Scienze

Animali, c'è un legame fra le epidemie e marcare il territorio con gli odori

Delimitare il proprio spazio attraverso segnali olfattivi, con l'urina o la saliva, è un comportamento diffuso fra le specie che in certi casi può favorire la persistenza di alcune infezioni, soprattutto se il patogeno responsabile è resistente nel tempo. Ma ha anche dei pro: riduce il numero di contagiati
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COMUNICARE con gli odori, marcare il territorio con l'urina, la saliva o le feci è un comportamento comune a molte specie animali. Lo fanno in tanti, dai cani alle volpi, dai gatti fino a ghepardi e linci e non solo. Durante un'epidemia, in certi casi questa abitudine potrebbe ridurre il numero di animali infetti, aumentando però il tempo di persistenza dell'infezione. Lo dimostra uno studio condotto dal National Socio-Environmental Synthesis Center dell'Università del Maryland. Insomma, non sono solo gli esseri umani, ma anche gli animali hanno un forte impatto, con le loro azioni, sulle epidemie. I risultati sono pubblicati su Plos Computational Biology.

Un segnale negli odori

Finora, nello studio della trasmissione delle malattie, gli scienziati hanno esaminato per lo più il contagio attraverso la comunicazione diretta fra animale e animale, un po' come quando per studiare il nuovo coronavirus ci concentriamo soprattutto sul contagio per via aerea da persona a persona. Meno esplorata, almeno in relazione alle epidemie, è la comunicazione indiretta degli animali, quella che avviene tramite odori e altri segnali. In certi casi, ad esempio, il cane urina per dare un'informazione agli altri cani e far sapere che è passato prima in quel punto. Questa comunicazione è resa possibile dalla presenza, nei liquidi, di feromoni, ovvero sostanze volatili e odorose prodotte dalle ghiandole nella zona urogenitale, facciali e mammarie.

Come ricostruire le tracce

Per capire se c'è un legame fra la marcatura con gli odori e la diffusione delle infezioni, i ricercatori hanno costruito un modello matematico, basato su dati precedenti, che mimava e studiava le mosse di animali infetti. In pratica hanno ricostruito gli spostamenti dell'animale all'interno di un territorio e le tracce, cioè i segnali lasciati sul suolo e li hanno messi in relazione con l'andamento conseguente delle malattie considerate. L'obiettivo era capire se e come cambia la diffusione delle malattie fra animali definiti territoriali, ovvero che si distribuiscono secondo regole precise in un territorio, marcandone i loro confini, e animali che si muovono in maniera casuale, senza seguire queste regole.

Marcare il territorio, pro e contro 

I ricercatori hanno osservato che, rispetto alla diffusione delle epidemie, la territorialità degli animali e la loro abitudine di marcare il loro spazio con gli odori ha dei pro e dei contro. In particolare, in alcune condizioni il fatto che delimitino il loro spazio per non far entrare nuovi individui ha un effetto positivo perché riduce la quantità di esemplari contagiati, dunque riduce la trasmissione degli agenti patogeni. Le condizioni sono le seguenti: un'elevata densità abitativa, cioè la presenza di molti animali in un dato territorio, e tassi di recupero dalla malattia più lenti. Ma, sempre in questo caso, marcare il territorio ha anche degli svantaggi: quando i tempi di ripresa sono più lunghi il comportamento potrebbe favorire la persistenza dell'infezione. Insomma, diminuirebbe l'estensione e la gravità dell'epidemia al prezzo di una sua maggiore durata.

Il comportamento degli animali

Questi risultati supportano l'idea che la comunicazione indiretta, come quella attraverso la marcatura del territorio, possa avere un ruolo importante, più di quanto previsto, anche nell'andamento delle malattie e delle epidemie. Gli autori spiegano che questo genere di studi è utile per comprendere in che modo le azioni del singolo hanno degli effetti sulla comunità. E questo ci ricorda che è importante studiare la diffusione delle infezioni non soltanto fra gli esseri umani – come stiamo facendo per Covid-19 – ma anche fra le specie animali, per comprendere meglio qual è l'andamento di alcune malattie. Il prossimo passo degli autori sarà quello di aggiungere altri parametri nel modello, ad esempio le caratteristiche di un determinato habitat e gli ambienti dove gli animali cacciano le prede.