La Città dell’Utopia

Nota come “la città dell’Utopia”, Campomaggiore fu costruita per il volere del conte Teodoro Rendina nel 1741 in un pezzo minuscolo di territorio lucano, dando concretezza alle idee di socialisti utopisti europei come Henri de Saint Simon, Charles Fourier e Robert Owen. La visione illuminata del conte favorì l’instaurazione di una società equilibrata, fondata sull’ideale cooperativo ripopolando il piccolo villaggio assegnato alla sua famiglia dal re Filippo IV nel 1673.

Avendo fiutato il suo potenziale agricolo infatti, il conte decise di trasformarlo in Città dell’Utopia, chiamando Giovanni Patturelli, architetto allievo del Vanvitelli, che realizzò le abitazioni sulla base di criteri urbanistici innovativi con strade larghe e ortogonali e case a scacchiera. Questo progetto, prevedeva delle regole ben precise affinché tutto potesse funzionare nel migliore dei modi. Ogni contadino aveva diritto ad una casa di venti palmi (circa 25 mt), a un piccolo appezzamento di terra (due tomoli) oltre a disporre di legname sufficiente per scaldarsi tenendo in considerazione che, per ogni pianta abbattuta, era necessario piantare tre alberi da frutto. Fu così che vennero organizzati stalle e porcili, si diffuse la coltivazione della vite e dell’ulivo, e venne avviato un orto botanico con piante che il conte aveva conosciuto e portato dai suoi viaggi come i pini marittimi e, addirittura, un esemplare di sequoia. Campomaggiore, divenne un paese all’avanguardia passando dagli 80 ai 1525 abitanti, frutto di una feconda mescolanza di genti pugliesi, campane e autoctone.

Purtroppo, il 10 febbraio del 1885, il sogno della città dell’utopia si spezza bruscamente. Un movimento franoso, lento e inesorabile, costringe la popolazione ad abbandonare le case per cercare rifugio altrove. Nessuna vittima ma il villaggio si ridusse a un cumulo di macerie. Si interrompono i progetti di vita, le speranze di progresso, l’incanto di un luogo magico. Forse. O forse no.

Forse l’utopia è connaturata al sogno, è qualcosa che cammina sulle gambe dei puri, dei visionari, è un nibbio che vola radente su un campo di grano: la storia dolce e amara di Campomaggiore Vecchio, una favola per sognatori.