Il Gusto

Ristoratore lancia il decalogo anti sovrapprezzi: ciotola per cane e piattino in più gratis, così si fidelizzano i clienti

Fabio Baroncini delle Vettovaglie
Fabio Baroncini delle Vettovaglie 
L'iniziativa di Fabio Baroncini dell'osteria Alle Vettovaglie di Livorno: "Richieste di supplementi meschine, noi italiani siamo accoglienti, sbagliato snaturarsi. I clienti maleducati o troppo esigenti vanno gestiti, non bastonati sul conto"
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“Noi, come arriva un cliente con un cane, per prima cosa portiamo una ciotola. E ne mettiamo una fissa piena di acqua fuori dal locale per quelli di passaggio. Pane, piattino di condivisione, seconda forchetta per il dolce? Sono gratis”. La vita è tutta una questione di punti di vista: chi la vede da un’angolatura e chi da un’altra. E in base al punto di osservazione, la musica cambia completamente. Quello livornese è un osservatorio basato sull’accoglienza come filosofia di vita. Sarà perché – si narra – alle origini la città sia stata popolata aprendo le porte a galeotti e prostitute o semplicemente perché nei porti di mare, dove c’è chi viene e chi va, socializzare viene più facile. Fatto sta che è diventato un modo di essere e di vivere.

Il decalogo di Alle Vettovaglie
Il decalogo di Alle Vettovaglie 

Un approccio che si ritrova nel decalogo che, un po’ per indole un po’ per provocazione, si è voluta dare "Alle Vettovaglie", osteria del Mercato centrale cittadino, una perla dell’architettura di fine Ottocento. Il locale è nato nel 2016 da un progetto di Fabio Baroncini, sommelier Fisar e oste, che l’ha portato dagli iniziali 12 posti agli attuali 120. È sull’onda dei rincari e delle richieste di pagamento di supplementi vari chiesti in questi giorni dagli esercenti – balzelli per toast tagliati in due, ghiaccio nel caffè, ciotola per far bere il cane, piattino di condivisione e così via - che Baroncini ha deciso di buttare giù un decalogo al contrario che ben descrive l’anima accogliente della sua osteria.

“Tutti questi supplementi che vengono chiesti ai clienti sono dei fuochi di paglia: della serie, sfrutto l’occasione fino all’ultimo centesimo – riflette Baroncini interpellato dal Gusto - Invece io credo che sia necessario essere costanti nel tipo di servizio e sempre ospitali, com’è nella nostra indole di italiani e di livornesi. A Napoli nei bar, quando ordini il caffè, ti chiedono: gassata io naturale, a Torino il bicchierino di acqua accompagna sempre il caffè, per fare due esempi. È anche per questo che i turisti ci amano. E allora perché snaturarci? Ha ragione Vissani quando dice che ci contraddistingue l’ospitalità e non dobbiamo alterare il nostro modo di fare”.

E i rincari sulle bollette e così via, come si tamponano? “I rincari ci sono e oggi non si amministrano più col cuore ma solo con portafoglio e con fogli Excel. Dobbiamo far tornare i conti perché stipendi, fornitori, bollette e affitti non si pagano da soli, quindi non si può fare gli splendidi. Però, una volta calcolato il food cost, preferisco aumentare un piatto di 50 cent (cosa che ho fatto dopo due anni di aumenti) piuttosto che proporre richieste meschine”.

Alle Vettovaglie dentro il mercato centrale
Alle Vettovaglie dentro il mercato centrale 

Viene da chiedersi, non c’è troppo buonismo? Come la si mette con quei consumatori che si presentano in 5 e chiedono una pizzetta a spicchi? “Il cliente poco educato o troppo esigente esiste – riflette il ristoratore - Non è vero che ha sempre ragione, diciamo che non ha mai torto, ma sta nella natura dell’esercente professionista gestirlo, non bastonarlo sul conto. Noi alle Vettovaglie siamo sommelier, sta nella nostra natura essere eleganti anche nella semplicità di una osteria come la mia, ma ci vuole sempre un certo modo di porgere. E poi bisogna essere un po’ psicologi… Per esempio, quando alla sera chiedono il Martini cocktail di solito vuol dire che la giornata o è andata bene bene o male male, quindi hai il 50% di possibilità di farlo giusto!”. La rinomata ironia e leggerezza livornese risiede anche nelle piccole cose.

 

Ma andiamo con ordine e analizziamo una per una le voci del decalogo.

1 IL PANINO TI SI PORTA NOI TAGLIATO IN DUE

“Il panino – dice Baroncini - io lo porto già tagliato perché è più comodo da mangiare e sembra di soddisfare di più il cliente, lo faccio di default e la gente lo apprezza e ringrazia. Vale per tutti tranne che per quello cacciuccato… ché se no scappa tutto!”.

2 LA SECONDA FORCHETTA PER IL DOLCE TI SI PORTA NOI

“La seconda forchetta per il dolce la porto perché così, se il marito o la moglie rubano un po’ di dolce all’altro, alla fine la coppia ne ordina un altro! E vale nel 60% dei casi”. Un’astuzia commerciale che può portare profitto, insomma, a proposito di punti di vista.  

3 LA CIOTOLA PER IL CANE TI SI PORTA NOI

Livorno è una città dog-friendly dove la maggioranza delle famiglie ha un animale domestico. Anche per questo Baroncini ha scelto così: “La ciotolina piena di acqua ce l’ho sempre fuori per i cani di passaggio”.

Il piatto misto di pesce in condivisione
Il piatto misto di pesce in condivisione 

4 IL SECONDO PIATTINO TI SI PORTA NOI

“Faccio un esempio pratico: ho un secondo locale sul lungomare, La Bottega del Gusto Cino-Vino, dove serviamo un piatto misto a base di acciughe alla povera, baccalà sotto pesto (fritto, marinato con aceto, aglio e peperoncino) e sgombro marinato al pepe rosa: è una portata che si presta proprio alla condivisione come antipastino, tanto che il secondo piatto lo porto in automatico. E se uno lo vuole per altre portate, lo diamo senza problemi”.

5 IL PANE SE LO RICHIEDI TI SI RIPORTA… SENZA TANTE STORIE

Alle Vettovaglie hanno iniziato a portare poco pane per evitare sprechi. “Ma se il tavolo ne vuole ancora lo riportiamo – dice l’oste - Siamo in controtendenza, tanti ristoranti lo servono con la prima portata, noi abbiamo sempre tanta gente e metterlo in tavola prima ci aiuta a far fermare lo stomaco alle persone nell’attesa che arrivino le portate. È un plus del servizio”.

Bimbi e musica al Mercato Centrale di Livorno
Bimbi e musica al Mercato Centrale di Livorno 

6 IL BIBERON TI SI SCALDA GRATIS

I bimbi hanno sempre la precedenza, il locale ci tiene molto alle esigenze dei piccoli, e il latte per il biberon viene scaldato gratuitamente.

7 I NOSTRI PONCI SONO DELLE ESPERIENZE… MA NON TI SI FANNO PAGARE 30 EURO L’UNO

Capitolo a parte merita il ponce, uno dei must dell’enogastronomia livornese: caffè ristretto, scorza di limone, zucchero “fantasia”. Una ricetta storica, quasi centenaria, messa a punto e registrata nel 1929 dal ragioniere Gastone Biondi della ditta Vittori. Ed è tuttora quella usata nei bar. Il costo è di solito 2.50 euro in tutta la città, anche al tavolo. “È un’esperienza – racconta Baroncini - perché bere il ponce a Livorno racconta uno spaccato della città: il bar Civili (dove è nato, ndr), il rum particolare, la scorzetta del limone… tutte cose che fanno parte dell’essere oste, del coinvolgere le persone con una chiacchiera, anche solo per 3 minuti, riuscendo a capire quando fermarsi per non disturbarsi. È l’occasione per raccontare un po’ l’origine del cacciucco (con 5 c, ndr), le Leggi Livornine (emanate dal granduca di Toscana Ferdinando I de' Medici nel 1591 e nel 1593, per richiamare gente in città in modo farla crescere a livello marittimo, ndr), il ponce… Uno storytelling che può dare un valore aggiunto e che ai turisti piace”.

8 L’ACQUA DEL RUBINETTO NON TI SI DÀ… MA SE PROPRIO LA VUOI È GRATIS

“Un po’ di gente la chiede – nota l’oste – noi tendiamo a non darla perché da noi passa in un’autoclave. Preferisco dare quella confezionata. Certo non è una prassi darla gratis, ma se c’è un’esigenza cerchiamo di andare incontro ai bisogni dei clienti”.

9 IL GHIACCIO NEL CAFFÈ È GRATIS

Nessun supplemento neanche se si chiede il ghiaccio nel caffè, come è successo a Pesaro dove in un bar è costato 50 cent.

10 MA RICORDATE CHE SE SEI ASTEMIO TI SI FA PAGARE IL SUPPLEMENTO

È una battuta ovviamente. Ma c’è dietro una strategia di marketing: “Ai miei clienti dico sempre: “Se c’è una persona astemia, gli altri possono sopperire con un secondo calice! – dice il ristoratore - Lo dico scherzando, ma visto che da noi ci sono diversi vini in assaggio, perché no!”.

Lo scopo di un locale è fare profitto non certo beneficenza. Ma se il servizio, oltre che curato nella forma, va anche nella direzione del garbo e del sorriso, in quel bar, in quel locale, ci si torna più volentieri. Sempre nel massimo rispetto reciproco.