Autori: Vincenzo Fuxa, Alessandra Melegatti

Nelle molteplici sfide che ha affrontato e vinto, Leonardo da Vinci si è confrontato con un avversario di cui egli stesso ha evidenziato la forza. Si tratta dell’occhio umano, il più difficile da soggiogare tra tutti gli organi percettivi.

Nel Trattato della Pittura, leggiamo infatti:

L’occhio, nelle debite distanze e debiti mezzi meno s’inganna nel suo ufficio che nessun altro senso, perché vede se non per linee rette, che compongono la piramide che si fa base dell’obietto.”i

Utilizzando consapevolmente la prospettiva aerea e la pittura tonale, Leonardo non si è limitato a riprodurre i realia, immergendo lo spettatore in una dimensione veristica, ma in alcune delle sue opere più noteii ha aggiunto illusioni prospettiche lievemente anamorfizzate, che aprono all’osservatore un binario visivo: la fruizione frontale dei supporti restituisce figure normodimensionali, ma tra queste si celano elementi lievemente deformati, che acquisiscono consistenza, rettificati in forme e dimensioni, mediante un’osservazione lateraleiii . Leonardo fu probabilmente il primo pittore italiano a ricorrere intenzionalmente all’alterazione, di cui comprese e sfruttò abilmente il potenziale, diversamente dalla maggioranza dei colleghi, che studiavano le tecniche prospettiche al fine di evitarlaiv .

Il giovane deve prima imparare prospettiva; poi le misure d’ogni cosa; poi di mano di buon maestro, per assuefarsi a buone membra; poi del naturale, per confermarsi la ragione delle cose imparate…”v

Il principio alla base della dicotomica rappresentazione può essere assimilato a quello delle moderne figure a doppio riflesso, con la differenza che, per far emergere le immagini secondarie, oltre all’inclinazione del piano è richiesta la lateralizzazione del punto di vista.

È plausibile che Leonardo abbia ottenuto le deformazioni avvalendosi di un prospettografo che lui stesso aveva ideato e di cui si serviva, a seconda dei casi, per realizzare prospettive regolari oppure alteratevi. Lo strumento e il suo utilizzo sono disegnati su un foglio del Codex Atlanticus (f.1 bis v.a), databile intorno al 1480, in netto vantaggio rispetto al più famoso sportello di Dürer, sia in termini cronologicivii che pratici: mentre il macchinario del tedesco richiedeva un sistema di fili da far passare nel doppio telaio e sull’oggetto da riprodurre, il prospettografo di Leonardo si basava sulla visione diretta attraverso uno spioncino. Il suo funzionamento è illustrato nel Manoscritto 184 (f.24 verso) della Biblioteca dell’Istituto di Francia, in cui è spiegato l’impiego di un vetro, che precede l’esecuzione sulla carta:

“… cuopriti un occhio, e col pennello o con il lapis, segna su ‘l vetro quello che di là appare, e poi lucida con la carta tal vetro, e spolverizzandola sopra una carta buona, dipingela, se ti piace, usando bene di poi la prospettiva aerea.”viii

Nel disegno, l’oggetto rappresentato col prospettografo è una “sfera armillare”, antico strumento astronomico che riproduce i moti celesti. Leonardo ha dato prova della sua capacità nel rendere la terza dimensione, dipingendo ad acquerello 60 solidi platonici, per il De Divina Proportione del matematico fra’ Luca Pacioli, trattato sulla sezione aurea dedicato a Ludovico il Moro, che fu mecenate di entrambi i maestri.

Tavole acquerellate di Leonardo da Vinci nel “De Divina Proportione” di Luca Pacioli

Che le competenze sulla prospettiva si possano applicare “in maniera inversa” è lo stesso Leonardo a spiegarlo nel Trattato della Pittura, illustrando il metodo per rappresentare un corpo che sembri alto 40 braccia in uno spazio di 20, o che figuri di 24 braccia in un’ampiezza di 12, anche quando la superficie non fosse piana ma presentasse delle concavità:

“… ma prima di fare la figura nella volta, fa sul piano d’una sala la parete della forma che sta il muro con la volta dove tu hai a fare la tua figura, dipoi farai dietro ad essa parete la figura disegnata in profilo di che grandezza ti piace, e tira tutte le sue linee al punto t;

“Trattato della Pittura”, cap.432

e nel modo ch’esse si taglino sulla parete r n, così la figurerai sul muro, che ha similitudine con la parete, ed avrai tutte le altezze e sporti della figura; e le larghezze, ovvero grossezze che si trovino nel muro dritto m n, le farai in propria forma, perché nel fuggir del muro la figura diminuisce per sé medesima. La figura che va nella volta ti bisogna diminuirla, come se essa fosse dritta, la quale diminuzione ti bisogna fare in su una sala ben piana; e lì sarà la figura che leverai dalla parete n r con le sue vere grossezze, e ridiminuirle in una parete di rilievo sarà buon modo.” ix

Le più attendibili testimonianze cinquecentesche circa gli espedienti prospettici di cui Leonardo si sarebbe avvalso sono costituite dai trattati del veneziano Daniele Barbaro, di Giacomo Barozzi da Vignola e del milanese Giovan Paolo Lomazzo.

Barbaro, già noto per aver tradotto il De Architectura di Vitruvio, nel 1569 dà alle stampe La pratica della perspettivax, scritta in collaborazione col matematico Giovanni Zamberti, dichiarando nel Proemio di voler divulgare la prospettiva presso quegli artisti che più necessitano di conoscerla e che invece la rifuggono.

Nel I capitolo della parte quinta, in cui espone “una bella, & secreta parte di Perspettiva”, informa dell’esistenza di alcune tavole o carte, che riportano effigi di principi, animali o lettere, visibili solo ponendo “l’occhio di chi le mira nel punto determinato” xi. Allude anche all’ingegno di pittori che hanno dipinto lettere decifrabili mediante specchi o disegnato orologi ricorrendo ai riflessi di lumi, o ancora ad artisti che hanno dato prove meravigliose, usando l’acqua per la rifrazione dei raggi. Egli sostiene che ciò è reso possibile dall’approfondita conoscenza delle proprietà degli angoli e della natura.

“…fa prima di sapere ben fare tutte le membra di quelle cose che vuoi figurare, cosí le membra degli animali come le membra de’ paesi, cioè sassi, piante e simili.”xii

Nel capitolo secondo, ovvero Pratica prima delle cose dette, egli descrive il procedimento dell’ “anamorfosi a scomposizione del soggetto”, che verrà sviluppato nella trattatistica successiva.

Leonardo potrebbe averne fatto uso nella Dama con ermellino e nella Signora di Lombardia, nelle quali i personaggi secondari paiono animarsi attorno all’effigiata. Diverso è invece il principio adottato nel Ritratto a sanguigna della Biblioteca Reale di Torino, in cui la figura del lupus hominarius appare incastonata nella principale.

Giacomo Barozzi, nel manuale Le due regole della prospettiva praticaxiii, pubblicato postumo a Roma nel 1583, inserisce un paragrafo intitolato Di quelle pitture che non si possono vedere che cosa siano, se non si mira per il profilo della tavola, dove sono dipinte, in cui descrive un sistema mostratogli dal pittore Tommaso Laureti, nato a Palermo ma formatosi a Roma. Esso consiste nel creare una griglia sul disegno iniziale e nel porvi sopra una seconda “graticola” con l’altezza congruente alla precedente, ma la cui lunghezza sia quintuplicata o sestuplicata. Più essa sarà lunga, tanto più l’occhio dell’osservatore si dovrà avvicinare al profilo della tavola. L’immagine frontale, per esempio una testa, può venire dissimulata, rendendola simile ad uno scoglio o a un’altra figura. Barozzi spiega che per rendere il disegno maggiormente ingannevole, vi si può dipingere sopra e sotto altri elementi, quali una scena di caccia o cavalli al galoppo, ben visibili dalla posizione frontale, così da far credere che non vi sia null’altro.

Se avrai a invenzionare qualche sito, potrai lí vedere similitudini di diversi paesi, ornati di montagne, fiumi, sassi, alberi, pianure grandi, valli e colli in diversi modi; ancora vi potrai vedere diverse battaglie ed atti pronti di figure strane, arie di volti ed abiti ed infinite cose, le quali tu potrai ridurre in integra e buona forma.”xiv

Aggiunge che la tavola verrà poi collocata in una “cassetta di maniera”, dotata di una finestrella da cui osservare l’immagine che ne risulterà rettificata.

Nonostante nessuna fonte dichiari che Leonardo abbia previsto l’inserimento delle proprie creazioni in scatole prospettiche, è certo che una corretta fruizione ne implichi la visione obliqua. Nel Ritratto a sanguigna, ad esempio, l’immagine secondaria acquisisce consistenza osservandola dallo spigolo sinistro.

Ritratto a sanguigna, ricostruzione filologica dell’immagine anamorfica

Nell’edizione delle Due regole curata da Egnazio Danti, viene inoltre illustrato un metodo di proiezione delle immagini su barre triangolari, con rettifica per mezzo di uno specchio piano, di cui proprio Leonardo potrebbe essere l’ideatorexv. Tale procedimento sarà descritto anche da J. F. Niceronxvi, attraverso un disegno che ritrae il re Francesco I, principale committente dell’artista nei suoi ultimi anni trascorsi in Francia.xvii.

Giovan Paolo Lomazzo, per il Trattato dell’arte de la pitturaxviii del 1584, attinge testimonianze direttamente da Francesco Melzi, suo amico nonché discepolo ed erede di Leonardo.

In particolare, nel XX capitolo del libro VI, intitolato Modo di fare la prospettiva inversa che paja vera, essendo veduta per un solo forame, egli invita a porre una tela o una carta, della lunghezza di 15 braccia e alta un braccio sul muro di un portico, disegnando su un quadro posto da un lato e alto come la carta, un cavallo o una testa di Cristo o un altro soggetto; quindi si dovrà tratteggiare sul disegno un reticolato. Il quadro verrà appoggiato alla parete e da un punto di vista prestabilito verrà fatto partire un filo di refe, che permetterà di riportare sul muro il reticolato e di riprodurre l’immagine. Lomazzo afferma che Melzi gli ha riferito di due opere di Leonardo realizzate in modo analogo: il drago in zuffa col leonexix, di cui possiede peraltro il disegno preparatorio, e i cavalli dipinti per Francesco I di Francia, dei quali non fornisce ulteriori informazioni.

Nei trattati secenteschi trova spazio l’esposizione delle “anamorfosi catottriche” – costruite e rettificate per mezzo di specchi piani, cilindrici e conici – e dei fondamenti della “diottrica”, inerenti il taglio di vetri e cristalli che consentono di ottenere figure composte da frammenti singoli di altre immaginixx. Nonostante la codificazione tarda di tali sistemi, non si esclude che Leonardo possa essersene avvalso, considerando che in uno stesso quadroxxi sono presenti simultaneamente più parti anamorfiche, che certamente ammettono il ricorso a prismi, coni o cilindrixxii.

Non resterò di mettere fra questi precetti una nuova invenzione di speculazione, la quale, benché paia piccola e quasi degna di riso, nondimeno è di grande utilità a destare l’ingegno a varie invenzioni”.

(Leonardo da Vinci, Trattato della Pittura, cap.63)

BIBLIOGRAFIA

D. Barbaro, La pratica della perspettiva, Venezia, 1569

G. Barozzi, Le due regole della prospettiva pratica, Roma, F. Zanetti, 1583

G. P. Lomazzo, Trattato dell’Arte della Pittura, Milano, 1584

G. Govi, Leonardo letterato e scienziato. Saggio delle opere di Leonardo da Vinci, Milano, Tito di Giovanni Ricordi – impresse, 1872

F. Bassoli, Leonardo da Vinci e la invenzione delle anamorfosi, Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, vol. 69, 1938

F. Bassoli, Un prospettografo di Leonardo da Vinci, Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, vol. 70, 1939

J.P. Richter, The notebooks of Leonardo da Vinci, Codice Arundel, vol.1, Dover editor, 1970

K. H. Veltman, Perspective, Anamorphosis and Vision, Marburger Jahrbuch, Marburgo, Vol. 21, 1986

D. Topper, On Anamorphosis: Setting Some Things Straight, Leonardo, vol.33, No.2 , The MIT Press, 2000

P. Di Lazzaro-Murra, Immagini anamorfiche. Viaggio interdisciplinare tra arte, storia, geometria e attualità, Milano, ENEA, 2019

NOTE

i Trattato della pittura, cap.7

ii Ci si riferisce, in particolare, al presunto Autoritratto a sanguigna della Biblioteca Reale di Torino, alla Dama con Ermellino del Museo Nazionale di Cracovia e alla Signora di Lombardia del Louvre di Parigi.

iii Nel caso della Dama con Ermellino e della Signora di Lombardia, una corretta rettifica si verifica ad una distanza di circa 3 metri tra quadro e osservatore.

iv Le prime esecuzioni anamorfiche attribuibili a Leonardo sono i disegni di un volto puerile e di un occhio, conservati nel Codex Atlanticus (c.35, v.a.), la paternità dei quali è attestata, fra gli altri, dagli studi di Carlo Pedretti. Sul foglio originale si distingue un fascio di linee tracciate a punta metallica, necessarie per ottenere la deformazione. Per un approfondimento, si veda F. BASSOLI, Leonardo da Vinci e la invenzione delle anamorfosi, Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena vol. 69 (1938), pagg. 61-66

v Trattato della Pittura, cap.45

vi Per un’accurata descrizione del prospettografo, si rimanda a G. GOVI, Leonardo letterato e scienziato. Saggio delle opere di Leonardo da Vinci, Milano, Tito di Giovanni Ricordi – impresse, 1872 e a F. BASSOLI, Un prospettografo di Leonardo da Vinci, Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, v. 70, 1939.

vii Il prospettografo di Dürer è disegnato e descritto in Underweysung der Messung, edito a Norimberga nel 1525.

viii Cfr. Trattato della Pittura, cap.87

ix Trattato della Pittura, capp.431-432

x D. BARBARO, La pratica della perspettiva, Venezia, 1569

xi D. BARBARO, 1569, pp.159-161

xii Trattato della Pittura, cap.63

xiii G. BAROZZI , Le due regole della prospettiva pratica, ed. EGNAZIO DANTI, Roma, F. Zanetti, 1583

xiv Trattato della Pittura, cap.63

xv Cfr. G. BAROZZI , 1583, pp. 61-62 e K. H. VELTMAN, Perspective, Anamorphosis and Vision, Marburger Jahrbuch, Marburgo, Vol. 21, 1986, pp.99-100

xvi J.F. NICERON, La Perspective Curieuse, ou Magie Artificiele des Effets Merveilleux, Paris, Chez Pierre Billaine, 1638

xvii Il ritratto è realizzato su 8 lati di prismi a sezione triangolare isoscele, da posizionare su due regoli dentellati, che visti da specifica angolazione restituiscono l’immagine completa. Ripetuta l’operazione su un altro lato, con un diverso disegno, e utilizzando uno specchio, osservando da un unico punto di vista si ricaverà una doppia figura. Cfr P. DI LAZZARO-MURRA, Immagini anamorfiche. Viaggio interdisciplinare tra arte, storia, geometria e attualità, Milano, ENEA, 2019, p.22

xviii G. P. LOMAZZO, Trattato dell’Arte della Pittura, Milano, 1584

xix Disegno n.435 E, Firenze, Uffizi

xx Si vedano, in particolare, I. L. VAULEZARD, Perspective cylindrique et conique, Parigi, 1630 e J.F. NICERON, La perspective curieuse ou magie artificielle des effets merveilleux de l’optique de la catoptrique et de la dioptrique, Parigi, 1638

xxi Si osservi, nello specifico, La signora di Lombardia

xxii Cfr. Trattato della Pittura, capp.402, 404, 513