Rinviata a data da destinarsi la proposta di legge sulla due diligence che imporrebbe alle grandi aziende dell’Unione Europea di verificare la legittimità della propria supply chain. A far saltare l’approvazione della norma, che richiede la maggioranza qualificata di 15 Stati membri, è stata la dichiarazione di astensione di Germania (come previsto dalle regole della colazione di governo nazionale in caso di assenza di un accordo comune) e Italia, quest’ultima sull’onda di una decisione ‘last minute’ che ha fatto naufragare l’accordo raggiunto a dicembre 2023.
La normativa in questione, nello specifico, richiede alle imprese dell’Ue di verificare che gli anelli che compongono la propria catena di approvvigionamento non si macchino di lavoro forzato, sfruttamento dei lavoratori o pratiche ambientali dannose. Considerate le premesse, il dossier non è stato messo ai voti e dovrà essere nuovamente negoziato a livello tecnico.
Venerdì, si legge sulle agenzie di stampa, un diplomatico di Bruxelles ha affermato che fosse già chiaro che non ci sarebbero stati abbastanza rappresentati dei 27 Paesi dell’Ue a sostenere la legge, considerata la già nota astensione della Germania in caso di votazione. Ma il mancato schieramento dell’Italia, del tutto inatteso, ha fatto pendere l’ago della bilancia verso la temporanea archiviazione del procedimento.
In una lettera alle associazioni imprenditoriali, il capo del partito liberale tedesco (Fdp) Christian Lindner e il ministro della giustizia Marco Buschmann hanno scritto che la legge “impone un onere aggiuntivo per le aziende interessate”, rispetto a una legge tedesca simile sul tema, che renderebbe sconveniente l’applicazione della sua versione comunitaria.
L’evoluzione dell’iter legislativo al momento non è chiaro, poiché le imminenti elezioni europee previste per il mese di giugno implicheranno a breve una brusca interruzione di qualsiasi lavoro legislativo, con l’ultima riunione del Parlamento attesa per aprile.