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Giornata mondiale delle zone umide

In 120 anni abbiamo perso il 90% delle paludi in Europa ed è un problema

La riserva naturale Salina di Margherita di Savoia, in Puglia (foto: Legambiente)
La riserva naturale Salina di Margherita di Savoia, in Puglia (foto: Legambiente) 
Le aree umide coprono solo il 6% del globo e dal 1900 ne abbiamo perse oltre la metà, in Italia il 66%. Buona parte del degrado è dovuta al fatto che ignoriamo la loro funzione di 'depuratori naturali'
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Le paludi sono tra i più produttivi ecosistemi terrestri, ovvero convertono enormi quantità di energia in sostanza organica, da 600 a 2000 grammi di carbonio per metro quadrato per anno. Possono essere prati umidi, paludi, torbiere o aree inondate, con acque ferme o in movimento; possono essere acque dolci, salmastre o salate, comprese le zone di acqua di mare a profondità basse. Coprono il 6% della superficie terrestre. La loro importanza, sottolineata nella Giornata mondiale delle aree umide, il 2 febbraio, è dovuta al fatto che forniscono molti servizi naturali e gratuiti. Regolano i flussi idrologici, depurano le acque, controllano l’erosione del suolo, assorbono l'anidride carbonica presente nell’atmosfera, tutelano la biodiversità. Vengono considerate i reni del Pianeta per le loro funzioni di filtraggio chimico e fisico attraverso il suolo, biologico attraverso le piante e conseguente decontaminazione.


Purtroppo, però, le zone umide non sono in una buona situazione: stanno riducendosi sempre di più in tutto il mondo, nonostante una convenzione internazionale, quella di Ramsar le protegga. Molte vengono convertite in aree agricole o di sviluppo urbano. Dal 1900 ne abbiamo perse oltre la metà a livello globale, in Europa il 90%, in Italia il 66%. Buona parte del degrado è dovuta a una ignoranza del loro valore e in particolare dei loro servizi economici.

Una valutazione di mercato dei loro servizi ecosistemici dunque potrebbe aiutare. Un nuovo studio dell'Università di Waterloo ha cercato di risolvere il problema studiando il ruolo di una palude dell'Ontario meridionale, Canada, nella filtrazione dell'acqua. Nella regione dal 1980 il 68% delle aree umide è stato convertito per altri usi. A differenza di altre ricerche, in questo caso per la prima volta sono state separate le funzioni dei vari tipi presenti, ovvero torbiere, terreni paludosi, acquitrini, paludi. In particolare è stata analizzata la rimozione del fosforo, un composto che produce un grave inquinamento. Se si accumula porta all'eutrofizzazione, ovvero alla proliferazione di alghe microscopiche, che può danneggiare la fauna ittica di fiumi e laghi. La sorgente principale sono i concimi chimici utilizzati in agricoltura e le acque di scarico, all'origine di residui inquinanti che le paludi rimuovono fisicamente e attraverso processi biologici intrappolandolo nei sedimenti e nella vegetazione.

Il numero di studi che hanno valutato i servizi delle paludi sono molti. Nel 2014 il Wwf ha pubblicato il rapporto Il valore economico delle aree umide del mondo (qui il .pdf), nel quale, veniva assegnata una cifra pari a 70 miliardi di dollari all'anno ai 12,8 milioni di chilometri quadrati presenti. In questo caso veniva valutata la biodiversità, la capacità di regolare il clima,  il turismo e i valori socio culturali.

Il valore stabilito dagli scienziati della Waterloo è però ancora, in proporzione, più alto. Nell'Ontario meridionale la sola eliminazione del fosforo vale da 4 a 7 miliardi di dollari per anno, di cui l'80% è dovuto agli acquitrini. Il calcolo è stato fatto in base al costo che sarebbe necessario affrontare con altri mezzi per ottenere lo stesso risultato. Per rimuovere una quantità dell'elemento con sistemi agricoli che prevedono la conservazione del suolo, la creazione di aree con piante perenni, la gestione delle acque di irrigazione, ci vorrebbero 13 miliardi di dollari all'anno. Utilizzando invece trattamenti sulle acque di rifiuto si arriverebbe a 164 miliardi di dollari all'anno. Si potrebbero anche ricostruire le aree umide perse, ma anche in questo caso ci sarebbe una spesa di 2,9 miliardi di dollari all'anno.

La ricerca sull'Ontario meridionale può essere applicata a qualsiasi altra area umida nel mondo, visto che il problema che risolve è ubiquitario. Sarebbe dunque un peccato perderla e sostituirla con mezzi artificiali, quando la natura lavora gratis per noi.