Ambiente malato? Più lavoro minorile

Il degrado ambientale favorisce lo sfruttamento dei bambini: la ricerca di Terre des hommes

I problemi ambientali favoriscono il lavoro minorile. Sia perché spingono a intraprenderlo, sia per il tipo di occupazione. La situazione climatica e naturale, inoltre, influisce sulle condizioni di lavoro, l’esposizione a sostanze tossiche pericolose e i rischi di sfruttamento. In estrema sintesi sono queste le conclusioni a cui è arrivato il nuovo rapporto di Terre des hommes, “The neglected link – effects of climate change and environmental degradation on child labour” (Il legame dimenticato – effetti dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale sul lavoro minorile). La ricerca è stata pubblicata pochi giorni prima della Giornata mondiale contro il lavoro minorile che si celebra oggi, 12 giugno 2017.

Una situazione, quella descritta nel report, che interessa davvero tante persone. Sono oltre mezzo miliardo, infatti, i bambini che vivono in aree colpite da continue inondazioni e quasi 160 milioni si trovano in zone con livelli di siccità elevata o estrema. La loro qualità di vita, quindi, risente pesantemente delle condizioni climatiche, che spesso li spingono a lavorare per far fronte all’impoverimento della famiglia o a migrare.

«Se si vuole eliminare il lavoro minorile è necessario tenere in considerazione le conseguenze dei cambi climatici e integrare nelle politiche di protezione dell’ambiente i diritti dell’infanzia», sostiene Raffaele K. Salinari, presidente di Terre des hommes Italia.

Ambiente-lavoro minorile, un rapporto poco indagato

Lo studio diffuso da Terre des Hommes è uno dei primi rapporti al mondo a sottolineare come il degrado ambientale e i cambiamenti climatici amplifichino la vulnerabilità dei bambini allo sfruttamento lavorativo. E anche se esistono dati ufficiali sul lavoro minorile, questi non bastano a comprendere tutte le cause e le dinamiche alla base del fenomeno.

Inoltre, le ricerche disponibili sugli effetti dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale riguardano di solito solo questioni sanitarie. C’è ancora molto da studiare, dunque, sul rapporto tra cambiamenti ambientali e lavoro minorile. Questo fenomeno attualmente costringe oltre 83 milioni di bambini in tutto il mondo a rischiare la propria incolumità fisica ogni giorno e li condanna a un futuro di povertà ed esclusione sociale.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che più di un quarto dei 6,6 milioni di decessi annuali di bambini sotto i cinque anni siano collegati a condizioni e cause connesse all’ambiente. L’inquinamento e il degrado ambientale hanno gravi conseguenze sui bambini, non solo in termini di tassi di mortalità, ma anche per il loro sviluppo cognitivo e fisico.

Lo studio di Terre des Hommes riporta cinque casi studio sul lavoro minorile in altrettanti paesi soggetti a fenomeni climatici estremi: Burkina Faso (al 60° posto su 180 nel Global climate risk index de, 2015), India (4° posto), Nepal (42esimo), Nicaragua (24esimo) e Perù (32esimo).

L’oro del Burkina Faso

Nel Burkina Faso i cambiamenti climatici nella regione del Sahel portano a modelli meteorologici imprevedibili e a un impoverimento del suolo. In questo modo, le famiglie sono costrette sempre più di frequente a cercare delle fonti alternative di reddito.

Pessime condizioni di vita, scarsa qualità dell’istruzione e mancanza di opportunità di lavoro dignitose per giovani e adulti, nonché il rialzo delle quotazioni dell’oro, sono la causa dello sfruttamento dei minori nelle miniere d’oro. Qui si hanno notizie di condizioni di lavoro durissime e l’utilizzo di sostanze altamente inquinanti e pericolose per la salute come il mercurio.

Nel 2011, inoltre, fonti governative stimavano in 20.000 i minori che lavoravano nei siti auriferi del paese, ma da allora il numero è almeno raddoppiato.

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Foto: Terre des hommes / Yann Gamblin

India, famiglie in fuga

Il caso dell’India mostra che soprattutto i bambini migranti sono sempre più costretti a forme di lavoro pericolose perché le loro famiglie fuggono da zone sottoposte a un forte stress ambientale. Nello stato di Odhisa, a causa dei cambiamenti climatici, la durata della migrazione stagionale si è estesa da tre a sei mesi, il che nega l’accesso dei bambini a un’istruzione di qualità. Nel 2011 in quella zona lavoravano 92.000 bambini, come braccianti, operai non specializzati nelle cave e nelle fabbriche di cemento e di mattoni.

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Ragazzi al lavoro in India. Foto: Terre des hommes / Joseph Donald

Nepal, agricoltori in pericolo

L’esempio del Nepal illustra come i cambiamenti più lenti, come quelli che si verificano nella periodicità e quantità delle precipitazioni, minacciano in particolare coloro che dipendono completamente dal lavoro agricolo, costringendo i bambini a cercare fonti di reddito alternative per aiutare le loro famiglie. Gli eventi estremi, come il terremoto del 2015, hanno un impatto drammatico sulle possibilità di sopravvivenza della popolazione più povera.

La migrazione stagionale è una strategia di adattamento per molte famiglie in quanto riduce la loro dipendenza dall’agricoltura. I forni di mattoni danno alle famiglie lavoro stagionale e il lavoro minorile spesso è necessario per pagare i prestiti contratti per iniziare questa attività.

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Molti bambini in Nepal lavorano nella produzione dei mattoni. Foto: Alban Vinevel

Nicaragua: tutti in città

Contrariamente agli altri esempi riportati in questo rapporto, il caso del Nicaragua mostra come il degrado ambientale porti a nuove forme di lavoro sia per gli adulti che per i bambini. Con il calo della produttività agricola determinato dai cambiamenti climatici e dalla frequenza di eventi meteorologici estremi, le famiglie iniziano a emigrare, stagionalmente o in modo permanente, verso le aree urbane in cerca di migliori prospettive di vita.

Le enormi discariche costituiscono una opportunità di reddito, trattandosi di un lavoro che può essere intrapreso facilmente, pur ponendo gravi rischi per la salute. Allo stesso tempo, coloro che raccolgono i rifiuti in un certo senso rappresentano una soluzione ai problemi ambientali e vedono il proprio lavoro come un contributo per un ambiente più pulito e sano.

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Bambini al lavoro in una discarica in Nicaragua. Foto: Claudia Ehlers / Terre des hommes

Perù tra settore agricolo e lavoro minorile

Il Perù è un esempio che illustra bene gli effetti del cambiamento del clima globale sul settore agricolo. I piccoli agricoltori locali non sono attrezzati per reagire alle perdite di reddito causate dai cambiamenti climatici, per questo finiscono per passare a strategie di adattamento come la migrazione verso le aree urbane e il ricorso al lavoro minorile.

Questo fenomeno è molto diffuso: in media il 50% dei minori dai 14 ai 17 anni lavora, nelle aree rurali l’80% e nelle città il 32%. Nelle Ande e in Amazzonia il 68% degli adolescenti lavora nell’agricoltura. L’enorme espansione delle aree metropolitane ha fatto schizzare la richiesta di mattoni, alla cui fabbricazione artigianale lavorano decine di migliaia di famiglie, bambini compresi.

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Produzione di tegole in Perù. Foto: Asociación Civil Inti Runakunaq Wasin

Le raccomandazioni

Nell’ultima parte del report, infine, Terre des hommes dà una serie di raccomandazioni alla comunità internazionale e ai governi locali. Secondo l’organizzazione, i bambini devono essere al centro delle strategie internazionali e nazionali per la mitigazione dei cambiamenti climatici e beneficiare di parte dei fondi ad esse destinati.

Le politiche internazionali per sradicare le peggiori forme di lavoro minorile devono includere i fattori ambientali come cause potenziali dello sfruttamento dei bambini. Sono necessarie indagini più approfondite sulla relazione tra i cambi climatici e il lavoro minorile, con programmi di prevenzione più incisivi e maggiori collegamenti tra chi si occupa delle politiche ambientali e chi si occupa dei diritti dei bambini.

Le politiche, sia nazionali sia internazionali, devono tenere in particolare considerazione la vulnerabilità dei minori migranti, offrendo loro accesso a un’istruzione di qualità e quindi a prospettive di lungo termine per non costringerli a un lavoro precoce che ne segni l’esclusione sociale.

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