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Ucraina, il razzismo verso la comunità Rom che fuggono dalla guerra: ecco chi cerca di dar loro aiuto al confine con la Polonia

Ucraina, il razzismo verso la comunità Rom che fuggono dalla guerra: ecco chi cerca di dar loro aiuto al confine con la Polonia
 Centre For Migration dell’Università di Varsavia. “I Rom sono stati buttati fuori dalle stazioni ferroviarie, gli è stato negato aiuto, cibo, alloggio e sono stati spostati da un posto all'altro. Molti sono tornati in Polonia”
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VARSAVIA - Il Punto di accoglienza di Korczowa, a cinque chilometri dal confine ucraino, comincia a svuotarsi. Una ragazzina in viaggio con la sua famiglia - la famiglia di Artur - chiede aiuto a un volontario per trascinare fuori un pesante bagaglio. La giovane si ferma un attimo per capire quale sia l’uscita più vicina, ma il volontario, spazientito, getta a terra la borsa con violenza. “La moglie di Artur è preoccupata per le condizioni in cui vivranno i bambini, se avranno una casa. Sa che la sua origine Romanì  (Rom) è carica di pregiudizi”, spiega Ignacy Jozwiak, ricercatore del Centre for Migration dell’università di Varsavia. Dopo alcune difficoltà logistiche, la famiglia di Artur si divide su due bus. Una rifugiata ucraina protesta con un’autista perché non vuole viaggiare con le famiglie Rom, ma il conducente spegne la protesta e invita tutti a salire sui pullman. Una delle donne abbraccia Monika Szewczyk. Poi, il bus parte alla volta della Germania, portando lontano dalle bombe un altro gruppo di persone. “Hanno rischiato la vita e si sono fidati di noi. Il mio cuore è con loro”, commenta la ricercatrice.

“E’ molto difficile radunare queste grandi famiglie”. Lo spiega ancora il ricercatore del Centre for Migration. “Alcuni loro parenti sono ancora fermi a Leopoli”, gli fa eco Elbieta Mirga-Wójtowicz. Entrambi lavorano al “Centre for Migration Research” di Varsavia. Su un lettino da campeggio, una bambina gioca con il suo cagnolino, mentre due ragazzini aiutano gli adulti a raccogliere i bagagli. “Devono partire ora. E’ meglio così”, dicono. “Ognuna di queste persone è scappata dalla guerra e portano con loro un bagaglio di paure per un futuro che si annuncia incerto, a cui non credevano di andare incontro”, dice Monika Szewczyk, altra ricercatrice del team. Tomasz Kosiek, altro membro del gruppo, parla con uno degli autisti che guiderà il bus diretto in Germania, dove le famiglie saranno accolte. Artur, il giovane di origine Rom scampato alla guerra assieme alla moglie e ai loro cinque figli, è molto preoccupato: non è mai stato all’estero. I suoi genitori resteranno sul confine polacco, in attesa del resto della famiglia bloccata in Ucraina, e tutto questo aumenta le sue inquietudini.

Famiglie separate al confine. Alcuni familiari della famiglia Rom di Artur restano a Korczowa, in disparte rispetto agli altri rifugiati. Se il resto dei parenti riuscirà a raggiungere il confine polacco, anche loro potranno andare via. “A Korczowa e Przemyl, dalla comunità Rom sono arrivati soprattutto donne e bambini. La maggior parte degli uomini è rimasto in Ucraina al fianco dell’esercito”, spiega  Mirga Wójtowicz. “Abbiamo conosciuto un’anziana donna in attesa del fratello disabile, fermo in Ucraina perché senza documenti. Come è possibile ottenere un documento durante la guerra?”, commenta una donna del team.

Alcuni Rom rinunciano a partire: "Non ci sentiamo accolti". “Abbiamo incontrato anche due donne con tre bambini, stanchi e ammalati. Dopo essere stati a Przemyl, Varsavia, Stettino, Breslavia e Berlino tornavano nell’Ucraina centrale. Altrove non si sono sentiti accolti e a volte restavano senza cibo. Siamo rimasti scioccati, ma spesso i problemi cominciano proprio lontani dal confine polacco”, spiega ancora Mirga-Wojtowicz, “I Rom sono stati buttati fuori dalle stazioni ferroviarie, gli è stato negato aiuto, cibo, alloggio e sono stati spostati da un posto all'altro. Molte persone sono tornate in Polonia”. Episodi razziali hanno avuto come protagonisti la comunità africana, asiatica e Rom. Per quest’ultima il movimento Kethane Italia ha raccolto la storia di Rubinta, una donna Rom che per giorni è rimasta nascosta in una cantina di Kharkiv, senza cibo.

Posti in treno gratuiti oppure a 200 euro l'uno. “I treni per Leopoli, gratuiti per donne e bambini, sono costati per ogni uomo 200 euro”, si legge in una nota del gruppo che riporta la storia. “Giunti a destinazione, un militare ha picchiato un ragazzino di 16 anni mentre beveva un tè. L’esercito ha impedito ai bambini di chiedere cibo alla Croce Rossa e gli uomini hanno dovuto pagare 1.500 euro per superare la frontiera”. Negli ultimi anni, l’Ucraina è stata teatro di alcuni pogrom. “Nel 2018, l’omicidio di un bimbo ucraino di 9 anni è stato imputato ad alcuni rom”, ricorda Mirga- Wójtowicz. “Bande di nazisti e cittadini coi Rom come vicini di casa, hanno iniziato a farsi giustizia da sé. Un giovane di 24 anni è stato ucciso; un attivista è stato invece accoltellato davanti ad un supermercato. La situazione migliora in Polonia; forse perché ci sono meno rom rispetto a Bulgaria, Romania, Slovacchia e Ungheria. Attivisti e organizzazioni, poi, mettono in campo anche misure preventive”, dice la ricercatrice.

L’Istituto Rom Europeo per le arti e la cultura. Il gruppo di ricercatori è stato anche commissionato su iniziativa dell’ “Istituto Rom Europeo per le arti e la Cultura - ERIAC”, inaugurato nel giugno del 2017, con sede a Berlino. “Raccogliamo materiale sulla storia e la cultura Rom. Stiamo creando un archivio che raccolga testimonianze di razzismo o solidarietà verso i Rom in tempo di guerra”, conclude Mirga- Wójtowicz. L’ERIAC, infatti, ha come obiettivo quello di educare ed informare la popolazione sulla comunità Rom, che spesso è al centro di atti razziali, mediante l’uso di arti, cultura, storia ed i media. Se nel 1971 il Congresso Mondiale Rom ha instituito un inno nazionale e una bandiera sotto cui proteggere la comunità, la strada per rompere i pregiudizi e accogliere senza discriminazione questa comunità è ancora in salita.