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Biodiversità

Il commercio di animali selvatici mette a rischio la sopravvivenza di molte specie

Bucero dall'elmo (Rhinoplax vigil)
Bucero dall'elmo (Rhinoplax vigil
La pratica, spiegano gli autori di uno studio pubblicato su Nature, potrebbe avere gravi conseguenze per gli ecosistemi dell'intero pianeta
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Secondo il Living Planet Report 2022 del WWF, dal 1970 a oggi le popolazioni di animali selvatici si sono ridotte in media del 69%. Le cause sono molte, e il commercio di specie selvatiche fa la sua buona parte. Dai mammiferi agli uccelli di grossa taglia, molte sono infatti le specie la cui sopravvivenza viene messa a rischio da questo tipo di pratica. Secondo uno studio recentemente pubblicato su Nature, il commercio globale di animali selvatici rischia addirittura di alterare la storia evolutiva e il normale funzionamento di molti ecosistemi in tutto il mondo.


"Globalmente, migliaia di specie sono sottoposte a commercio, molte di queste in modo insostenibile", racconta David Edwards, che ha guidato lo studio ed è professore alla Scuola di Bioscienze dell'Università di Sheffield (Regno Unito). "Ad oggi - prosegue - rischiamo di perdere alcuni degli animali evolutivamente e funzionalmente più distinti, e questo potrebbe avere pesanti conseguenze per gli ecosistemi del nostro pianeta".

La biodiversità, infatti, è fondamentale per il mantenimento funzionale degli ecosistemi: ognuno deve fare la propria parte in quello che potremmo definire un "gioco" molto complesso, pieno di fragilità e sottili legami inter-specie. Partendo dai risultati di precedenti ricerche, gli autori dello studio hanno quindi focalizzato le loro analisi su due aspetti della diversità che caratterizza le comunità selvatiche oggetto di commercio: la diversità funzionale e quella filogenetica. La prima è una sorta di fotografia dei ruoli che le diverse specie hanno all'interno dell'ecosistema di cui sono parte, mentre la seconda descrive la storia evolutiva di una certa comunità di animali selvatici. In sostanza, la diversità filogenetica ci dice "quanto diverse" dal punto di vista evolutivo sono le specie che compongono una determinata comunità. Si tratta di due importanti misure della "salute" degli ecosistemi esistenti: le comunità che presentano una maggiore diversità funzionale e filogenetica sono anche quelle più resilienti.

Tenendo in considerazione questi parametri, gli autori hanno osservato che molte delle specie di interesse dal punto di vista commerciale sono originarie di zone tropicali e fanno parte di comunità con elevati livelli di diversità filogenetica e funzionale. In particolare, il sud-est asiatico e l'Africa sub-sahariana presentano gli ecosistemi con i livelli più alti di diversità filogenetica. Lo stesso vale per alcune parti dell'America del sud, in questo caso per quanto riguarda comunità che presentano elevati livelli di diversità funzionale. "Questo alto livello di utilizzo suggerisce che se il commercio in queste zone non è sostenibile, rischia sostanzialmente di alterare la storia evolutiva presente all'interno di queste comunità e il funzionamento di questi ecosistemi", spiega Liam Hughes, primo autore dello studio.

Inoltre, dalle analisi è risultato che gli animali di grossa taglia vengono commerciati a livelli sproporzionati rispetto a quanto accade per gli animali più piccoli, fatto che globalmente mette a rischio la funzione di queste specie. Ad esempio, l'elefante delle foreste africane svolge un ruolo vitale all'interno degli ecosistemi nei quali è inserito: oltre ad aprire varchi all'interno delle foreste del Congo, contribuisce a disperdere una grande varietà di semi di piante arboree. Purtroppo, negli ultimi decenni le popolazioni di questo grande mammifero hanno subito un drastico declino a causa del bracconaggio per il commercio di avorio, causando non poche conseguenze per le foreste nelle quali vive. Lo stesso vale per specie di uccelli di grossa taglia, come il cosiddetto bucero dall'elmo (Rhinoplax vigil), di cui un tempo esistevano grandi comunità e che adesso invece è considerata come specie ad alto rischio di estinzione.