Francesco Rutelli: "Con Barbara ci amiamo da 44 anni perché siamo liberi di lasciarci. Quella volta che madre Teresa predisse l'arrivo delle mie figlie. E quando Trump voleva il Colosseo per..."

Getty Images
Getty Images 
L' ex segretario Radicale ed ex Verde, oggi a capo di Anica, a giugno compie 70 anni. E apre l'album dei ricordi (e il suo cuore) parlando della moglie e della loro prima casa, un "buco" al quartiere Monti, dei figli, dei nipotini, della mamma persa prestissimo e della sua Lazio. Ma anche di quel vicino di casa Presidente che come radio amatore mandava in tilt i tassisti romani
8 minuti di lettura

Francesco Rutelli, splendido (quasi) settantenne lo incontriamo da Achilli, un ristorante nel cuore di Prati a Roma. "Ma questo non è il locale di Daniele De Rossi?" chiede. "Sì, e allora? Non faccia il laziale... Oggi non si parla di calcio ma d'amore". "Perfetto", dice sedendosi al tavolo (dopo aver salutato di qua e di là, perché lui, naturalmente, conosce tutti). "Di amori da raccontare ne ho tanti. Ma la mia squadra fa parte del mazzo". 

Segno: Gemelli. Un passato da radicale e poi da Verde. Due volte sindaco di Roma, due volte ministro (Ambiente e Cultura). Un addio definitivo alla politica nel 2013. Una passione per il cinema (che ora è diventato uno dei suoi nuovi lavori), quattro figli, quattro nipotini e una moglie con cui sta da 44 anni, la giornalista Barbara Palombelli.

Cominciamo da Barbara?
"Io ne parlo, ma se vuole sapere di storie e storielle o roba del genere, la nostra vita di coppia da questo punto di vista è noiosa... Quarantaquattro anni sono davvero tanti".

Di questi tempi, un matrimonio così longevo è una rarità...
"È vero. Ma sa perché dura? Perché siamo liberi di stare insieme o di lasciarci ogni giorno. E l'alchimia funziona, e si rinnova. È cominciato tutto per caso. Barbara me la presentò un mio amico, alla fine di un comizio dei radicali.Era il '79. Sceso dal palco, camminammo per le viuzze dietro il Pantheon e, devo dire, mi piacque subito. Ci siamo dati un mezzo bacio in via della Palombella".

Nomen omen...
"Da quel giorno, per farla breve, non ci siamo più lasciati. Siamo andati a vivere insieme: un buco di casa al rione Monti. Buia quella casa... Praticamente non c'erano neanche le finestre. Dopo tre anni insieme, ci siamo sposati. In Comune, in Campidoglio, con quattro familiari come invitati e un pancione di nove mesi a farci compagnia. Dopo la cerimonia andai all'Olimpico a vedere la partita". 

Getty Images
Getty Images 

Vi siete sposati una seconda volta anche in chiesa, però. 
"Sì, nel '95. Anche qui, zero invitati. Non abbiamo neanche una foto: avemmo problemi con la macchinetta usa e getta".

Ora abitate all'Eur, nella villa dove è cresciuto con i suoi genitori. Ma è stato anche vicino di casa di Francesco Cossiga.
"Sì, quando abitavamo in Prati. All'epoca facevo il sindaco. E i tassisti di zona mi fermavano per strada arrabbiatissimi: 'A quello fallo smettere di giocare col baracchino!', mi dicevano. Ce l'avevano con Cossiga che da radioamatore finiva per interferire con le loro radiofrequenze, mandando in tilt l'assegnazione delle corse. Vuol sapere il nome in codice dell'ex Presidente della Repubblica? Andy Capp".

Torniamo al ménage quotidiano. La mattina chi porta il caffè a letto? Lei o sua moglie?
"Ognuno se lo fa per sé. Siamo sempre stati indipendenti. Come nelle scelte di lavoro. Anche se poi ognuno ha condiviso e appoggiato le decisioni dell'altro. Io, ad esempio, ho approvato in pieno la scelta ultima di Barbara di lasciare la trasmissione serale su Rete4".

Palinsesti troppo affollati?
"No, è che a casa nostra non si mangiava mai prima delle 23 di sera. Mille giorni così... un incubo". 

Però agli orari madrileni, essendo sposato con una giornalista che ha lavorato anche in due quotidiani come La Repubblica e Il Corriere della Sera, dovrebbe essere abituato.
"Ma a quei tempi anche io facevo una vita pazzesca. Tornavo a casa tardissimo".

A proposito di quei tempi. Il suo rapporto con Marco Pannella?
"Non è sempre stato facile. Lui era il leader carismatico, difficilmente trattabile. Ma l'ho sempre difeso". 

Lei però è stato il suo pupillo.
"Certo che mi ha dato fiducia. Anche se, nella mia elezione a sindaco di Roma, l'appoggio non venne da lui ma da Goffredo Bettini".

E cosa le disse Pannella, quando si fidanzò con Barbara? Fu contento?
"Diciamo che era sempre ironico sulle coppie: la sua famiglia è stato il partito. Era scettico. Del resto prima di Barbara avevo avuto un sacco di fidanzate, l'ultima una militante radicale..."

Tipo quante?
"Tantissime"

E se le ricorda tutte?
"Ma certo che no... Mi ricordo bene però la fidanzatina che mi mollò a Castiglione della Pescaia. Fu una botta, stetti malissimo". 

Nome? 
"Non lo dico, ormai è una signora grande".

Vabbè allora torniamo a Pannella: le dispiacque che non approvasse la sua storia con Barbara?
"Ma figuriamoci! Lei ha avuto sempre un buon rapporto con lui, e io avevo trovato la donna della mia vita. Comunque, nonostante le asprezze di carattere, Marco è stato un uomo incredibile che ha aperto strade incredibili. A capo di una piccola minoranza capace di incidere sulla vita di grandi maggioranze. Il divorzio, l'aborto, sono state battaglie vinte che gli italiani hanno appoggiato: il popolo era pronto per cambiamenti così importanti delle leggi e della società, ma ancora non lo sapeva". 

Getty Images ai tempi dei Radicali
Getty Images ai tempi dei Radicali 

Di quegli anni cosa ricorda?
"L'impegno e un modo di fare politica diverso. Pensi che quando ero segretario dei radicali la mia stanza di notte diventò il riparo di una persona senza tetto; soprannome, 'Piedone'. Lui la sera voleva dormire per terra. E io la mattina quando arrivavo aprivo le finestre e qualche volta gli davo la sveglia. Le aprivo anche per cambiare l'aria (ridacchia)..."

Ora le faccio leggere una cosa. Arriva dall'archivio storico del mio giornale. È un articolo datato 1993. La firma è di sua moglie: 'Nella notte fra domenica a lunedì, in piazza del Campidoglio, stritolata fra Achille Occhetto e Walter Veltroni, in preda a una violenta crisi di claustrofobia, davanti a migliaia di romani in festa, ho capito che era finita. E ho pianto un po', ripensando alle nostre passeggiate di quattordici anni fa. C'eravamo appena messi insieme. Francesco mi prendeva per mano, mi portava sul Campidoglio a tutte le ore e, con un tono fra Nerone e Alberto Sordi, mi diceva: 'Guarda quant' è bella...''. Se la ricorda?
"Oddio, me l'ero dimenticato..."

Il pezzo fu pubblicato su Repubblica il giorno dopo la sua elezione a sindaco. Roma è stata e resta uno dei suoi grandi amori.
"In assoluto. La mia famiglia è romana da appena 120 anni... il nostro fil rouge è fatto di cultura e arte. Famiglie non ricche, ma sicuramente con l'amore per la bellezza; tre filoni che dall'Emilia (Ada Martini, bisnonna parmense, scrittrice), dalle Marche (Ottavio Marini, bisnonno di Loreto, poi Direttore Generale delle Belle Arti) e dalla Sicilia, arrivano a Roma dopo l'unità d'Italia. Il bisnonno Mario viene da Palermo, avendo vinto il progetto per la Fontana delle Naiadi a piazza Esedra. La fontana fu inaugurata a furor di popolo, dopo molti rinvii e contro il volere dei clericali, perché le naiadi erano troppo nude. Suo padre, mio trisnonno Giovanni Rutelli, aveva costruito a Palermo il Teatro Massimo, da erede di una dinastia iniziata come artigiani della pietra". 

Anche lei ha studiato architettura.
"Sì, ma l'ho mollata dopo 22 esami. E ho preso la laurea dopo che ho smesso di fare politica. I miei mi volevano architetto, anche se mia madre capì presto che avrei fatto politica. Accadde a scuola. Ero dai gesuiti, al liceo Massimo. Quella volta i genitori e i professori si incontrarono per discutere la possibilità di aprire alle donne una scuola in cui eravamo tutti maschi. Io, non invitato, presi il microfono e imbastii una specie di comizio sull'importanza di fare entrare le ragazze. I genitori applaudirono, i gesuiti si arrabbiarono. Per sanzione della mia superbia, mi abbassarono i voti. Io cambiai liceo. Mi iscrissi al Socrate, alla Garbatella". 

Francesco Rutelli con la mamma Sandra Gentili
Francesco Rutelli con la mamma Sandra Gentili 

Degli anni da sindaco, il ricordo che più la commuove?
"È stata un'avventura meravigliosa. Aprimmo decine di nuovi musei e aree archeologiche, costruimmo l'Auditorium, facemmo 300 chilometri di ferrovie con molte nuove stazioni, 830 opere per il Giubileo del 2000, la Roma-Fiumicino... Ma le cose di cui sono più orgoglioso: aver aperto il primo centro antiviolenza sulle donne, verso il Prenestino, e la prima casa-famiglia per persone con problemi psichici, dopo la chiusura del grande 'manicomio del Santa Maria della Pietà' ".

In quale quartiere?
"In un condominio borghesissimo di Monteverde. La mattina che inaugurammo la casa ci aspettavamo una rivolta dei condomini; invece, trovammo le persone sui balconi ad applaudire... Avevano capito il valore della cosa, perché gli operatori sociali avevano spiegato bene che quelle persone in difficoltà sarebbero state seguite. E loro non sarebbero stati lasciati in balia degli eventi. La politica per me è sempre stata questa cosa qui. Ma andiamo avanti, che sennò mi commuovo". (E si commuove davvero, con le lacrime che finiscono sulla camicia azzurra come i suoi occhi, ndr).

In molti sostengono che insieme a Luigi Petroselli lei è stato uno dei sindaci migliori della capitale. Merito suo o demerito di quelli che hanno governato dopo di lei?
"Be', lasciamo stare... Non voglio giudicare nessuno. Certo è che ho fatto cose anche impopolari, ma necessarie. Vi rendete conto cosa vuol dire cancellare 58 milioni di metri cubi edificabili? Oppure, nel piccolo, pedonalizzare piazza del Popolo? Ai tempi, davanti ai bar Canova e Rosati, c'era un enorme parcheggio, e commercianti e residenti volevano mantenerlo. Ma la politica è fatta per ascoltare e poi decidere, sennò diventa palude".

Le piace Elly Schlein?
"Ma non dovevamo parlare d'amore?

E Giorgia Meloni?
"È rispettabile perché è una politica pura. Vede, oggi c'è troppa gente che fa finta di fare politica, e asseconda la corrente. Credo che, a sinistra come a destra, dovrebbero soprattutto costruire squadre all'altezza. Da sindaco, ad esempio, chiamai a lavorare con noi Guido Bertolaso e Marcello Fiori perché erano bravi. I percorsi politici contavano, ma fino a un certo punto. Sono convinto, ancora di più in questi tempi molto difficili, che valorizzare persone capaci debba stare al primo posto. E devi ascoltare tutti. Pensi che, da sindaco, sono stato ad ascoltare anche Donald Trump".

Come mai?
"Ero a New York per un incontro tra le amministrazioni delle due città. Volevamo attirare investitori internazionali a Roma, e il sindaco Giuliani ci fece incontrare, nella sua Tower, Donald Trump, che finì per chiedermi di organizzare Miss Universo nel Colosseo".

E lei cosa rispose?
"Parliamone... (ride).

Perché ha smesso di fare politica?
"Intanto, dopo tanti anni in cui sono stato eletto nelle istituzioni, è sano poter fare altro. Poi, avevo capito dove si andava a parare: che lo spazio pubblico fatto di gente in carne ed ossa sarebbe stato sostituito dalla somma di solitudini sul web, dai post a raffica, da personalismi esasperati. Anche se il vento dell'antipolitica in Italia soffiava già da un bel pezzo. Non mi scorderò mai una delle prime volte che da giovane deputato arrivai in bici a piazza Montecitorio. La scena fu esilarante, perché un signore con la macchina parcheggiò nel posto sbagliato. 'Non può lasciare la macchina lì', disse il vigile urbano, 'perché qui ci sono i politici'. E quello: 'Vabbè, non si preoccupi: io sto tranquillo, la macchina ci ha l'antifurto...' ". 

Cambiamo discorso. Quattro figli, di cui tre adottati. Come è andata?
"Difficile. Ma rifaremmo tutto. Dopo Giorgio, Francisco arrivò fortemente voluto dalla lontanissima Quito, in Ecuador. Serena e Monica invece, arrivarono inaspettate. Un amico di Barbara segnalò queste due sorelline già cresciute, che vivevano in una casa-famiglia. Cercammo di dar loro una mano. La cosa singolare è che tempo prima avevamo incontrato madre Teresa di Calcutta, cui avevo dato la cittadinanza onoraria. Lei era nella sua stanzetta sulla Casilina. Ci disse che avremmo avuto altri figli. 'Impossibile', risposi, 'ormai siamo troppo grandi'. E invece avemmo le bambine in affido, e poi le abbiamo adottate. Domani la più piccola arriva a Roma, con il mio ultimo nipotino. Amo fare il nonno". 

Lei è geloso?
"No. È un sentimento troppo misero davanti all'amore".

In 44 anni mai una crisi?
"Guardi, a leggere su internet io e Barbara ci siamo lasciati un sacco di volte. Anche di recente. Abbiamo raccontato in una trasmissione tv che il derby a casa lo vediamo in stanze diverse. E un sito ha titolato "Rutelli e Palombelli separati in casa".

Però la ama davvero, se le ha lasciato chiamare suo figlio Giorgio come Chinaglia... E sempre nel famoso pezzo pubblicato dopo la sua elezione a sindaco, Palombelli scrisse: "Mi hanno sempre riferito tutti i pettegolezzi: sai, si sono separati, stanno insieme giusto così... c'è chi ha inventato mille tresche per me e altrettante per lui".
"E invece siamo ancora qui, proprio perché tra di noi l'amore non è un patto. È anche l'allegria di stare insieme".

Cosa le piace di più di sua moglie?
"L'intelligenza". 

E quella che le piace di meno?
"Che è della Roma"

Gli altri amori della sua vita.
"I miei cani Oliva e Nuvola, due maremmani meravigliosi. Oggi, la passione per la formazione. Sull'ambiente e il clima, con ESGR Benefit, una società formata assieme a professionisti di prim'ordine, e esperti di rango internazionale. Per i nuovi mestieri dell'audiovisivo, con Anica Academy. E con la Scuola di Servizio Civico, per formare giovani amministratori. Poi, c'è sempre un altro amore di minoranza, la Lazio. 

Cosa pensa di Lotito? 
"Che siamo nati per soffrire! Scherzo... Lotito è rispettabile perché è rimasto un artigiano del calcio. Segue tutto maniacalmente, pure troppo, senza mondi della finanza".

Se potesse riavvolgere il nastro del tempo, quale momento vorrebbe rivivere?
"Il giorno in cui mia madre se ne è andata. Avevo 19 anni. Erano dieci anni che combatteva contro il cancro. Dopo averle fatto l'ultima iniezione di antidolorifico mi prese la mano e me la strinse, guardandomi negli occhi finché non morì... Come a dire: 'Mi raccomando, non mi deludere'. Vorrei stringere di nuovo quella mano e raccontarle come è andata la mia vita".

E come andata?
"È andata come volevo: mai seguendo un copione già scritto". 
 

Rutelli con i sidaci di 30 anni fa
Rutelli con i sidaci di 30 anni fa 

Con Michail  Gorba?ëv e Oscar Luigi Scalfaro
Con Michail  Gorba?ëv e Oscar Luigi Scalfaro 

 

Con Enzo Tortora
Con Enzo Tortora 

Se ti piacciono questi argomenti seguici su Moda e Beauty