Cultura

Babbo Natale, ecco la vera storia. Che inizia 1752 anni fa

Babbo Natale, ecco la vera storia. Che inizia 1752 anni fa
Da San Nicola, un santo orientale nato a Mira, nell’odierna Turchia. Al signore in rosso che tutti i bimbi aspettano oggi
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Babbo Natale ha 1752 anni ma non li dimostra. Anche perché in tutto questo tempo non ha mai smesso di ritoccarsi. Ha cambiato i connotati e anche le generalità. Il risultato è che a furia di trasformarsi è diventato un altro, pur restando sé stesso. Di fatto, il vecchio con la veste rossa e la barba bianca, il viso rubizzo e lo sguardo bonario, non somiglia per niente al Babbo Natale dell’origine. Che peraltro si chiama San Nicola, un santo orientale nato a Mira, nell’odierna Turchia, duecentosettanta anni dopo la nascita di Cristo e conosciuto per essere particolarmente vicino ai bambini. Addirittura, secondo la leggenda, ne resuscita tre fatti a pezzi da un orco cattivo. E per di più, salva anche tre ragazzine dalla prostituzione, regalando loro dei giocattoli d’oro.  Così si conquista la fama di amico dell’infanzia, oltre che la nomea di portadoni.

Nell’Europa del Nord dopo la conversione al cristianesimo la sua figura si fonde con quella del dio germanico Odin che nei giorni del solstizio d’inverno, corrispondenti al nostro periodo natalizio, va in giro volando su un cavallo alato a portare regali ai bambini. Nel Seicento, questa tradizione approda negli Stati Uniti con i migranti tedeschi e scandinavi. Ma soprattutto con quelli olandesi che, sulle rive dell’Hudson, fondano la città di New Amsterdam, l’odierna New York. E così dalla fusione del tedesco Sankt Nikolaus e dell’olandese Sint Niklaas nasce Santa Claus. Che incarna lo spirito del Natale americano e diventa popolarissimo tra i ragazzi. Anche perché il 6 dicembre, giorno della sua festa, lui a portare i regali a quelli che si sono comportati bene. Insomma, è una nuova metamorfosi di questo personaggio favoloso e generoso, ma non l’ultima. 

Perché fino agli inizi del Novecento il suo abito è verde, la sua barba è scura e la sua taglia non è ancora quella extra large che ormai lo identifica in tutto il mondo, perfino in quello non cristiano. A dargli il viso e il profilo attuale è la Coca Cola Corporation. Che all’esordio in commercio della sua bibita ha il problema di salvare l’immagine del suo marchio sotto attacco da parte dei moralisti dell’epoca, capeggiati dal chimico Harvey Wiley, che considerano la bevanda con le bollicine un pericolo per la salute. Ma anche per la morale, perché secondo i suoi denigratori provocherebbe nei più piccoli una insidiosa sovraeccitazione dei sensi. Il risultato è un processo in piena regola, celebrato nel 1911, da cui la bevanda esce assolta. Ma la sentenza vieta ogni pubblicità in cui siano presenti bambini che la bevono. La conseguenza è una bella fetta di mercato in meno. 

La mossa vincente arriva nel 1931, quando la compagnia di Atlanta affida al disegnatore Haddon Hubbard Sundblom una nuova campagna per avvicinare la Coca ai bambini, ma senza dirlo esplicitamente. Il geniale Haddon ricorre a un testimonial insospettabile come Santa Claus, ma gli dà il volto gioviale e rassicurante del suo vicino di casa Lou Patience. Lo dota di una soffice barba bianca come la neve e lo veste con i colori del marchio. Ma la vera furbata consiste nel disegnarlo mentre beve con sommo piacere una Coca circondato da bambini adoranti. Così il divieto è aggirato. 

Di fatto grazie a questa campagna pubblicitaria nasce il nuovo patrono della società dei consumi. Di lui il mondo dell’advertising non è più riuscito a fare a meno, perché nell’arco di poco tempo è diventato il dio del Natale di oggi. In un certo senso è il vecchio che ha detronizzato il bambino Gesù, ma si fa perdonare a forza di regali. Insomma, Babbo Natale è il moderno simbolo dei consumi natalizi, proprio perché incarna l’antico spirito del dono, della gratuità festiva e spesso anche festosa, in grado di cambiare di segno alla logica dell’interesse che regge la vita quotidiana. Che poi tutto questa girandola di doni e controdoni faccia anche economia e che imprima un’accelerazione vorticosa alla corsa agli acquisti non deve stupire, visto che ormai il consumo è la forma profonda del presente.

E in ogni caso, perfino nel nostro mondo, dominato dalla legge dell’utile, dove nessuno ti dà niente per niente, in certi momenti lo spirito della gratuità si fa strada tra le aride pieghe della domanda e dell’offerta e fa balenare la possibilità di un diverso algoritmo della vita.  È proprio quel che succede a Natale, quando un brivido dolce accarezza la schiena della società. E si mette in moto quella inarrestabile girandola di pacchetti e contropacchetti che prende tutto e tutti. È un intreccio ormai inestricabile tra celebrazione religiosa e sacralizzazione del mercato, tra fede ed economia. Fra altruismo e desiderio. Che divide in parti eque quel che è di dio e quel che è mio.