Entri, e la visione ti incanta. E un po’ ti confonde. Chi visita la Cappella Sistina e ne osserva le meraviglie, si ritrova quasi sopraffatto dal trionfo di immagini: 2.500metri quadrati di pittura che impreziosiscono le pareti e la volta. La Sistina è la grande attrazione dei Musei Vaticani che, diretti dal 2017 da Barbara Jatta, si trovano nella Città del Vaticano: in questo periodo accolgono in media 23 mila persone al giorno. L’arte custodita nella Sistina rappresenta la divina grandezza e l’umana miseria, cielo e terra, salvezza e peccato. La sua immensità simbolica non si riesce a comprendere al primo sguardo: merita visioni e riflessioni. Qui la raccontiamo attraversando storie, anche segrete, che vanno oltre le scene raffigurate. E in questa “scatola dipinta”, come l’ha sempre definita con affetto Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani dal 2007 al 2016, sono infinite, racchiuse tra arte, spiritualità, umanità.
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LA SINTESI DELLA TEOLOGIA CRISTIANA – La Sistina rappresenta una sintesi artistica della teologia cristiana: dalla Creazione del mondo al Giudizio Universale. Prende il nome da Papa Sisto IV che, tra il 1477 e il 1480, fece ristrutturare l’antica Cappella Magna. Sulle pareti, affrescate tra il 1481 e il 1483, sono dipinte, nella parte centrale, le vite di Mosè e di Cristo, quindi l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento.
Queste opere hanno tante firme importanti: Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Cosimo Rosselli. La volta che ammiriamo è opera di Michelangelo: Papa Giulio II, nipote di Sisto IV, gli affidò l’impegno nel 1508. E pensare che, in un primo momento, Michelangelo aveva provato a dire di no al Pontefice. Più o meno con queste motivazioni: “Sono uno scultore e la Sistina non mi piace, mi sembra un granaio”. Ma, dopo aver detto finalmente sì, in quattro anni affrescò 1.080 metri quadrati di soffitto con più di 300 figure. E nelle nove scene centrali della volta rappresentò le Storie della Genesi, dalla Creazione alla caduta dell’uomo nel peccato.
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COLPÌ ANCHE ALBERTO ANGELA - Qui si trova la celebre Creazione di Adamo. Questa immagine di Dio che quasi tocca la mano dell’uomo è anche tra quelle che più colpiscono Alberto Angela, il grande divulgatore che alla Sistina ha dedicato un libro, Viaggio nella Cappella Sistina (pubblicato da Rizzoli e da Edizioni Musei Vaticani) e una monografia tv con Ulisse – Il piacere della scoperta. «Sulla volta della Sistina ci sono due aspetti che mi hanno sempre impressionato», dice Alberto Angela a Oggi. «Il primo riguarda Michelangelo: gli viene chiesto di fare degli affreschi, ma lui, da scultore, non li ha mai realizzati. Così, quando arriva a Roma, si fa aiutare da due esperti, che poi manda via e si mette al lavoro. E questo dimostra ancora una volta la sua genialità. L’altro aspetto è legato all’immagine del tocco tra Dio e Adamo. Le loro dita sono vicine, ma non si capisce se il tocco c’è stato o deve avvenire e quello spazio tra l’indice della mano di Dio e quello della mano dell’uomo disegna una distanza piccola che appare infinita. Questo dettaglio non è di Michelangelo. O meglio, in realtà lui lo aveva realizzato, ma una crepa della volta della Sistina lo ha rovinato e quello che ammiriamo oggi è di un altro pittore. Eppure, questa è una delle immagini artistiche più famose al mondo, come la Gioconda».
In principio, però, sulla volta c’era un cielo stellato: era stato dipinto da Pier Matteo D’Amelia. Infatti, quando la Cappella Sistina fu consacrata e dedicata all’Assunta, da Sisto IV, il 15 agosto 1483 (e quest’anno si contano ben 540 anni), la volta era blu e piena di stelle. Ma, dopo un cedimento del terreno, si creò una crepa e fu chiamato appunto Michelangelo, che la illuminò di trascendenza e umanità.
IL GIUDIZIO UNIVERSALE – Dopo aver affrescato la volta, Michelangelo fu poi incaricato da Clemente VII di dipingere la parete della Sistina che si trova dietro l’altare: qui c’era una pala del Quattrocento con la Vergine Assunta del Perugino e qui Michelangelo rappresentò il Giudizio Universale. Ed eccola l’immensità del Giudizio Universale, con Cristo al centro che illumina la scena e una moltitudine di figure: 400 su oltre 180 metri quadrati. Qui domina il colore azzurro oltremarino, tonalità che veniva ricavata sminuzzando pietre preziose, i lapislazzuli. Michelangelo iniziò questa grandiosa opera nel 1536 e ci lavorò fino al 1541. Con lui la Sistina si consacra «il santuario della teologia del corpo umano», secondo le parole dette da Giovanni Paolo II in un’omelia, nel 1994. In questo affresco l’artista rappresenta l’uomo tra salvezza e peccato, tra anima e corpo. Lo fa anche con molte figure nude che furono molto criticate. «Per Michelangelo, lo strumento espressivo è l’anatomia», diceva Paolucci nel 2015 a Tv2000, la rete della Cei (Conferenza episcopale italiana). «Il corpo racconta il male di vivere, le aspirazioni di ognuno, potremmo dire la cosmogenesi, l’origine del mondo e la sua fine».
QUI SI SVOLGE ANCHE IL CONCLAVE - La Sistina non è solo un museo: è anche un luogo dove si celebrano liturgie, come battesimi e vespri, e dove i cardinali riuniti in conclave eleggono il Papa. Qui l’8 gennaio, Papa Francesco ha presieduto la celebrazione per la festa del Battesimo del Signore e ha battezzato anche alcuni bambini, secondo una tradizione consolidata. Qui i cardinali elettori discutono e votano il nuovo pontefice (il primo conclave si tenne qua nel 1492). Qui si posiziona la stufa dove vengono bruciate le schede di voto che attraverso la fumata, bianca o nera, annuncia che l’elezione è avvenuta o non è avvenuta. Da qui una porta guida nella stanza delle lacrime, ovvero la sagrestia della Sistina dove il Pontefice indossa per la prima volta i paramenti papali (si chiama così in riferimento ai pianti di commozione del neo-eletto). La Cappella Sistina non è un museo come gli altri: le meraviglie che racchiude vanno oltre l’arte. Anche per questo Barbara Jatta augura a ogni visitatore il «privilegio di trovarsi dentro quella bellezza che conduce alla fede».
Maria Giuseppina Buonanno
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