Lunedì, 19 Settembre 2011 Vastese

Schiavi d'Abruzzo, è qui che si vive più a lungo

L'età media degli abitanti è di 63,3 anni, la più alta in provincia, ma il reddito è basso

Pubblicato su "Il Centro"

di Rossano Orlando

SCHIAVI D'ABRUZZO. L'elisir di lunga vita qui non si beve: è nell'aria. A 76 anni, Maria Fantilli, camice azzurro e pantofole, carica sulla carriola i ciocchi di legna da ardere come se andasse alla scampagnata. Dal punto in cui i cosiddetti ticchie glieli ha ammucchiati l'autocarro del tagliaboschi a casa sua, nella parte alta del borgo, saranno cinquanta metri che Maria macina in pochi secondi.

Quando dalla carretta afferra quei pezzi di tronchi di cinque chili l'uno e li scaraventa sulla scalinata della strada, due metri più in là, l'anziana dai capelli bianchi come la neve pare che maneggi piume. In venti minuti di andirivieni in via Municipio, Maria ha già fatto un cumulo di legna alto un metro e mezzo. Se per lei quel movimento routinario serve a fare la provvista del gelido inverno, visto che la neve arriva anche a un metro e mezzo di altezza, per chi osserva è invece il ritratto della buona salute della gente di questo paese dove vivono anche Gentile, 104 anni, Rosina, 102, Amore, 98 e Gina, 97, tutti in ottima forma fisica.

A Schiavi d'Abruzzo, 1.170 metri di altitudine, il comune più a sud del Chietino, si concentra la popolazione con l'età media più alta di tutta la provincia: 63,3 anni. In regione il paese è secondo solo a Villa Santa Lucia degli Abruzzi ed è il quinto in Italia. In questo centro dell'Alto Vastese, al confine con il Molise, i muri delle case sono a scarpa, in pietra calcarea con tanto di archi e sottoportici. Una delizia, vi
sto che sono tenuti con la stessa delicatezza che li ha fatti nascere. Il borgo pare sia stato fondato da una colonia di slavi, denominato nel corso della storia "Sclavi" e con l'aggiunta di "Abruzzo" solo dopo l'Unità d'Italia. Gli abitanti sono 990, le famiglie 631, i componenti per famiglia 1,56, il tasso di natività del 3 per cento. Le abitazioni 1.989, il doppio dei residenti: molte appartengono alla comunità di 4mila schiavesi che si è formata a Roma con l'emigrazione del dopoguerra e diventata capofila nella gestione di autorimesse e taxi.
All'imbocco di via Principessa Maria, prima di salire al centro storico, quattro anziani sono seduti sulla pachina del belvedere. «E' vero, qui si vive a lungo», dice una signora, «ma è altrettanto vero che la gente avanti negli anni è la stessa che ha sofferto di più nella vita tra guerra, fame e spopolamento: chissà da che cosa dipende questa longevità».
In via Porfilio, più su, Vanchilicia Serafini, 67 anni, è uscita un istante dalla macelleria che gestisce da sempre. «L'età media alta? E' il risultato dell'aria buona e pulita», spiega, «e anche del cibo genuino. Tutto è locale, tutto è nostrano. Alleviamo gli animali e sappiamo che cosa diamo loro da mangiare. Poi il clima è asciutto e il freddo è secco». «E poi c'è anche la tranquillità», gli fa eco il marito Maurizio Tucci, 71 anni, «fatti un giro per il paese e vedi che tutti lasciano le porte aperte alle case. Siamo in serenità, niente litigi. E poi chi è in età da lavoro lavora, molti anche a San Salvo qualcuno va fino alla Sevel». Angelina Iacovone, 71 anni, sussurra che «qui si sta bene perché oltre all'aria buona siamo anche buona gente, una famiglia. E non parliamo del mangiare: vengono a rifornirsi dei nostri prodotti a carrettate», in abbondanza. «Finché c'è gente che produce si sta ancora bene», sottolinea Gianfranco Fiorito, 56 anni, «ma una volta il paese era autosufficiente: avevamo artigiani, sarti, negozianti. E ciò che si vendeva era fresco. Poi sono arrivati i centri commerciali a valle e il risultato è sotto gli occhi di tutti».
Il sindaco, Luciano Piluso (lista civica) 55 anni, parte da un dato di fatto: «Schiavi è stazione climatica», spiega ricordando la vecchia segnaletica ancora affissa su una casa all'ingresso del paese, «e questo la dice lunga su come si possa stare bene qui, almeno in salute. Molti pensionati sono ex agricoltori e coltivano ancora gli orti vicino alle case: dunque, tutto è naturale. Molte abitazioni sono seconde case di pugliesi, campani, molisani e laziali che hanno investito qui proprio per l'ottimo clima».
Ma c'è un sillogismo che a Schiavi non regge: gli abitanti vivono a lungo, vivere a lungo richiede reddito, gli abitanti hanno reddito. Non sta in piedi perché il paese è il primo della provincia di Chieti per reddito medio più basso: 4.880 euro a testa l'anno, poco più di 400 euro al mese. Dunque, aria buona, ma tasche vuote? Di povertà per un centro dove il 61 per cento dei residenti ha più di 65 anni, il primo cittadino non vuole sentirne parlare. «Non è così», spiega Piluso, che di professione fa il ragioniere, «visto che alcuni professionisti di qui, quelli che potrebbero far salire il reddito medio, sono residenti in altri centri. Certo, la popolazione è anziana con l'integrazione al minimo. Ma molti sono proprietari delle case in cui abitano, non pagano l'affitto, hanno risparmiato da giovani e ora si godono la vecchiaia con quel po' che resta, che è sufficiente. E poi ci sono i figli che aiutano i genitori: questo è un connotato del nostro carattere, l'attaccamento alla famiglia, tant'è che sono diversi gli anziani che hanno le badanti pagate dei figli. Come Comune cerchiamo di non far mancare i servizi, a cominciare dalla farmacia comunale. Ma è difficile, con i tagli ai trasferimenti di fondi, amministrare un territorio con 9 contrade, dove si concentra il grosso della popolazione, e 200 chilometri di strade comunali».
Comunque, a riscattare nella rendita questa bella gente aveva già pensato Almerindo Porfilio, nato a Schiavi nel 1887, passato da strillone a editore, commerciante, banchiere e tesoriere di New York ai tempi del sindaco La Guardia: pagò circa un milione e mezzo di dollari per far installare la corrente elettrica nel paese d'origine e 225mila dollari per l'acquedotto. Non solo. Porfilio morì a 78 anni: una bella età per quei tempi vista la media da record di oggi. Insomma, proprio un figlio di questo paese che aveva l'elisir di Schiavi impresso già nel Dna.