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NON SPRECARE

La diffidenza come stile di vita

La diffidenza come stile di vita
La mancanza di fiducia nel prossimo, oltre ad essere un danno, è uno spreco. Ecco perché
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La diffidenza è entrata ormai nei nostri stili di vita. Non ne possiamo fare a meno. E così per il 77% degli italiani “bisogna stare molto attenti nei confronti degli altri” e solo il 21% della popolazione è disposto a considerare “la maggioranza delle altre persone degne di fiducia”. Ad avanzare i maggiori sospetti, secondo questa statistica, sono le donne rispetto agli uomini.

Premesso che la diffidenza è una mancanza di fiducia, una sorta di sospetto permanente, una maggioranza così schiacciante di donne e uomini che hanno poca fiducia nei confronti degli altri, smonta tutta la letteratura sulla solarità del popolo italiano, sulla nostra capacità di essere aperti e ben disposti. E qui entriamo nel campo degli sprechi, dei danni che la diffidenza può fare alle relazioni personali e collettive.

Provate a guardare bene negli occhi una persona sospettosa, incapace di lasciarsi andare, e scoprirete le tracce visibili di un velo di tristezza. La diffidenza brucia allo stesso energie e gioie. Ci rende più aridi. Da qui un secondo spreco: alzando questo muro, privo di qualsiasi funzione utile, tendiamo ad allontanarci dagli altri, spargiamo dubbi e non accendiamo il fuoco dell’empatia , del calore umano e della voglia di contatti. La diffidenza separa, laddove l’uomo non è nato per essere condannato alla solitudine, e come diceva Aristotele “non si può essere felici da soli”. Anche in questo caso potete fare una prova sul campo e scoprirete che le persone povere di fiducia sono anche quelle con le relazioni meno stabili e longeve. Una coppia, per esempio, fidanzati o sposati, è destinata a implodere se si lascia risucchiare nel vortice della reciproca diffidenza che, tra l’altro, è un sentimento molto contagioso, e dunque più pericoloso. Nel suo avanzare a macchia d’olio, la diffidenza è un virus che brucia sentimenti, emozioni, curiosità.

Dalla dimensione personale, la diffidenza tracima nella sfera del sociale. Una società diffidente, e purtroppo l’Italia da alcuni anni è in tali condizioni, perde voglia e fiducia nel futuro. Si avvita nel rancore e nel risentimento. Non si sente rassicurata né da chi sta più in alto, con le relative responsabilità, né da chi è scivolato verso il basso, un destino che suscita paura e cieca ribellione. Una società diffidente si impoverisce prima nella qualità delle persone, e poi anche rispetto alla quota di benessere raggiunto.
 

In compenso, la diffidenza non è una patologia, non ha bisogno di essere curata con medicinali o con il solito lettino dell’analista. In fin dei conti possiamo ridurla a uno stato d’animo, a un temporaneo approccio con gli altri, talvolta un frutto avvelenato di precedenti esperienze negative. E allora gli anticorpi sono a portata di mano, li abbiamo dentro di noi. Alleniamoci a guardare gli altri con più benevolenza, senza sollevare il ditino giudicante; prendiamoci le qualità, più che i difetti, delle persone; affrontiamo con leggerezza, con ironia, chi ha la cronica debolezza di guardare gli altri con il filtro del sospetto. Scommettiamo su chi vogliamo avvicinare, non diventiamo avari nei sentimenti, e dimostriamoci disposti anche a sbucciarci il ginocchio: un rischio che vale sempre la pena correre quando sono in gioco le emozioni dei rapporti umani.
 

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