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Parto naturale: tutto quello che c'è da sapere

di Valentina Murelli - 20.09.2023 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Parto naturale: come si svolge, che vantaggi ha, come gestire e alleviare il dolore. Tutto quello che bisogna sapere per prepararsi al grande giorno

In questo articolo

Parto naturale

Ci siamo: la gravidanza è quasi al termine e si avvicina il momento del parto. Se non è già stato programmato un cesareo per qualche motivo medico, probabilmente la mamma è piena di dubbi e preoccupazioni. Ecco allora tutto quello che c'è da sapere sul parto naturale,

Che cosa si intende davvero per parto naturale?

La parola "naturale" non deve trarre in inganno: non parliamo per forza di situazioni estreme, come quelle di chi decide di partorire in mezzo alla natura. In realtà, per parto naturale, o spontaneo, si intende che avviene per via vaginale senza il bisogno di aiuti medici, come l'utilizzo della ventosa per favorire l'uscita del bambino o la somministrazione di ossitocina per stimolare le contrazioni. In quest'ultimo caso, il parto è comunque vaginale ma viene detto operativo.

Spesso, comunque, il termine parto naturale è utilizzato semplicemente per indicare il parto che avviene senza ricorso al cesareo, che sia operativo o meno.

"Non è facile sapere quanti siano in Italia i parti operativi e quelli completamente spontanei" afferma Anna Locatelli, direttore della Struttura Complessa di Ostetricia della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, professore associato all'Università di Milano Bicocca.

Sappiamo invece quanti sono i parti naturali rispetto a quelli con taglio cesareo: secondo  i dati recenti i parti cesarei sono il 31,12% del totale (con una punta del 45,2% nelle regioni del Sud). Decisamente troppi, se si considera che per l'Organizzazione mondiale della sanità i tagli cesarei non dovrebbero superare il 15%.

Tutto sommato, il principio del parto - che avviene in tre o quattro fasi a seconda del tipo di classificazione utilizzata - è piuttosto semplice.

  1. Si parte con una fase prodromica, di preparazione, nella quale i tessuti della mamma si preparano al passaggio e all'uscita del bambino. A volte, questa fase passa del tutto inosservata, mentre in molti casi si accompagna a contrazioni preparatorie, che sono abbastanza irregolari e più o meno intense, ma comunque sopportabili. Molte donne le paragonano a dolori mestruali.
  2. La seconda fase è quella del travaglio attivo e si distingue a sua volta di due parti: la fase dilatante e quella espulsiva. Come dice il nome, la fase dilatante è quella nella quale avviene la dilatazione completa del collo dell'utero ed è caratterizzata da contrazioni sempre più ravvicinate e intense. "Storicamente l'inizio di questa fase veniva fatto coincidere con l'avvio della dilatazione" spiega Anna Locatelli. "Negli anni Novanta, però, un documento dell'Organizzazione mondiale della sanità ha indicato come momento di inizio quello in cui la dilatazione raggiunge almeno i 3 centimetri. E ora c'è una certa corrente di pensiero proveniente dagli Stati Uniti che vorrebbe spostare questo momento ancora più in avanti, a 4/6 centimetri".
  3. La fase espulsiva è il momento delle spinte, che portano alla nascita del bambino.
  4. Infine, c'è il secondamento, cioè l'espulsione della placenta.

Quanto dura il parto?

È la domanda da un milione di dollari: se lo chiedono tutte, preoccupate dai racconti di amiche o familiari che parlano di travagli durati un numero infinito di ore.

"In realtà non ci sono tempi fissi" commenta la ginecologa Anna Locatelli "La durata di ogni fase del parto è molto variabile da donna e donna e può dipendere da tanti fattori, sia fisici, come le caratteristiche dei tessuti della mamma e le dimensioni del bambino o delle pelvi, sia ambientali".

In altre parole, sembra che anche il modo in cui la donna vive il parto - se e come si sente sostenuta da chi le sta vicino, se può camminare o meno, se e come viene lenito il suo dolore - possa influire sulla sua durata.

Volendo comunque dare qualche indicazione temporale di riferimento, si possono prendere per buone le linee guida inglesi per il parto fisiologico, secondo le quali al primo parto la durata del travaglio fino alla fase espulsiva non dovrebbe superare le 18 ore (che scendono a 12 nel caso di figli successivi). "Insomma, resta valido il vecchio detto secondo il quale non bisogna lasciare che il sole tramonti due volte su una donna che deve partorire" commenta Locatelli.

Partorire con dolore? Non è detto!

Come tutti i dolori, anche quello del parto è molto soggettivo. Ci sono donne che ritengono insopportabili già le prime contrazioni, altre - quelle davvero fortunate! - che arrivano alla fase espulsiva quasi senza accorgersene. Resta il fatto che, secondo la letteratura scientifica sull'argomento, quello del parto è il dolore più violento che una donna possa sperimentare nella vita.

Per fortuna, oggi è possibile evitare o ridurre significativamente questo dolore, anzitutto grazie all'anestesia epidurale, il metodo considerato più efficace, anche se non è del tutto privo di effetti collaterali. Per potervi accedere occorre fare una visita anestesiologica nell'ultimo trimestre di gravidanza ed eseguire alcuni esami del sangue. Il problema, però, è sempre lo stesso: non tutti i punti nascita offrono il servizio 24 ore su 24, perché deve sempre essere presente un anestesista e non è detto che sia così.

Più di recente, alcuni ospedali italiani (pochi, per la verità) hanno cominciato ad offrire la possibilità di partorire con protossido d'azoto o gas esilarante, un gas innocuo dal lieve effetto euforizzante e analgesico, che permette di alleviare i dolori di travaglio e parto. Anche questo metodo, però, non è privo di limiti: oltre a essere molto costoso (e anche per questo poco diffuso), può provocare nausea e malessere.

Oltre ai metodi farmacologici, sono molte le strategie "naturali" e soft che possono essere tentate per cercare di soffrire meno: dall'aromaterapia, dall'ipnosi ai massaggi.

Va detto però che, secondo un ampio studio condotto dalla Cochrane Collaboration, un'importante iniziativa internazionale che si occupa di revisione critica delle informazioni sugli interventi sanitari, per molte di queste strategie non ci sono ancora dati sufficienti per dimostrare che sono davvero efficaci.

E comunque, il parto non è solo dolore!

È inevitabile: quando si pensa al parto, il pensiero corre subito alle contrazioni e al dolore che si proverà. "E però il parto non è solo questo ed è un peccato che tutto il discorso si fermi lì!" afferma Roberta Spandrio, ostetrica presso l'ospedale San Gerardo di Monza e tra le autrici del libro Fisiologia della nascita (Carocci, 2014).

Secondo Spandrio, ci sono in gioco tanti altri sentimenti, che negli anni a venire torneranno sempre in mente quando si ricorderà il momento in cui è nato il proprio bambino. "Spesso c'è un insieme di emozioni contrastanti: paura, ma anche gioia per l'arrivo imminente del bambino, oppure timore di non farcela intervallato alla sensazione di essere invincibili" commenta l'ostetrica. "Senza contare i momenti di condivisione con il papà, i suoi sguardi teneri o preoccupati, certe dinamiche di coppia davvero molto belle".

Non è un caso che molte donne già pochi giorni dopo la nascita del loro primo figlio dichiarino che rivivrebbero volentieri l'esperienza del parto.

"Non succederebbe se in gioco ci fosse solo il male" conclude l'ostetrica.

Come capire che è arrivato il momento del parto

Uno dei timori principali delle donne incinte, specialmente se sono al primo figlio, è di non accorgersi che il parto sta per arrivare e, di conseguenza, di non arrivare in tempo in ospedale. In realtà, questo non succede praticamente mai, ed è anzi molto più frequente precipitarsi in ospedale quando è ancora troppo presto.

"Se la donna è già al secondo bambino, il problema non si pone, perché riconosce immediatamente la prima contrazione seria", spiega l'ostetrica Roberta Spandrio. Anche al primo parto, però, è difficile sbagliarsi: "Ci sono sempre delle avvisaglie, per esempio la perdita del tappo mucoso, che però può precedere anche di qualche giorno l'inizio del travaglio". In generale, la maggior parte delle donne racconta di aver provato, ancora prima che partissero le contrazioni, la sensazione di qualcosa di diverso: "C'è chi si sente particolarmente stanca, oppure inquieta" racconta Spandrio.

Le contrazioni, comunque, sono difficili da ignorare: diventano sempre più frequenti, regolari e intense, annunciando che davvero il momento è vicino. Senza contare che, in alcuni casi, può anche esserci la rottura delle acque (o, meglio, delle membrane), con perdita più o meno abbondante di liquido.

Cosa faccio quando inizia il travaglio?

"Quando si capisce che il parto si avvicina, spesso si viene prese dal panico, ma bisogna stare tranquille, ed evitare di precipitarsi in ospedale, perché se si viene ricoverate, la gestione della fase prodromica del parto diventa più difficile e meno personalizzabile" consiglia l'ostetrica Roberta Spandrio. Secondo la quale il momento migliore per andare in ospedale è quando le contrazioni diventano regolari e si verificano all'incirca ogni cinque minuti per almeno due ore.

E se insieme alle contrazioni compare sugli slip un po' di sangue misto a muco? "Niente paura: è tutto assolutamente normale.

Anzi, è un segnale positivo, che indica che il processo ormai è in moto. In ogni caso, ricordiamoci sempre che in questa fase si possono ancora avvertire i movimenti del bambino e che la loro presenza è sempre tranquillizzante".

Certo, far passare il tempo, con le contrazioni - e l'ansia - che aumentano non è sempre facile, ma qualche trucco può essere d'aiuto. "Per esempio, fare un bel bagno caldo, possibilmente in vasca, con acqua attorno ai 37 °C" suggerisce Spandrio. "Aiuta a rilassarsi, calmando i nervi e attenuando la sensazione di dolore". "E ancora, cercare il più possibile di distrarsi, compatibilmente con il dolore. Magari riposare, se è notte, oppure leggere o ascoltare musica".

Mangiare e bere è consentito, anzi consigliato: "L'utero è un muscolo, per fare bene il suo lavoro ha bisogno di energia, che ricava appunto da cibi e bevande".

Come scelgo dove nascerà il mio bambino?

"Spesso l'unico criterio di scelta dell'ospedale in cui partorire è la vicinanza" afferma l'ostetrica Roberta Spandrio. "Se da un lato è comprensibile che sia così, dall'altro è anche un po' sorprendente, perché si ha la sensazione che la donna non sia davvero protagonista di questa scelta e un po' la subisca, in base alle condizioni esterne".

Secondo l'ostetrica, invece, è davvero importante cominciare a pensare per tempo dove e come si vuole partorire. "Non nelle ultime settimane di gravidanza, ma già da prima, perché i parametri da tenere in considerazione sono tanti". Per esempio: si desidera un parto in ospedale, o in una clinica privata, o magari si è tentate dalle case di maternità o dal parto in casa?

E ancora: si desidera evitare a ogni costo il cesareo, a meno che non ci sia un'emergenza? Allora meglio informarsi sulle percentuali di cesarei fatte nell'ospedale prescelto, tenendo in considerazione se è un centro di primo o secondo livello (dove ci sta che le percentuali siano un po' più alte, perché vi afferiscono anche i casi più complicati).

Stesso discorso per pratiche come l'episiotomia o l'induzione di travaglio, che in alcuni centri vengono praticate di routine, senza chiare indicazioni mediche. Va detto però che in questi casi è più difficile ottenere dati.

Il piano del parto

Potrebbe essere utile redigere un piano del parto, in cui indicare le proprie preferenze rispetto a come si vorrebbe che andasse l'evento, per esempio il desiderio di poter assumere qualunque posizione desiderata o di evitare pratiche invasive come la somministrazione di ossitocina per favorire le contrazioni o l'episiotomia.

Attenzione, però: in Italia il piano del parto non ha valore legale e i medici non sono tenuti a rispettarlo. Alcuni non lo accettano neppure e di sicuro non viene inserito nella cartella clinica della paziente. "In alcuni ospedali, invece, viene discusso preventivamente con la donna, in modo da capire bene quali sono le sue richieste e di spiegarle quali possono essere le motivazioni mediche di certe procedure" commenta Anna Locatelli.

Quindi, tutto sommato, vale la pena farlo: per chiarirsi bene le idee e per sapere di cosa discutere con il proprio medico o con il responsabile della sala parte dell'ospedale in cui si intende far nascere il proprio bambino.

Ho scelto il parto naturale... come evitare che finisca in cesareo?

Lo abbiamo detto: in Italia la percentuale di tagli cesarei è molto elevata, più di quanto sarebbe necessario per garantire la salute di mamma e bambino. Diciamolo subito: il cesareo non va demonizzato, a volte è importantissimo per salvaguardare salute e benessere di mamma e bambino. Atre volte, però, scatta semplicemente perché il parto sembra andare troppo per le lunghe, o perché la donna appare troppo stanca e sconfortata o per ragioni di comodità della struttura.

Eppure, ci sono delle strategie che, secondo quanto riportato dalla letteratura scientifica internazionale, aiutano a ridurre il rischio che un parto naturale si trasformi, a un certo punto, in un cesareo. Eccole.

  • La possibilità di scegliere liberamente la posizione in cui stare;
  • La possibilità di fare il travaglio in acqua;
  • La relazione uno a uno con un operatore, cioè l'assistenza costante e diretta da parte di una persona, in genere l'ostetrica, possibilmente di fiducia. In realtà in Italia questo non è tanto frequente, almeno in ospedale, perché la personalizzazione dell'assistenza in molti casi non è prevista. Però ci sono ospedali che si stanno muovendo in questa direzione, per esempio assicurando turni più lunghi o più flessibilità del proprio personale. Inoltre, sempre a questo proposito si sta facendo strada la figura della doula, che potrebbe svolgere un ruolo interessante di sostegno emotivo alla partoriente.

Il parto cesareo è associato a un aumento del rischio di placenta previa in gravidanze successive. E dopo un primo cesareo, spesso si partoriscono così anche i figli che vengono dopo.

Ma attenzione: il VBAC, il parto vaginale dopo cesareo è una possibilità concreta: "Ormai ci sono tantissimi dati a favore: tentare un travaglio di prova è sicuramente una scelta ragionevole" conclude Locatelli.

Sempre più spesso le donne scelgono di partorire in acqua. Un articolo pubblicato dalla Cochrane Collaboration ha messo insieme i risultati di varie indagini scientifiche sull'argomento, per concludere che l'immersione in acqua durante il travaglio riduce il ricorso ad anestesia epidurale o spinale e anche la durata stessa del travaglio.

Parto naturale come prepararsi

Il modo migliore per arrivare preparate al parto naturale è quello di sapere cosa ci aspetta, frequentando un corso preparto, ad esempio, possiamo porre tante domande a ostetriche, pediatri, infrmiere e apprendere le migliori tecniche di rilassamento, respirazione e gestione del dolore.

Tutti i vantaggi del parto naturale

L'idea del parto vaginale, lo abbiamo detto, può spaventare. E allora, perché non concentrarsi sui tanti vantaggi della nascita naturale?

"Tanto per cominciare c'è la grande soddisfazione che ne trae la mamma" sottolinea la ginecologa Anna Locatelli. "Il parto è un'esperienza davvero rilevante, che la donna ricorderà per sempre perché rappresenta una massima espressione di sé, sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico".

E oltre a questo ci sono i vantaggi "pratici", a partire dal fatto che la ripresa è molto veloce. Già pochissimo tempo dopo la nascita, la mamma può muoversi, camminare, farsi una doccia. Magari si sente un po' "ammaccata", ma non ci sono dolori importanti, a differenza di quanto accade con il cesareo che è sempre un intervento chirurgico.

Altri vantaggi sono una maggior facilità nell'avviare bene e subito l'allattamento - magari già in sala parto - e una maggiore probabilità di allattare anche a lungo termine, meno rischi per il neonato, soprattutto in termini di problemi respiratori e, infine, meno rischi per le gravidanze e i parti futuri.

Domande e risposte

Cosa si intende per parto naturale? 

Per parto naturale, o spontaneo, si intende quello che avviene per via vaginale senza il bisogno di aiuti medici.

Quanto dura un parto naturale? 

Secondo le linee guida inglesi un parto naturale non dovrebbe durare più di 18 ore. In realtà non ci sono tempi fissi. La durata di ogni fase del parto varia da donna e donna e può dipendere da tanti fattori.

Qual è il momento migliore per andare in ospedale per il parto? 

Il momento migliore per andare in ospedale è quando le contrazioni diventano regolari e si verificano all'incirca ogni cinque minuti per almeno due ore.

Revisionato da Francesca Capriati

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