Sbarco sulla Luna, storia di un'impresa

"Così costruiremo mattoni con la polvere lunare", il progetto italiano per tornare lassù

Al Sant'Anna di Pisa l'esperimento con la sabbia vulcanica resa simile alla regolite. I rover spediti sulla Luna potranno assemblare il materiale per futuri insediamenti umani

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CHISSÀ quando l’uomo costruirà la sua prima casa sulla Luna. I mattoni, intanto, ci sono già, così come i progetti dei robot per fabbricarli direttamente sul satellite della Terra. A crearli è stata una stampante 3D, che ha dato loro vita grazie a un materiale simile alla regolite, la sabbia presente sul suolo lunare. "Penso che sia ancora lontano il giorno in cui la Luna diventerà la nostra seconda casa – chiarisce Valentina Colla, responsabile del team dell’Istituto di Tecnologie della comunicazione, dell'informazione e della percezione del Sant’Anna di Pisa che ha preso parte al progetto finanziato dall’European Space Agency -, i costi e i rischi sono ancora troppo alti e la tecnologia ancora acerba. Credo invece che si potrebbe iniziare a parlare di un insediamento scientifico per esplorazioni, esperimenti e come base per muoversi verso altri pianeti". Un progetto che sta già stuzzicando la fantasia di alcune potenze mondiali, a 50 anni di distanza dal primo piede umano che ha toccato il satellite naturale.

I 'mattoni lunari' sono stati costruiti con la sabbia vulcanica prelevata vicino al lago di Bolsena arricchita di alcuni componenti chimici che l’hanno resa simile alla regolite. Di questa per la verità se ne produce già una versione sintetica negli Stati Uniti, ma ha un costo elevatissimo. La stampante a sabbia 3D D-Shape, brevettata e costruita dall'ingegnere Enrico Dini, capace di produrre manufatti di grandi dimensioni, ha iniettato in maniera selettiva del legante liquido sulla sabbia, componendo piano piano ogni mattone. Grazie agli ambienti messi a disposizione dall’azienda Sitael, il gruppo pugliese che si occupa di realizzazione di satelliti, è stato poi possibile ricreare le condizioni della Luna e testare i mattoni. Una verifica che ha dato esito positivo allo studio di fattibilità voluto dall’Esa, un risultato riportato anche dalla rivista Acta Astronautica. L'umanità, dunque, adesso sa con cosa costruire edifici sulla Luna.

Da qui in poi tutto si sposta sul piano della teoria, che potrebbe diventare realtà solo in caso di nuovi finanziatori. Nella ricerca si è affrontato prima di tutto il problema degli spazi. Impossibile trasportare mattoni creati sulla Terra, troppo volume. Così come troppo grande è la stampante D-Shape, oltre a non essere ovviamente adatta per operare con una gravità sei volte inferiore: l’iniezione del legante, infatti, avrebbe un 'effetto spray' che farebbe disperdere tutto il liquido nell’atmosfera. "Siamo in grado di mettere a punto dei rover (robot di piccole dimensioni, ndr) capaci di raccogliere la regolite e di trasformarla in mattoni adattandosi alle condizioni lunari. Il legante che abbiamo utilizzato anche a Pisa conteneva poca acqua perché sulla Luna scarseggia, quindi è fondamentale usarne il meno possibile".

I rover dovrebbero essere in grado di costruire le pareti esterne degli edifici intorno a una sorta di tensostruttura, l’interno dell’igloo, più facile da trasportare dalla Terra. La struttura 'a bolle chiuse' delle mura esterne, ideata dallo studio di architettura inglese Foster+Partners, minimizzerà l’impiego di acqua necessaria per la costruzione, dato che sulla Luna scarseggia. “Questo progetto – conclude Colla - potrebbe accelerare i tempi per una colonizzazione del satellite terrestre a costi relativamente bassi, sfruttando i materiali presenti sulla sua superficie e richiedendo all’uomo un lavoro manuale ridotto”.