Scienze

Quante sono le galassie nell'Universo? Duemila miliardi

I risultati di un nuovo studio, in prossima uscita sul The Astrophysical journal, grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble, rivede la stima. Gli ammassi di stelle sono dieci volte di più di quanto si pensasse
2 minuti di lettura
L'universo contiene molte più galassie di quanto stimato finora. E non è una differenza da poco, secondo uno studio in prossima uscita sul The Astrophysical Journal, ci sarebbero 2mila miliardi di galassie, dieci volte in più di quanto si pensasse.

Il primo ''conteggio'' delle galassie, utilizzando l'Ultra Deep Field del telescopio spaziale Hubble, aveva dato una cifra che si aggirava attorno ai 100-200 miliardi. Ma un team di ricercatori guidato da guidata da Christopher Conselice dell'Università di Nottingham, ha utilizzato i dati della campagna di studi Goods (Great Observatories Origins Deep Survey), ancora con osservazioni di Hubble ha decuplicato il risultato.

Purtroppo il 90 per cento delle galassie che presenti non è visibile agli attuali telescopi. Sono troppo deboli o lontane per poter essere osservate. Una insufficienza tecnica che però potrebbe essere presto colmata dal James Webb space telescope, che sarà lanciato nel 2018.

La storia dell'universo in 3D. I ricercatori hanno trasformato le immagini fornite da Hubble in un modello tridimensionale dell'universo nelle sue diverse fasi evolutive. Hanno così scoperto come le galassie si siano aggregate nel corso del tempo, fondendosi, e diminuendo così la densità. La loro distribuzione nel corso della storia dell'universo non è quindi uniforme.

Ma applicando dei modelli matematici a questa ''timeline'' cosmica, hanno calcolato quante galassie mancassero all'appello. Il risultato, inaspettato, è stato che in realtà il loro numero è dieci volte tanto quello calcolato finora.
È la conferma di qualcosa che era, almeno in teoria, già noto nell'ambiente scientifico: "Quello che hanno fatto Christopher Conselic e il suo team è sostanzialmente il conto usando dati aggiornati per calcolare con più precisione una cosa che si sapeva esistere - spiega Adriano Fontana, astrofisico dell'Inaf presso l'Osservatorio astronomico di Roma - le galassie che vediamo sono quasi come la punta di un iceberg. Ci sono delle distribuzioni statistiche di quanti oggetti ci sono, il conto è stato fatto in base a queste. Per chiarirci: è come se uno da un satellite osservasse le città italiane, vedrebbe le più grandi come Roma e Milano ma non i piccoli paesi. Lo stesso succede, per esempio, per la Via Lattea e Andromeda: due grandi galassie a spirale circondate da decine di galassie molto più piccole. Le galassie satelliti possono contenere pochi milioni di stelle mentre la Via Lattea circa 100 miliardi". Il messaggio è: noi facciamo fatica a vedere quelle così piccole vicino a casa nostra, figuriamoci quelle piccolissime e distanti miliardi di anni luce. "Il numero di questi oggetti molto piccoli è molto grande, ma comunque il 'grossò delle stelle sta nelle grandi galassie che riusciamo a vedere".

I nuovi dati sono un passo in avanti anche per comprendere l'origine delle galassie e la natura della materia oscura: "È interessante - sottolinea Fontana - perché questi dati ci dicono come nascono le galassie. È un pezzo importante del puzzle, una volta, nella storia dell'Universo, erano tante e piccole e col tempo si sono fuse insieme dando vita a quelle più grandi. Attenzione, questo non cambia la stima di quanta materia oscura serve per spiegare le dinamiche dell'Universo, ma il tipo di materia oscura, di cosa è fatta. Questo dato ha una grande rilevanza sul numero di galassie piccole.

Ma come funziona la materia oscura? "Si ''condensa'' come in piccoli grumi attorno ai quali crescono per la forza di gravità le galassie. Se questa è fredda o calda determina quanto sono grandi le galassie. La materia oscura fredda, infatti, si condensa in grumi più piccoli. Sarebbe importante andare a veder le galassie più piccole possibili per capire di che tipo è la materia oscura - conclude l'astrofisico - ma per questo bisognerà aspettare il James Webb telescope".

Dove va tutta la luce delle stelle? Una domanda all'apparenza poetica. È invece un paradosso al quale lo studio dà una ulteriore risposta. Se ci sono così tante galassie da riempire ogni angolo di cielo, perché lo vediamo così scuro? La risposta sta nelle caratteristiche della luce delle stelle, modificata dal redshift a causa dell'espansione dell'universo (la lunghezza d'onda delle radiazioni elettromagnetiche si 'stirà come per l'effetto doppler nei suoni trasformandosi in luce non visibile) e dall'assorbimento della luce da parte delle polveri intergalattiche nelle zone ''buie'' del cielo.