Franco Fontana: "Il mio sguardo sul mondo"

Baia delle Zagare (Franco Fontana)
Baia delle Zagare (Franco Fontana) 
Pubblichiamo un intervento del fotografo italiano, vincitore del Premio Hemingway 2021
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La fotografia come uno sguardo: l’occhio di chi sta per scattare. Mi ha sempre accompagnato, questa consapevolezza di non dover documentare la realtà. Semmai, di interpretarla. Perché la realtà è intorno a noi, ma è soggettiva. È chi fa la foto, a decidere cosa vuole rappresentare. Una bottiglia smette di essere quello che appare a tutti, diventa soggettiva quando un artista la ritrae. Che sia Picasso, o - concedetemelo - Franco Fontana …

La realtà fotografata ha sempre coinciso, proprio per questo, con il mio pensiero. E con il mio sentire. Corrisponde all’interpretazione di una realtà immaginaria, fantastica. Non ho mai voluto fotografare quello che vedevo: piuttosto, quello che pensavo mentre stavo guardando. Così il paesaggio che avevo davanti diventava un pretesto: qualcosa capace di restituire e testimoniare il mio mondo. C’è sempre stata una specie di simbiosi, in realtà, con quei paesaggi: come se i luoghi davanti agli occhi, attraverso il mio sguardo, volesse farsi un autoritratto e identificarsi con la rappresentazione che io davo nelle fotografie. Penso ai paesaggi in Puglia: si sono identificati nei miei scatti, agli occhi del pubblico delle mie mostre sono diventati il paesaggio che ho ritratto. È un po’ come dare un’identità ai luoghi: la gente vede quelle fotografie e guarda quei paesaggi come non li vedeva prima, attribuisce loro un’identità nuova, quella che coincide con il mio sguardo.

Dalla Puglia, immancabilmente, il pensiero potrebbe correre alla foto feticcio di molti decenni addietro, quella di Baia delle Zagare. L’ho chiamata così, ma Baia delle Zagare non è il Gargano, non è l’Italia, necessariamente. Potrebbe essere qualsiasi cosa, è una foto di pensiero. Nel mio sentire rappresenta l’esistenza: tutto e niente. E’ stata il manifesto promozionale voluto dal Ministero della Cultura francese a fine anni Settanta, è stata anche la cover di un testo sulla filosofia ambientale nell’edizione americana. Baia delle Zagare è il mio sguardo sul mondo, un pretesto per raccontarmi …

Certo, mentre scatti non te ne rendi conto: tutto accade in modo molto istintivo. Insieme a me c’erano altre persone, quando quella foto è nata, ma probabilmente loro non vedevano quello che ho visto io, ed è diventato poi la fotografia che ha fatto il giro del mondo. Ognuno vede quello che sente, e consegna allo scatto quello che ha dentro, la sua anima probabilmente. La mia è fatta sicuramente a colori: perché il mondo, noi, lo vediamo così. Con colori che vanno interpretati, e ai quali ho sempre cercato di dare un significato perché il mio sguardo sul mondo diventasse un soggetto. Provo un senso di similitudine, quando guardo le opere di Hopper. I suoi quadri, le mie immagini: c’è un senso di “familiarità”. Ma io non lo conoscevo, prima di cominciare, e non ho nessuna dipendenza dalla pittura. La mia non è fotografia concettuale o minimalista. Resta solo e semplicemente una fotografia, quello che penso e quello che vedo mentre si accende il mio scatto sul mondo.