Friedrich

Viandante sul mare di nebbia (1818). Hamburger Kunsthalle, Amburgo

 

Caspar David Friedrich (1774, Greifswald – 1840, Dresda)

«Sublime è il senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura sia nell’aspetto pacifico, sia ancor più, nel momento della sua terribile rappresentazione, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza, ma, al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi». Quale introduzione migliore di questa citazione di Kant per Friedrich, il primo pittore romantico tedesco?

Il Romanticismo, le cui embrionali idee erano sorte verso la metà del Settecento, rivalutò la sfera del sentimento, della passione e dell’irrazionalità, caratterizzate da forti suggestioni religiose. Se il Neoclassicismo aveva come ideale il “bello”, il Romanticismo introdusse una nuova categoria estetica: il “sublime”; la radice di questo concetto risiede nei sentimenti di paura suscitati dalla dismisura e dall’infinito. Il sublime scaturisce dal conflitto tra ragione ed irrazionalità, è quel sentimento di sgomento e piacere che assale l’uomo di fronte all’incommensurabile o di fronte agli sconvolgimenti dei fenomeni naturali che gli ricordano la propria fragilità. Secondo le parole di Friedrich «Sublime è per me un principio immenso, un qualcosa che vola più in alto di un uccello, che corre più veloce di un ghepardo, che è più impetuoso della tempesta, che è più dolce di un bacio… Sublime è una sensazione indescrivibile che occupa il cielo ma che può essere racchiuso anche in un piccolo fiore».

In contrapposizione al Neoclassicismo, ed alla sua ispirazione al mondo ideale classico, il sentimento di rovina è tipico della poetica romantica: le rovine, ovvero il degradarsi delle opere umane, incarnano la potenza dell’incalzante incedere del tempo.

L’artista romantico ha un animo ipersensibile, preda di continui turbamenti, disperato, pessimista; è un personaggio che vive il proprio malessere psicologico con grande drammaticità. Frutto di questo atteggiamento è un’arte che, spesso, ricerca l’orrore. Altrettanto potente fu la riscoperta dei valori religiosi, con l’arte vista come strumento per analizzare l’anima delle cose; fu proprio questo nuovo interesse per la dimensione dell’interiorità e spiritualità umane a far preferire al romanticismo arti non figurative, come la musica e la letteratura.

Prototipo dell’artista romantico, Friedrich, fu schiavo di una profonda malinconia e solitudine, risalenti agli eventi tragici della sua infanzia. L’osservazione della natura divenne necessaria per esprimere la sua inquietudine verso la consapevolezza dell’aleggiare della morte sulle cose umane e naturali. Profondamente affascinato dal lato mistico della natura, i paesaggi diventarono strumento di misura per la piccolezza umana di fronte agli orizzonti smisurati, un infinito che simboleggia Dio. Il paesaggio, fino ad allora semplice fondale del dramma umano, divenne un soggetto autosufficiente; i quadri di Friedrich raffigurano molto spesso una persona di spalle assorta nella contemplazione dell’infinito. Friedrich abbandonò i canoni della tradizionale pittura paesaggistica, sostituendoli con paesaggi stilizzati ed atmosfere malinconiche; non dipingeva all’aperto, ma in studio mescolando il ricordo all’immaginazione, l’osservazione all’introspezione.

Le sue opere traboccano di rovine, nebbie e di simbolismo: la morte viene rappresentata attraverso salici piangenti, barche che si allontanano dalla riva, tronchi di alberi. A questi si affiancavano i cieli infiniti, simbolo di redenzione e salvezza.

Come opera di questa settimana non potevo che scegliere il “Viandante sul mare di nebbia”, una delle più celebri di Friedrich. Un uomo, da solo, in cima ad una montagna, guarda l’orizzonte che gli si staglia davanti, la figura è di spalle in modo da far immedesimare lo spettatore; nella mano destra stringe un bastone, dal quale sembra trarre conforto e forza per affrontare quell’immensità terribile che gli si para innanzi. La nebbia assume la consistenza liquida ed il movimento delle onde del mare, conferendo al paesaggio contorni sfumati, dalle quali emergono rocce e montagne dipinte con estrema precisione. Nebbia e cielo arrivano a fondersi all’orizzonte. Al bleu, rosa e grigio utilizzati per l’oceano di nebbia, si contrappongono le tonalità opache degli elementi solidi. Tema sottostante di quest’opera è lo scorrere del tempo il quale, nella sua infinitezza, annichilisce l’uomo perpetuando la natura, affiancato dalla tristezza per l’incapacità della razza umana di fondersi con la matrice divina del tutto.

«Chiudi il tuo occhio fisico, al fine di vedere il tuo quadro con l’occhio dello spirito. Poi porta alla luce ciò che hai visto nell’oscurità, affinché la tua visione agisca su altri esseri dall’esterno verso l’interno», Caspar David Friedrich.

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