di Napoli, Francesco Giannico. Titolo internazionale: Late Season. Genere Drammatico - Italia, 2015, durata 90 minuti. - MYmonetro 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento giovedì 16 aprile 2015

Un film che racconta personaggi dell'Italia di oggi.

Consigliato sì!
3,25/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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Cinema
Un audace incrocio tra racconto sulla fine del mondo e spaccato realista, una commedia umana antispettacolare, di sconfitti e impotenti.
Recensione di Raffaella Giancristofaro
Recensione di Raffaella Giancristofaro

Un autobus di cui non vediamo il conducente termina il suo percorso e gira a luci spente nella notte. Al capolinea sono scesi un uomo col cappotto e una giovane donna che stringe in braccio un bambolotto. È il prologo di La mezza stagione, che ritrae in quadri rigorosamente fissi (o in camera car) un piccolo centro non definito del Sud Italia. Qui tre personaggi galleggiano con difficoltà tra immobilismo, tentazione di fuga, una soffocante, pervasiva ritualità religiosa e un patriarcato castrante. Sono Giovanni (precario, esaurito), Cesare (aspirante musicista, temporaneamente portiere d'albergo e collega di Giovanni), Sissi (tormentata nei sogni dal padre appena defunto, che le chiede con insistenza una sua camicia). Sul paese, che una targa e i titoli di testa indicheranno nella provincia di Taranto, incombono un sentore di apocalissi e tragedia: un neonato trovato vivo abbandonato in un cassonetto, funerali, mancanza di prospettiva, affettiva e lavorativa. Mentre ai margini dell'abitato l'uomo senza nome sceso dall'autobus allude al Divino che porterà la confusione dell'uomo, la gente attende un prodigioso guaritore orientale preceduto da manifesti. Intanto, incorniciati da prologo ed epilogo, scorrono nove capitoli, annunciati da un display collocato sopra una saracinesca abbassata, in un poligono di tiro, sul bancone di una macelleria.
S'intitola "Suoni e rumori" il primo segmento di La mezza stagione, che lavora incessantemente sulla colonna audio, alternando presa diretta a un editing elaborato (di Francesco Albertelli, Gianluigi Gallo e Marco Saitta). È un dato decisamente straordinario nel nostro cinema. Si lega al fatto che personaggio di Cesare vorrebbe registrare suoni naturali e rielaborarli per fare musica elettronica, certo, ma che si rivela anche il principale vettore di una tensione che attraversa il film e ne enfatizza il contrasto tra rurale e moderno. 84 minuti in cui - nella presa diretta - suonano un karaoke stonato di "Su di noi" di Pupo, le campane della chiesa che tolgono il sonno e la ragione a Giovanni e gli altoparlanti che diffondono la messa.
La mezza stagione è audace incrocio tra racconto sulla fine del mondo e spaccato realista. Il titolo allude a un tempo incerto, ambiguo, indeterminato come le esistenze bloccate dei personaggi in campo. E tale sospensione è esaltata in parallelo dall'uso della camera e dalla fotografia asciutta, essenziale di Bastian Esser, che accumula paesaggi e interni che diventano quasi lunari, metafisici. Ci piace questo primo lungometraggio super indipendente, pervicacemente inseguito da Caputo, tarantino classe 1984 - un soggetto selezionato al Campus della Berlinale e poi sviluppato con Valentina Strada - perché non si affida a dialoghi esplicativi, utilizza bene un cast di quasi tutti non professionisti e soprattutto lascia allo spettatore il tempo e la concentrazione per interpretarlo.
Una commedia umana antispettacolare, di sconfitti e impotenti, dal fascino misterioso, che spinge a rimettersi in ascolto dei luoghi, di sé, e per traslato dell'universo, a condividere la ricerca di senso che accomuna i protagonisti. Sempre che l'umanità non abbia già toccato il capolinea dell'autodistruzione.

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