Scuole all’aperto, una risposta alle nuove sfide

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inviato da Gabriele Zompì – La scuola italiana, nonostante le continue sfide ed attacchi a cui spesso viene chiamata a rispondere, è in grado di proporre ancor oggi offerte didattiche e formative innovative, ma è bene precisare che non tutto ciò che è innovativo è nuovo. Ed ecco allora che si riscoprono e si riapprezzano metodi educativi e formativi che sembravano essere ormai definitivamente accantonati e non più riproponibili.

Tra questi metodi ha avuto un ruolo e un significato importante la “scuola all’aperto”, un modello di scuola che in questo tempo di pandemia sembra potersi riproporre con più forza e con maggior successo che in passato e che affonda le sue radici nei primi anni del XX secolo, esattamente nel 1917.

In quell’anno, in cui si udivano nell’aria le esplosioni delle granate della Grande Guerra, l’allora sindaco di Bologna, Francesco Zanardi assieme all’assessore alla scuola Mario Longhena, crearono i primi asili pubblici e proposero un modello d’ istruzione integrata che dalla scuola aveva la presunzione, forse anche un po’ folle, di estendere l’ istruzione e l’apprendimento in luoghi diversi dalla tradizionale aula scolastica nella quale l’ acquisizione dei saperi e dei principi educativi erano un po’ costretti.

Poco più di un secolo fa quindi si sono avviate le prime scuole all’aperto, le prime mense scolastiche, le prime colonie estive e la prime “scuole per tardivi”. Il sistema garantiva a tutti i bimbi, anche a quelli meno abbienti o con problemi d’apprendimento, di imparare, divertirsi all’aperto e mangiare sano.

Nacque così la prima scuola all’aperto in un parco cittadino appena fuori le mura del centro di Bologna e gli alunni che la frequentavano, per otto ore al giorno, erano “armati” di banchi trasportabili, di coperte di lana, di zoccoli e impermeabili, così da poter trascorrere più tempo possibile all’aperto, per giocare, fare lezione, sperimentare e riposare…

Quelle scuole sono le “Fortuzzi” e sono situate, oggi come allora, nei giardini Margherita, il più grande polmone verde della città.
In questa scuola, docenti e alunni, compresero per primi che la matematica e la geografia, così come l’italiano e le scienze naturali, si possono imparare anche facendo lezione all’aperto. A prescindere da qualunque condizione meteo ci sia.

Un modo di far scuola che è stato più recentemente adottato anche dalle scuole Longhena di Bologna, confermatasi così prima città in Italia a pensare in grande sui progetti didattici outdoor, forte della tradizione già consolidata sul tema nelle scuole dell’infanzia (con il progetto La scuola nel Bosco di cui si parlerà più Avanti), ma che coinvolge e attrae sempre di più nuove istituzioni scolastiche, che oggi sono circa 25.

Per unire come con un filo rosso queste scuole è stata creata nel 2016 la “Rete Nazionale delle scuole all’Aperto” che raggruppa e armonizza le diverse esperienze di un sistema scolastico strutturato all’aperto, dove fare lezioni fuori dalla classe, ad avere necessità di ritrovare un rapporto con la natura non sono solo le scuole primarie, ma anche quelle dell’infanzia, che sono per prime interessate dal “nuovo” modo di proporre l’acquisizione dei saperi. Anche alcuni nidi propongono attività all’aperto, pur consapevoli del fatto che per bambini così piccoli non si possa ancora parlare di vera e propria proposta di “scuola all’aperto”.

Il progetto di una scuola all’aperto è partito dal basso, cioè da un gruppo di genitori che, dopo aver visto i propri figli stare molto tempo all’aria aperta durante la scuola materna, hanno iniziato a «premere » perché quell’esperienza potesse proseguire anche nella scuola primaria.

Sono tante e diverse, nelle Regioni, le collaborazioni con Università, in particolare con i Dipartimenti di Scienze dell’Educazione, con gli Enti Locali, con Fondazioni a carattere ambientale, con Associazioni e anche con gruppi informali. Significativa la collaborazione, nel capoluogo emiliano, con la Fondazione Villa Ghigi che si occupa di educazione ambientale, divulgazione naturalistica, analisi e progettazione del territorio. La Fondazione, che ha sede nel Parco omonimo di via San Mamolo, propone attività in natura per le scuole di ogni ordine e grado, dal nido alle superiori. Ha inoltre un’ intensa attività di formazione. All’interno della rete di scuole all’aperto si occupa di formazione e facilitazione degli insegnanti istituendo appositi corsi annuali. La Fondazione è stata anche l’ispiratrice del progetto “La scuola nel bosco”, rivolto a bambini della scuola dell’Infanzia, attivato nel 2010, monitorato con un percorso di ricerca ad hoc e portato avanti per un paio d’anni. E si può dire che proprio da questo progetto è nato e si è sviluppato quello delle “scuole all’aperto”.

Nel proseguire quest’ ultimo progetto e curarne gli sviluppi non poteva non esserci l’Alma Mater di Bologna. Michela Schenetti, Prof.ssa Associata di Didattica Generale presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione, che coordina la formazione e la ricerca per la Rete asserisce che una proposta di scuola all’aperto oggi si debba configurare come un approccio continuativo e trasversale a tutte le scuole, anche se ancora non si può definire e proporre come un modello da seguire sic et simpliciter. “Faccio fatica a pensare ad un modello – dice – perchè la storia ci insegna che questo può portare all’irrigidimento di pratiche. Mi piace pensare ad un approccio trasversale a qualsiasi modello di scuola, piuttosto. Le scuole all’aperto mettono al centro la relazione: con i bambini, tra i bambini e con il mondo e offrono agli insegnanti grandi opportunità: quella di accogliere le emozioni dei bambini, che in questo periodo di pandemia stanno dando prova di grande coraggio, impegno e spirito di adattamento e sostenere i loro apprendimenti con esperienze autentiche, tridimensionali, significative. Praticare un’educazione attiva all’aperto oggi più che mai ha a che fare con il benessere, la sicurezza e la salute di adulti e bambini. Offre l’occasione di aprirsi al territorio, alla città, alla comunità e di restituire ai bambini quella bellezza e quel senso di avventura, di responsabilità e di autonomia spesso sacrificati tra le pareti delle aule scolastiche.

Consente di muovere insieme passi verso un cambiamento tanto necessario quanto importante. E per questa ragione fare scuola all’aperto oggi credo che non solo sia un’opportunità da cogliere solo a certe condizioni ma una necessità per il mondo dell’educazione da perseguire con un impegno intenzionale e collettivo”

Una scuola all’aperto è dunque in grado di agevolare l’opportunità di allacciare e consolidare il rapporto tra l’istituzione scolastica e l’ extra-scuola, la comunità locale, il territorio e le sue risorse. Consente il trasferimento di saperi fra le diverse generazioni. Ha le potenzialità per educare alla cura e al rispetto dell’ambiente, anche per favorire uno sviluppo sostenibile. Invita ad assumere atteggiamenti responsabili in relazione all’ambiente e a conoscere e rispettare le regole di comportamento nei giardini, nei parchi e negli spazi pubblici in generale.

La scuola all’aperto offre, per concludere, un diverso modo di apprendere, di relazionarsi, di crescere nella natura e con la natura, in un mondo che sembra invece essere sempre più lontano dall’amarla e rispettarla. Con la scuola all’aperto anche i più piccoli comprendono il grande compito che noi tutti abbiamo da svolgere: rispettare ed amare la natura e considerarla come vera, grande e unica eredità per le generazioni future. In fondo, una scuola all’aperto dovrebbe fare “solo” questo.

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