La Cappella Sistina: 3 curiosità che in pochi sanno!

Cappella Sistina

Probabilmente nel mondo sono davvero pochissimi coloro che non conoscono la Cappella Sistina, costruita nella città del Vaticano tra il 1475 ed il 1481. In essa si svolgono le elezioni dei papi e molte cerimonie ufficiali, ma è conosciuta soprattutto per i meravigliosi affreschi di Michelangelo, che ricoprono la volta e la parete dietro l’altare. Che l’abbiate visitata o no, oggi vogliamo svelarvi tre curiosità, di cui forse non eravate a conoscenza.

1) Perchè la cappella sistina si chiama così?

La Cappella Sistina è dedicata a Maria Assunta in Cielo, e deve il suo nome a Sisto IV della Rovere. Questo papa, poco dopo la sua elezione nel 1471, iniziò una grande opera di ristrutturazione della città di Roma, culminante nella ricostruzione e decorazione, nel Palazzo Apostolico in Vaticano, della “Cappella Palatina”, costruita nel Medioevo ed ormai fatiscente. Quest’ultima, che verrà poi chiamata in suo onore la “Cappella Sistina”, doveva diventare la sede delle più solenni cerimonie del calendario cattolico, e necessitava quindi di una fastosa cornice, che avrebbe dovuto mostrare al mondo tutto il potere della corte papale.
I lavori iniziarono nel 1477 e finirono nel 1481, e ad affrescare le pareti vennero chiamati alcuni fra i più grandi artisti dell’epoca, fra cui Botticelli, Perugino, Ghirlandaio e Pinturicchio.
Una piccola curiosità: sulla volta era affrescato un vastissimo cielo stellato, e dei famosi affreschi di Michelangelo non vi era ancora nessuna traccia. Il grande artista entrò in scena dopo l’elezione di un altro grande ma irrascibile papa.

Cappella Sistina volta

2) Michelangelo e Giulio II: due gran testardi!

Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV, venne eletto nel 1503, e fu uno dei pontefici più famosi del Rinascimento, universalmente conosciuto come il “papa guerriero” o il “papa terribile”.
Aveva un carattere estremamente difficile e bellicoso e, acciecato dalla sua brama di potere, era pronto a far guerra a chiunque ostacolasse le sue mire espansionistiche, spesso guidando lui stesso gli eserciti.
Non vi sarà difficile credere al fatto che l’incontro con Michelangelo, genio artistico incontrastato, ma anche lui con un carattere non facile, fu molto più che burrascoso.

Giulio II convocò Michelangelo a Roma nel 1505 per fargli realizzare la propria maestosa tomba, che sarebbe poi stata collocata in San Pietro. Il progetto era a dir poco monumentale, di dimensioni mai viste, ed il grande artista corse a Carrara a scegliere i migliori marmi. Tornato a Roma dopo mesi di lavori e ricerche, Michelangelo scoprì che il papa aveva accantonato quel progetto e si stava dedicando a ricostruire la Basilica di San Pietro e ad altri piani guerreschi. L’artista non ci pensò due volte a mandare al diavolo il pontefice e a scappare a Firenze, e solo dopo una lunga schermaglia fatta di minacce del papa e di rifiuti di Michelangelo, i due si riconciliarono.

Nel frattempo la Cappella Sistina aveva riportato dei danni a causa della instabilità del terreno, e presentava numerose grosse crepe, quindi la decorazione della volta andava completamente rifatta. Ovviamente il papa pensò subito a Michelangelo che, come era prevedibile, all’inizio non accettò, rifiutando più di una volta la commissione, sostenendo che lui era uno scultore, e non gli interessava dipingere quello che sembrava il soffitto di una “grossa stalla”. Fortunatamente per la storia dell’umanità, l’artista alla fine accettò e, dal 1508 al 1512, si dedicò in condizioni al limite dell’umano a dipingere, quasi interamente da solo, forse il più grande e meraviglioso ciclo di affreschi della storia. Ma altri problemi purtroppo erano in arrivo.

Cappella Sistina Giudizio

Il Giudizio Universale e le sue “braghe”.

Nel 1523 salì al soglio pontificio Clemente VII che propose a Michelangelo di affrescare la parete di fondo della Cappella, con un immenso “Giudizio Universale”, da sostituire ad un precedente affresco del Perugino.
Stranamente Michelangelo accettò subito, ma poco dopo il papa morì, e non se ne fece più nulla.

Paolo III Farnese confermò l’incarico di Michelangelo, che cercò di rifiutare, perché impegnato a finire la famosa tomba di Giulio II. Alla fine cedette e salì sui ponteggi nel 1536. Come suo solito, si dedicò al suo capolavoro giorno e notte, lavorando praticamente da solo, e ne fece l’opera straordinaria che tutti conosciamo, che venne inugurata il 31 ottobre del 1541, lasciando tutti a bocca aperta.
A bocca aperta in tutti i sensi, perchè moltissime furono le critiche dei moralizzatori, in quanto le centinaia di maestose figure disegnate dal maestro erano completamente nude. Le accuse di eresia e di oscenità fioccarono e anni dopo il Buonarroti rischiò anche di finire davanti al Sant’Uffizio, il terribile tribunale ecclesiastico.
Nel 1563, quando Michelangelo era già morto, la Congregazione del Concilio di Trento ordinò di ricoprire tutte le nudità del Giudizio, ed il compito di disegnare una specie di mutande sugli “ignudi”, venne affidato a Daniele da Volterra, che da quel momento in poi venne soprannominato il “Braghettone”. Questo artista, che tra l’altro era un allievo e ammiratore di Michelangelo, rivestì le nudità con dei panni svolazzanti, fortunatamente con la tecnica della “tempera a secco”, che lasciò intatto l’affresco originale al di sotto. Solo la coppia San Biagio e Santa Caterina furono scalpellati e rifatti, perchè la loro posizione ricordava una copula.
Putroppo anche altri artisti durante i secoli continuarono a coprire le varie nudità delle figure , snaturando completamente quel capolavoro.

Fortunatamente, nel 1994 l’affresco, offuscato da secoli di fumo di candele, venne interamente restaurato, e vennero tolte quasi tutte le braghe, a parte quelle risalenti al 500, come testimonianza della Controriforma.

A questo punto, cosa aspettate a visitare questo capolavoro assoluto, che tra l’altro è a due passi dal nostro ristorante? E se non vi fidate di noi, fidatevi almeno di Goethe che, dopo aver ammirato quest’opera, disse: “Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un’idea apprezzabile di cosa un uomo solo sia in grado di ottenere”.