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Josefa Idem: "I cecchini della politica e la mia vita trascorsa ad ascoltare l’acqua"

Ha gareggiato 8 Olimpiadi, record mondiale, 32 anni di carriera ai massimi livelli. Poi la parentesi politica, e l'amaro epilogo. "Non mi sarei dimessa da ministra ma fermavano mio figlio fuori scuola. Letta? Mai più cercato"

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RAVENNA. Riflessioni sul tempo. Da 16 a 48, sono 32 anni. A Los Angeles 1984 la ventenne tedesca Josefa Idem conquista una medaglia di bronzo olimpica. A Londra 2012 la quarantottenne italiana Josefa Idem coniugata Guerrini si piazza quinta nella finale del K1 500 a soli tre decimi di secondo dal terzo gradino del podio. E annuncia il ritiro. Mai nessuna donna ha gareggiato in 8 Olimpiadi. È record mondiale. Su scala italiana, alla stessa cifra sono arrivati Piero e Raimondo D'Inzeo sui loro cavalli. Altre riflessioni. Dal 28 aprile al 24 giugno, anno in questione il 2013, sono meno di due mesi. Da quando Josefa Idem è stata nominata ministra per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili a quando si dimette passano meno di due mesi. Idem ha un record di durata e uno di non durata. Sarà chiaro che su questi due fronti più che un'intervista si può scrivere un libro. Infatti lei ne ha scritti due. Ha chiuso con lo sport ad alto livello e con la politica. Contraccolpi?


"Per lo sport no, ci si arriva preparati e poi da atleta sapevo fino a che punto potevo chiedere al mio corpo. Da donna in politica la botta è stata pesante e avrei voluto fare di più. Non per me, ma per le donne, i femminicidi, la scuola, le pari opportunità. Avevo già fissato i tavoli per coordinare una task force che accelerasse i lavori e non si arenasse nella solita burocrazia. Sono problemi che, se vogliamo prenderli alla radice, coinvolgono almeno tre ministeri. Comunque, è andata. Laura Puppato, quella che nel Pd mi è stata più vicina, m'ha detto che ero stata centrata da un cecchino. Mi sa che non avevo appoggi sufficienti, nel partito, e forse alcuni avranno pensato: ecco cosa succede coi dilettanti allo sbaraglio".

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Era una faccenda di Imu, di Ici, un migliaio di euro in tutto, se ricordo bene.
"Sì. Di me si può dire che sono pasticciona, ma non disonesta. Il casino l'ha combinato il mio commercialista e l'ho pagato io. Questa storia è capitata in un periodo propizio: mentre la tedesca Merkel predicava austerity la tedesca-italiana Idem si faceva beccare con le mani nella marmellata. Fosse stato solo per me, non mi sarei dimessa. Avrei lottato, ci sono abituata. Ma quando ho saputo da mio figlio Jonas, che allora aveva dieci anni, che a Marina di Ravenna, fuori dalla sua scuola c'era un mucchio di giornalisti, fotografi, operatori televisivi, ho pensato che non era giusto. Uno ha chiesto a Jonas: ma tu ti vergogni o no per quello che ha fatto tua madre? A questa forma di violenza assurda eravamo arrivati. Basta, dimissioni".

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Enrico Letta l'ha più sentito da allora?
"No, e nemmeno l'ho cercato. La telefonata in cui Letta mi proponeva l'incarico mi è arrivata mentre ero in un cimitero, ai funerali di un'amica. Un segnale? L'ho ignorato. Ero molto felice, al Pd m'ero iscritta dal 2000. Ero e continuo a essere di sinistra. Gino, il padre di mio marito, aveva fatto il partigiano, suo padre era stato ammazzato dai fascisti. Lui e sua moglie Anna mi hanno accolto subito come una figlia, li ricordo con grande affetto. Per chiudere con la mia storia in politica, c'è una cosa di cui sono fiera: ho portato avanti fino all'approvazione, solo in campo sportivo, lo ius soli, passato dai 14 ai 18 anni. E ho partecipato a 19.102 votazioni, col 93% di presenze che non è record ma ottima prestazione".

Tempo fa, quando lei ancora gareggiava, le chiesero: per una donna che fa sport ad alto livello ci sono più problemi? Risposta: "Se è sexy e vince, nessun problema". È della stessa idea?
"Sì. Lo so per esperienza diretta. Fino ai 14 anni avevo pochi capelli, le gambe molto lunghe, piattissima davanti. Sembri una cicogna nell'insalata, mi dicevano".

Perché nell'insalata?
"Non lo so, è un modo di dire tedesco , come in italiano gambalunga o pennellone. La canoa ha scelto me, non viceversa. Nella zona in cui sono nata, ricca di corsi d'acqua, ai confini con l'Olanda, era lo sport più praticato da maschi e femmine. Ci si allenava insieme. I ragazzi correvano su un percorso più lungo e impegnativo, che attraversava un bosco, le ragazze facevano un giro più corto. Io no, facevo lo stesso giro dei maschi e a volte li battevo pure. E poi li sentivo commentare: questa va troppo forte per essere una donna vera. Eccoci tornati alla domanda: i primi problemi sono intorno ai 14/15 anni, quando ti chiedi se sei abbastanza femminile e se lo sport imbruttisce. Altri problemi arriveranno con la maternità? Sì o no, durante l'attività? E se sì, quando? Come conciliare un figlio piccolo con allenamenti e gare? Quanto influisce la fatica sulla qualità del latte materno? Sono solo alcuni esempi".

Lei come ha risposto?
"Come rispondo a chi mi chiede conto della durata della mia carriera: a costo di fallire, vale la pena di provarci. Sempre. Perché solo mettendosi in gioco si può capire cosa si è in grado di fare. È anche per questo atteggiamento che ho il coraggio di dire: nulla è impossibile. Quel che conta è arrivare preparati, sia una maternità o una finale olimpica. Io poi ho un carattere che mi porta a dire che il bicchiere è mezzo pieno e non mezzo vuoto. Per esempio, prima di Londra ci sono entrati in casa i ladri e hanno portato via tutti i gioielli. La mia prima reazione è stata "meno male che non c'era nessuno in casa", non "oddìo, quant'è il danno?". So incassare i colpi. A Seul, Olimpiadi '88, finisco nona nell'individuale e quinta a squadre. Per i tecnici e la stampa tedesca sono finita, peggiorata rispetto a Los Angeles, troppo vecchia per vincere. Reazione: "Ah sì, finita a 24 anni? Adesso vi faccio vedere".

E la sua carriera riparte dall'Italia.
"Sì, avevo conosciuto Guglielmo a Praga, c'era un raduno europeo di varii sport, lui era lì coi pallavolisti. Prima colazione: sto spalmando abbondante Nutella su una fetta biscottata, passa lui e fa: stai attenta, questa roba non fa bene agli atleti. Il solito italiano attaccabottoni, penso. Un paio di giorni dopo invita tutta la nostra squadra, non solo me, a una festa con spaghettata. Ci andiamo, io sono convinta che lui stia puntando una mia amica. Invece no, ero io. Guglielmo per anni è andato in giro a dire che mi aveva conquistato con la pastasciutta, ma non è vero. Mi ha conquistato nonostante la pastasciutta".

Spaghetti scotti?
"No, troppo peperoncino".

In Italia dimostra di non essere finita.
"Ho fatto la scelta giusta, non sapevo di preciso dove fosse Ravenna né che fosse, dopo Roma, il comune italiano più esteso. Vengo in Italia nel 1989, ci sposiamo nel '90. Al mondiale '90 vinco l'oro sui 500, il bronzo sui 5.000, nel '91 il contrario. Devo ringraziare mio marito, ha rivoluzionato il modo di allenarmi, troppo meccanico, troppo tedesco per i gusti di un'atleta, io, poco tedesca nei fatti. Ero molto pigra, avrei dormito volentieri fino a tardi anziché alzarmi alle prime luci e uscire a pagaiare. Agivo macchinalmente. Lui m'ha detto: Sefi, un po' devi pensare a divertirti anche quando ti alleni, non puoi andare sempre a tutta. Ai risultati, ai tempi che fanno vincere, ci arriveremo per gradi. Sentendolo più complice che giudice, ho collaborato di più e mi sono divertita anche alle gare. Ero l'unica a viaggiare con famiglia al seguito, mi è capitato di allattare mezz'ora prima che partisse la gara".

Come la guardavano le avversarie, molto giovani? Come avversaria o come bizzarra faticatrice che non sa smettere di faticare?
"Tutt'e due le cose, credo. E anche con rispetto, perché i tempi di qualificazione non erano caduti dagli alberi".

Hanno calcolato che lei abbia pagaiato per 40 anni circa 3.500 km l'anno. In totale?
"In totale, acqua passata".

A proposito di acqua, che rapporto ha con l'acqua?
"Nel mio sport ci sono due modi di pagaiare: o con l'acqua o contro. Io, con".

Cioè?
"Non uso il massimo della forza, privilegio lo scorrimento del mezzo. Stare con significa capire l'acqua, interpretarla. Ascoltarla, in un certo senso".

Alle Olimpiadi di Pechino lei ha perso l'oro per 4 millesimi di secondo, eppure sorrideva e consolava i suoi figli che l'avevano vista arrivare prima. Quanto le è costato?
"Nulla, perché avrei messo la firma per il bronzo".

Guarda ancora la canoa in tv?
"Sì, e anche atletica e biathlon, un bellissimo sport".

Come riempie le giornate?
"Ho preso una laurea in psicologia. Tengo a posto il giardino. Mio marito è via tre settimane al mese, tra ritiri e competizioni. Se è vicino, tipo Mantova, vado a trovarlo con Jonas che ha 15 anni e studia al liceo linguistico. Janek ne ha 23 e studia filosofia alla Normale di Parigi. Ho cominciato a seguire una scuola di vela . Vado in giro per conferenze. Più varie ed eventuali".

Una cosa che non le piace dell'Italia?
"La tendenza a osannare i furbi e i prepotenti".