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Almanacco dell'innovazione - 10 dicembre 1986

Il Nobel a Rita Levi Montalcini: "Il corpo faccia quel che vuole, io sono la mente"

Il Nobel a Rita Levi Montalcini: "Il corpo faccia quel che vuole, io sono la mente"
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Il 10 dicembre 198, alla concert hall di Stoccolma, Rita Levi Montalcini riceve il premio Nobel per la medina, assieme al suo collega e compagno di studi Stanley Cohen, per le scoperte sul fattore nervoso di crescita (qui il video con il momento della consegna). La seconda donna italiana a ricevere questo riconoscimento; la prima, sessant'anni prima, era stata la scrittrice Grazia Deledda, per la Letteratura. Il premio a Rita Levi Montalcini era molto diverso: il primo ad una donna italiana in una materia scientifica.

Quel giorno fece un breve  discorso (qui integrale e tradotto) tutto centrato sulla gratitudine per il riconoscimento del suo lavoro. Ma sono da ricordare le parole che aveva pronunciato qualche settimana prima, il 13 ottobre: Rita Levi Montalcini stava leggendo un giallo di Agatha Christie, quando il telefono squillò. Un’anonima e inaspettata chiamata da Stoccolma le annuncia la vincita del Premio Nobel per la Medicina, insieme al biochimico Stanley Cohen, collaboratore e collega con cui ha condiviso la ricerca iniziata a Torino e proseguita presso la Washington University di St Louis nel Missouri”.

La professoressa quel giorno dirà: “Il Nobel non cambierà la mia vita. Continuerò a lavorare come ho sempre fatto. E il ricavato lo devolverò in beneficenza e per aiutare i giovani studiosi in neurobiologia”. Così ha fatto. Quel giorno aveva 77 anni e ha continuato a lavorare fino alla fine dei suoi giorni, quando ne aveva 103. Quando compì 100 anni, mandai lo scrittore Paolo Giordano ad intervistarla per la prima copertina di Wired Italia. Una copertina storica per almeno due fattori: la foto di Albert Watson post prodotta da David Moretti con un strato fatto di argento; e la frase che la professoressa aveva detto a Giordano, riportata in copertina come uno slogan: “Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente”.