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Alle origini della bandiera per festeggiare il Tricolore: in UdA della Primaria i colori d’Italia e del mondo

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Dalla propria identità, dall’identità del suo gruppo, dal desiderio dell’’uomo di farsi riconoscere a distanza, è nata, fin dai tempi antichi, l’insegna o la bandiera, prima come oggetto semplice, fatto a mano, poi – come scrive Augusta Busico – come punto di riferimento per i combattenti durante la guerra. Ritroviamo le insegne presso tutti i popoli, di natura pacifica o bellicosa, con evidenti riferimenti alla cultura di ciascuno: dalla testa dell’’animale come illusione dell’uomo primitivo di poter acquisire le virtù dell’ucciso, alla statuetta del dio Horus come venerazione del popolo egizio verso la divinità e di conseguenza verso il sovrano che la incarna, fino all’aquila delle legioni romane, espressione visiva della potenza. Anche nella Bibbia troviamo molti riferimenti ad insegne e vessilli del popolo di Israele. La stessa asta, sulla quale di solito è innalzata l’insegna è interpretata come simbolo di potere e di anelito dell’uomo verso il cielo.

Le insegne prima e dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente

La cavalleria romana ebbe una propria insegna, la prima del genere in Occidente: un drappo quadrato, di solito rosso, con frange, attaccato ad una sbarra fissata orizzontalmente a forma di croce, in cima ad un’altra asta terminante a lancia. Era tradizione romana festeggiare una ricorrenza durante la quale le bandiere venivano innovate o riparate. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), e quindi dell’organizzazione statale, l’insegna perse il suo valore di simbolo di uno Stato e bisogna arrivare a Carlo Magno perché la bandiera riacquisti la propria funzione di distintivo, se non ancora di una nazione, pur sempre di un sistema, quello feudale.

Il contatto con la Cina e il pregio dei suoi tessuti per la realizzazione delle bandiere

Ed i contatti con i popoli orientali, quasi certamente con i Cinesi, fornirono il tessuto, la seta, che permise il passaggio da un’insegna in legno e metallo ad una in tessuto a pili colori: dopo il Mille, alla ripresa dei commerci e durante le Crociate, fu un fiorire di bandiere che accompagnavano le imprese militari e navali. E soprattutto – come scrive Augusta Busico in “Il Tricolore, il simbolo, la storia” – le navi, la cui comunicazione era affidata esclusivamente a mezzi ottici, innalzavano un vessillo per indicare da quale porto provenissero.

L’epoca moderna vede i vessilli fregiarsi di stemmi

L’epoca moderna vede i vessilli fregiarsi di stemmi: infatti |’araldica, che conduce studi e ricerche in questo settore, ci conferma che la diffusione degli stemmi risale al XII secolo, prima presso la grande nobiltà feudale e successivamente si estese anche a semplici cittadini che ricoprivano cariche di un certo rilievo. Era il 14 luglio 1789: caduta della Bastiglia a Parigi… “dal momentaneo entusiasmo provocato dall’avvenimento, nacque il tricolore francese, per la fusione della bianca bandiera della monarchia con i colori di Parigi, il rosso e il turchino”. Da quel momento si evolve il significato di bandiera da espressione araldica di un’autorità a simbolo di nazionalità. La prima campagna d’Italia, che Napoleone conduce tra il 1796 e il 1799, smantella il sistema di Stati in cui era divisa la penisola, dando vita a numerose repubbliche di impronta democratica: la Repubblica Ligure, la Repubblica Romana, la Repubblica Partenopea, la Repubblica Anconitana, la Repubblica Piemontese. E anche se la maggior parte ebbe breve durata, possono considerarsi la prima espressione degli ideali di indipendenza che alimentarono il nostro Risorgimento. Sconfitti gli Austriaci a Lodi,10 maggio 1796, penetra a Milano dove sventola la bandiera repubblicana, il tricolore francese. Il giorno 11 ottobre 1796 Napoleone avvisava il Direttorio circa la costituzione di una “Légion Lombarde. Les couleurs nationals qu’ ils ont adoptés son le vert, le blanc et le rouge”. Sembrava – come scrive Augusta Busico – indispensabile ricorrere alle memorie degli antichi romani rievocando per la denominazione dei primi corpi mobili italiani, quella suggestiva di legione.

Lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori Verde, Bianco e Rosso

A Modena dal 16 al 18 ottobre 1796 si tenne un primo Congresso nel quale i delegati delle quattro città — Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Bologna — decisero di unirsi in una sola Repubblica che si chiamò Cispadana e di appoggiare la guerra francese contro l’Austria, arruolando una Legione Italiana di 3.000 volontari suddivisi in cinque coorti di seicento. Il Congresso deliberò che ciascuna coorte avesse la sua bandiera a tre colori nazionali italiani adorna degli emblemi della libertà. Napoleone autorizza i rappresentanti dell’Amministrazione Generale della Lombardia a presenziare al Congresso di Reggio. Il 7 gennaio 1797, il delegato di Lugo di Romagna, Giuseppe Compagnoni (1754-1833) propose e venne approvato dal Congresso “che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti”. Questo è |’atto di nascita della bandiera italiana in quanto il Tricolore, per la prima volta, è adottato come bandiera di Stato.

Per il Tricolore”

L’importanza storica e politica di questo evento è sottolineata dal discorso “Per il Tricolore” che Giosuè Carducci pronunciò a Reggio Emilia il 7 gennaio 1897.

Napoleone consacrato Re d’Italia il 26 maggio 1805

La Repubblica Italiana si trasforma ben presto in Regno d’Italia con Napoleone consacrato Re d’Italia il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano. Nell’occasione, cingendosi il capo con la corona ferrea, pronuncia le famose parole: “Dio me l’ha data, guai a chi la toccherà”. La bandiera tricolore italiana non subisce variazioni.

Ciro Menotti e la bandiera italiana

Ma ancora una volta si rifanno al Tricolore quei patrioti che nel 1831 sacrificarono la loro vita nei moti carbonari. Ciro Menotti, modenese, tiene i contatti con il Comitato di emancipazione dei nostri emigrati a Parigi e ritiene che per raggiungere l’indipendenza, |’unione e la libertà di tutta l‘Italia, sia necessario creare una monarchia rappresentativa con un re scelto da un’assemblea oppure da un congresso nazionale con Roma capitale e con la bandiera tricolore. Per tentare di realizzare questo “sogno”, costituisce comitati in varie città dell’Emilia e della Romagna, ma viene tradito dal duca di Modena Francesco IV: il seme di libertà gettato da Menotti si propaga nelle città principali dell’Emilia-Romagna dove sventola il Tricolore. L’inadeguata preparazione politica e gli scarsi mezzi militari fanno fallire i moti, i vecchi sovrani rientrano nelle loro terre.

Editto sulla revisione delle opere da pubblicarsi a mezzo stampa

Ad un mese dalla sua elezione, il 16 luglio 1846, Papa Pio IX concede l’amnistia ai condannati politici alimentando così grandi speranze, soprattutto quando il Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Gozzi, emana il noto editto sulla revisione delle opere da pubblicarsi a mezzo stampa. Ai giornali era finalmente permesso di trattare “ogni argomento di scienze, lettere ed arti; la storia contemporanea e le materie appartenenti alla pubblica amministrazione”. L’entusiasmo per il nuovo Papa – come scrive Augusta Busico – si diffonde per la penisola. Tutta l’Europa è in fermento: il 28 febbraio 1848 in Francia viene proclamata la Repubblica e il 13 marzo a Vienna il popolo insorge e chiede la Costituzione.

Ferdinando è costretto a concedere la Costituzione

Anche Palermo insorge il 12 gennaio 1848 e la rivolta dilaga in tutta l’isola. Ferdinando è costretto a concedere la Costituzione, firmata a Napoli il 10 febbraio 1848: è il primo dei quattro statuti promulgati nel 1848 dai sovrani italiani. Con decreto del 23 febbraio 1848 – come scrive Augusta Busico – vengono concesse le “sciarpe tricolori” alle bandiere del regno e il nuovo Ministero presieduto da Carlo Troya ha un nuovo programma dove all’art. 8 dispone “Le bandiere reali (del regno delle due Sicilie) verranno circondate dai colori italiani, si che formino un solo corpo di bandiera”.

Le donne e le operaie disponibili per cucire il Tricolore

Anche le donne, nei limiti consentiti dall’epoca e dalle usanze, parteciparono all’unità d’Italia, costituendosi in Comitati femminili ed ebbero un loro ruolo, proprio nell’’ambito del Tricolore. Infatti, espressero il desiderio di donare le bandiere ai reggimenti di fanteria che si costituivano nelle città liberate. Ma le bandiere – come scrive Augusta Busico – per decreto dovevano essere date dal Re e per regolarità amministrativa, la loro confezione era delegata al Magazzino delle merci che aveva un regolare appalto con l’Istituto delle Rosine di Trento. Le signore insistettero per la loro iniziativa e chiesero di essere considerate operaie del magazzino per cucire il Tricolore con le loro mani.

Il Regio decreto 25 marzo 1860

Ecco un altro problema da risolvere: mancava un atto ufficiale che definisse le caratteristiche della bandiera e per questo venne costituita un’apposita Commissione: con il Regio decreto 25 marzo 1860 venne definita la nuova forma della bandiera assegnata all’esercito. Queste norme rimarranno inalterate nel Regno d’Italia fino all’avvento della nostra Repubblica.

Il dittatore Garibaldi e la bandiera Tricolore

Il dittatore Giuseppe Garibaldi, riconosciuto Comandante in capo delle Forze Nazionali in Sicilia, con un decreto del 17 giugno 1860, stabilisce che “Le navi siciliane innalzeranno la Bandiera italiana. Essa per le navi da guerra avrà nel mezzo lo stemma della Casa di Savoia sormontato dalla corona: per tutte le altre il semplice Stemma’”. Intanto la situazione italiana è di dominio pubblico anche all’estero da dove giungono volontari che si aggiungono ai volontari provenienti dalle regioni italiane che vanno ad aiutare le Camicie rosse. Il 20 luglio conquistano Milazzo e poi Messina dove si ripetono le scene di tripudio di tricolori. Segue lo sbarco in Calabria, la conquista di Reggio mentre il Re delle Due Sicilie, Francesco II abbandona Napoli e si rifugia a Gaeta. Garibaldi e pochi dei suoi non attendono il grosso delle truppe ed entrano a Napoli.

Il decreto legislativo presidenziale del 19 giugno 1946

Successivamente alla nascita della Repubblica – come scrive Augusta Busico – un decreto legislativo presidenziale datato 19 giugno del 1946 decise la foggia temporanea della nuova bandiera, convalidata dall’Assemblea Costituente nella seduta del 24 marzo del 1947 e introdotta all’articolo 12 della Costituzione Italiana.

La concessione della bandiera da parte della Presidenza della Repubblica

La concessione della bandiera da parte della Presidenza della Repubblica, decretata con apposito provvedimento, è un titolo onorifico per l’azione svolta ed é simbolo di onore e di unita. Le medaglie e le onorificenze elargite sono apposte sulla bandiera stessa. Le bandiere nazionali delle Forze armate dello Stato si chiamano “Bandiere militari”. La bandiera da combattimento affidata ad una unita militare é, inoltre, il simbolo dell’onore dell’unita stessa nonché delle sue tradizioni, della sua storia, del ricordo dei suoi caduti. Essa va difesa fino all’estremo sacrificio. Alla bandiera vanno tributati i massimi onori. (Decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545)

Il tricolore… e i colori del mondo

Il tricolore… e i colori del mondo” è il titolo dell’Unità di Apprendimento per bambini della scuola Primaria realizzata dai bravissimi docenti Leo Luisa e Marini Roberta (coordinatori) e Gagliarde Dora, Giorgi Francesca, Urbano Alessandra, Racobaldi Maria, Costa Rossana, Camero Silvana dell’Istituto Comprensivo Giovanni Palombini di Roma, diretto dal Dirigente scolastico prof.ssa Fabiola Conte, esempio raro di capacità manageriale. L’UdA prevede di realizzare, come prodotto, il tricolore (di fatto i bambini cooperano nella conoscenza di una bandiera e si identificano in quella del paese che li accoglie cogliendo la relazione con gli altri simboli nazionali).

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