Sport

Ultim'ora

Lodi, ragazza di 20 anni denuncia una violenza sessuale subita in pronto soccorso, poi si lancia dalla finestra e muore

Watford, Elton John e Graham Taylor: l'allenatore e il musicista, storia di un’amicizia impensabile

"Eravamo come fratelli". Il grande cantante ricorda l'allenatore, scomparso ieri a 72 anni, che lui stesso scelse quando era presidente: "Brillante, innovativo, colto, sensibile, spiritoso",
5 minuti di lettura
LONDRA - "Eravamo come fratelli". Elton John ricorda così Graham Taylor, scomparso ieri a 72 anni, un tecnico "brillante, innovativo, colto, sensibile, spiritoso", uno dei pochi allenatori inglesi che il calcio inglese abbia prodotto e non si sia pentito di averlo fatto (pochi davvero i grandi allenatori inglesi rispetto alla grandezza del calcio inglese). Taylor aveva creato, più che allenato, il Watford di cui Elton John era da poco diventato il proprietario. Un'esplosione di qualità iniziata nell'aprile del 1977. La lenta, luminosa e inesorabile ascesa, una categoria dopo l'altra, condusse il Watford sino alla finale di Fa Cup del 1984, sino agli immancabili 100 mila di Wembley. E quel giorno, in tribuna da presidente, Elton John diceva ai suoi vicini di posto: "A luglio del prossimo anno tornerò in questo stadio, ma da cantante". E poi si racconta che dovette spiegare ai suoi interlocutori cosa fosse il "Live Aid": "Una raccolta di fondi e una festa della musica". Diversamente da una partita di calcio, l'evento avrebbe riempito anche il prato di Wembley e, diversamente da una partita di calcio, sarebbe durato qualcosa come quindici ore, fra diretta inglese e diretta americana da Philadelphia, che il pubblico londinese avrebbe seguito da uno schermo gigante: "E come si fa a resistere?" chiesero a Elton, quasi ridendo. "Se ami la musica, quindici ore di canzoni passano in un attimo", spiegò senza alcuna speranza di essere compreso. "Ma a voi non piace la musica?". La risposta fu: "No".

Anche a Londra c'era chi nel 1984, nel momento in cui per acquistare il singolo degli Human League fuori dal Virgin Megastore di Oxford Street c'era una fila lunga centro metri, non amava il pop o il rock, non sapeva niente di Clash, Style Council, Heaven 17, Sade, Everything But The Girl o Bowie. Dopo aver perso la finale di Fa Cup contro l'Everton (2-0), Graham Taylor andò a cena con Elton e gli fece gli auguri perché il giorno dopo il musicista sarebbe dovuto partire per gli Stati Uniti per una serie di concerti: "Ma ti devo confessare, amico mio, che sto anche pensando di lasciare il Watford". Lo disse perché era triste, Elton, perché quella finale, che in cuor suo sentiva (a ragione) che sarebbe rimasta unica, avrebbe voluto vincerla. Elton partì per gli Stati Uniti ma non lasciò il Watford. Era ancora, emotivamente e finanziariamente, troppo coinvolto. Graham Taylor era stata la chiave delle sue fortune imprenditoriali: "Nel calcio io sono il produttore e Graham è il mio artista di punta", diceva. La storia d'amore di Elton John con il Watford è nata talmente presto che Reginald Kenneth Dwight (il vero nome) non riesce proprio a ricordarsi: "Deve essere successo quel giorno che andai allo stadio senza dirlo ai miei". Marinò la scuola e con un paio di amici più grandi di lui andò ad esplorare il suo quartiere-paese, Pinner, un segmento della Greater London sistemato a nord-ovest.

Erano così curiosi e così pieni di energie che fecero talmente strada da sfondare, senza rendersene conto, le rotte convenzionali. In pratica emigrarono. In un punto imprecisato del settentrione bucarono Pinner (dove Reginald era nato e dove viveva a casa dei nonni insieme con i genitori). Si appalesarono case dai contorni nuovi, strade dai nomi sconosciuti. Forse aveva sei anni, forse era il 1953, forse era giusto provare sensazioni alternative. Agli amichetti Reginald parlava seccato di come suo padre trombettista lo costringesse a interminabili lezioni di pianoforte. Sembra una battuta di spirito, pensando a quel che sarebbe stato il suo futuro rapporto con lo strumento. Ad un certo punto si materializzò tanta gente. E guarda caso andavano tutti nella stessa direzione, come richiamati dal suono di una tromba immaginaria. I ragazzi, incuriositi, seguirono la folla. Apparve Vicarage Road, lo stadio del Watford. Andiamo a vedere la partita? Non potevano. Non avevano il biglietto ma soprattutto non avevano i soldi per comprarne nemmeno uno. Rimase l'emozione: "Ricordo che una delle sensazioni più forti fu il chiasso composto, ordinato, degli appassionati", ricorda Reginald, che ancora non si chiamava Elton e ancora non conosceva il brivido di gestire folle oceaniche.

Nell'inevitabile caos normativo del calcio del dopoguerra (in Inghilterra riprese a giocare stabilmente nel 1946), il Watford era una delle tante identità della Londra del pallone, estesa ai sobborghi. Anche quando divenne Elton John, Reginald conservò una nicchia per raccogliere in ogni momento la sua fede calcistica. Nel 1974 Elton John era uno dei più luminosi astri del pop inglese. Aveva inventato uno stile cospargendo di modelli culturali americani la travolgente spinta creativa della melodia post-beatlesiana. Il 5 maggio di quell'anno, per combinare le sue passioni, organizzò un concerto dentro Vicarage Road. Chiamò dei colleghi ad arricchire il cast, fra questi uno dei rocker più calcistici di tutti i tempi, Rod Stewart. Il costo del biglietto era di una sterlina. Lì Elton capi due cose (ma forse le aveva già capite prima): che la sua parabola di artista popolare era destinata ad ancora più alti traguardi (aveva appena pubblicato Captain Fantastic) e che niente, nemmeno la celebrità planetaria, nemmeno il ritagliarsi uno spazio unico, inconfondibile, nel panorama musicale degli anni Settanta, dove Elton ha dato decisamente il meglio di sé, l'avrebbe distolto dall'amore per il calcio. I giocatori e i tifosi del Watford erano e sono tuttora noti anche come "hornets", i calabroni. Così Elton, per cementare calcio e musica, dentro e fuori dalla sua anima, e per onorare l'impianto che ospitava quel suo spettacolo, salì sul palco travestito da calabrone.

La strada, molto più concreta di quella trasognata e cinematografica "di mattoni gialli" che aveva dato il via alla strepitosa raccolta di bozzetti di Goodbye yellow brick road e che Elton aveva "rubato" al Mago di Oz, era segnata. Parte delle ricchezze accumulate le utilizzò, oltreché per acquistare occhiali a rotta di collo, per acquistare il "suo" club.  Venne Graham Taylor. Fu la prima scelta da presidente. Era l'aprile del 1977. Non fu un caso, quel cambio di rotta, e soprattutto fu un successo, come una delle canzoni più celebri di Elton John. I due, quasi coetanei, si capirono subito. Elton aveva 30 anni, Taylor 32. Due amanti del pallone, pur provenendo da poli opposti, non possono che stringere patti, intendersi al volo, sapere in armonia cosa si può fare e cosa no. Il Watford militava in quarta divisione. In cinque anni risalì la corrente sino, appunto, a conquistare la finale di Fa Cup nel 1984. Ma prima, nel 1983, giunse secondo in First Division dietro il Liverpool di Kevin Keegan e Ian Rush, proprio quel Liverpool che si sarebbe assicurato i servigi di uno dei talenti lanciati da Taylor: John Barnes. Un risultato spaventoso. Era un calcio semplice ma colto, quello di Taylor. No aveva interpreti eccelsi, non servivano. Fu sufficiente l'estro controverso di Luther Blissett, che vinse la classifica dei cannonieri con 27 reti (prima di essere ceduto al Milan per 1 milione di sterline con i risultati paradossali che sappiamo), l'esplosione di Barnes e la compattezza degli altri: "Io e Graham abbiamo fatto insieme un viaggio straordinario, sin dal primo giorno abbiamo stretto un legame fortissimo", ha scritto Elton su Instagram, "è stato lui a tirar fuori il mio Watford dalle oscurità delle categorie inferiori, lui a condurlo verso la luce del calcio inglese e poi in Europa. Se il Watford è diventato un club di punta lo si deve esclusivamente al suo genio calcistico e alla sua saggezza umana".

Quando riprovarono a giocarsela insieme, nel '96, dopo che Taylor aveva allenato Aston Villa e Wolverhampton e per tre anni era stato anche ct della nazionale inglese, il calcio aveva cambiato pelle, era quasi irriconoscibile. Taylor riprese la squadra nel febbraio del '96 ma non riuscì ad evitare la retrocessione. Si rifece riportando il Watford in First Division nel '98, evento che fece parzialmente gioire il presidente, ancora scosso dalla morte di Lady D. Ormai la stimolante, fortunata e redditizia stagione di Elton stava procedendo verso il suo inevitabile tramonto, l'entusiasmo si stava spegnendo, come "a candle in the wind". Insomma il "rocket man" aveva finito la benzina. Elton si staccò nel 2002. Nel 2008 rinunciò anche alla carica di presidente onorario. Tanto di quelle archeologiche bellezze (per la velocità che muove il calcio di oggi) restano nel Watford di Pozzo, sostenendolo anche nelle oggettive difficoltà di testimoniare, in altro tempo, la grandezza vagamente effimera, e sicuramente lontana, dell'epoca in cui "io ero il produttore, Graham il compositore e Luther il pianoforte che portava le note al pubblico". Parola di Elton John.
I commenti dei lettori